Definita. Dakota Willink

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Definita - Dakota Willink

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il reso della mia vita, ma non avevo mai avuto modo di farlo. Era deliziosa ed era ancora il mio rimpianto più grande. Eravamo così giovani e il nostro tempo insieme era stato così breve. Era stata una sola estate. Quello era stato tutto il tempo che avevo avuto con lei. Ma era stata l’estate che mi aveva cambiato la vita.

      3

      Cadence

      “Oh, Kallie! Ma guardati!” dissi quasi rimanendo senza parole e scacciando le lacrime che mi stavano riempiendo gli occhi. “Sei così bella!”

      La mia meravigliosa figlia sorrise mentre scendeva le scale della nostra modesta casa in stile Cape Cod. I suoi capelli erano raccolti in uno chignon a conchiglia che lasciava solo poche ciocche dei suoi capelli biondi scendere attorno al suo viso. Il suo trucco, anche se aveva passato un’ora a perfezionarlo, era sottile e accentuava i suoi lineamenti già stupendi.

      Dopo aver sceso l’ultimo gradino, Kallie lentamente roteò su se stessa. La sua gonna azzurra mulinò attorno a lei, rendendola ancora più splendida e brillante per la luce che arrivava dal bovindo del soggiorno. Se avesse avuto le ali, chiunque avrebbe giurato che fosse un angelo venuto dal cielo.

      “Non muoverti,” dissi e mi mossi velocemente verso la fine del tavolo. Volevo catturarla proprio così come era, avendo il bisogno di fermare in tempo quest’attimo. Aprii il cassetto e cercai all’interno. Telecomandi, vecchie batterie, cavi di corrente—nulla di quello che stavo cercando. “Maledizione. Avrei giurato che fosse qui.”

      “Cosa stai cercando?” chiese Kallie.

      “La mia macchina fotografica bella. Credo che potrebbe essere di sopra nel mio comodino.”

      “Mamma,” si lamentò Kallie. “Hai già scattato un centinaio di foto con il tuo telefono. I miei amici saranno qui a minuti.”

      “Sì, ma la qualità del telefono non è così buona. Lascia solo che vada di sopra a prendere la mia macchina. Abbiamo tempo. La limousine non arriverà qui per altri dieci minuti.”

      “Uff,” brontolò.

      “Oh, smettila. Mi ci vorrà solo un secondo per prenderla,” le dissi e corsi su per le scale verso la mia camera da letto.

      Come previsto, non appena aprii il cassetto trovai la mia costosa Nikon in cima a un mucchio di altre attrezzature. Era stata una delle mie rare follie, un acquisto d’impulso che avevo fatto quando Kallie aveva iniziato la scuola superiore. Mi ero improvvisamente resa conto che stavo esaurendo il mio tempo. Era strano. Quando era piccola, speravo sempre che crescesse. Volevo che parlasse, camminasse, si nutrisse da sola. Le giornate sembravano sempre così lunghe e poi la sua giovinezza era passata in modo incredibilmente rapido. Ora avrei dato qualsiasi cosa per avere indietro quel tempo. Presto sarebbe diventata maggiorenne, pronta per iniziare la fase successiva della sua vita. Le fotografie non avrebbero mai rimpiazzato i ricordi che condividevamo, ma almeno avrei avuto le foto da guardare.

      Presi la macchina fotografica e stavo per chiudere il cassetto ma quello che c’era sotto la macchina fotografica attirò la mia attenzione. Mi fermai un attimo e allungai il braccio per prenderlo. Era un biglietto per la Festa della Mamma che Kallie aveva fatto per me quando era alle elementari. Se la memoria non mi ingannava doveva avere otto anni quando lo aveva fatto.

      Piegandomi lentamente per sedermi sul bordo del letto fissai la costruzione di carta rosa ormai sbiadita. Improvvisamente mi sentii molto vecchia anche se avevo appena trentacinque anni. Sembrava solo ieri quando era tornata da scuola con quel cartoncino. Era così eccitata. Era un venerdì ma non era riuscita a resistere fino alla domenica per darmelo. Tuttavia, era rimasta molto delusa il giorno della Festa della Mamma quando si era resa conto che non aveva una sorpresa da darmi. Determinata a farmela comunque era quasi riuscita a far scoppiare un incendio cercando di farmi la colazione a letto con il tostapane.

      Sorrisi al ricordo. Era così tipico di Kallie. Anche da bambina aveva sempre messo gli altri per primi e io ero orgogliosa di poterla chiamare mia figlia. Era difficile da credere che fosse diretta al suo primo ballo di fine anno. Anche se mi aveva assicurato che il suo accompagnatore era solo un amico, ero comunque preoccupata. Stava crescendo troppo in fretta.

      “Mamma! La limousine ha appena parcheggiato!” urlò Kallie, distogliendomi dai miei pensieri.

      “Sto arrivando, sto arrivando,” risposi e mi alzai per scendere lungo le scale. “Aspetta. Non uscire di corsa dalla porta. Il tuo accompagnatore dovrebbe entrare e presentarsi.”

      Quando raggiunsi il fondo delle scale, colsi Kallie che alzava gli occhi al cielo.

      “Sai che ti voglio bene, mamma, ma accidenti. Ti consideri una femminista, ma qualche volta hai delle idee proprio all’antica.”

      “Non c’è nulla di sbagliato nell’essere corteggiata nel modo giusto. È un segno di rispetto,” ribattei.

      “Non hai appena detto ‘corteggiata,’ vero?” I suoi occhi si spalancarono per l’incredulità.

      “Okay, okay! Hai ragione,” dissi ridendo. “Forse qualche volta sono un po’all’antica. Che posso dire? Sono tua mamma e tu stai per andare al ballo. È il mio lavoro preoccuparmi che un ragazzo ti tratti con rispetto.”

      “Te l’ho detto migliaia di volte. È solo un amico della classe di francese. Mi sta facendo un favore perché non avevo nessuno con cui uscire. Inoltre, è un anno più giovane di me. Non posso uscire con uno del secondo anno! Sarebbe come rompere delle regole. Si presume che le ragazze non escano con i ragazzi più giovani!”

      Feci un sorrisetto ironico.

      “É proprio così?”

      “Sì, lo ha detto la mia amica Gabby—”

      Il campanello suonò, interrompendo quello che stava per dire. Ebbi a malapena il tempo di reagire. Kallie fu alla porta in un attimo.

      “Ciao,” la sentii dire dopo che l’ebbe aperta.

      “Ehi, Kallie. Wow, stai benissimo!” disse una voce maschile. Non ero in grado di vedere il suo volto perché Kallie lo stava coprendo. Mi mossi verso la porta, avendo il bisogno di valutare il ragazzo che era lì per portar fuori la mia bambina. Quando Kallie mi sentì arrivare al suo fianco, fece le presentazioni.

      “Mamma, lui è Austin. Austin, mia mamma.”

      “É un piacere conoscerla, ah…signora Riley,” disse con un timido sorriso.

      Cominciai a restituirgli il sorriso ma mi bloccai. C’era qualcosa di familiare in lui. Era strano. Mi ricordava…

      Battei due volte le palpebre, cercando di scacciare un preoccupante senso di dejà vu. Allungai lentamente la mano per stringergliela.

      “Austin, è un piacere anche per me conoscerti.”

      Le mie parole furono esitanti, caute. Conoscevo il suo volto. Quegli occhi. Grigi penetranti con macchioline scure. Quel sorriso sghembo. I capelli erano un po’ più chiari, ma…

       No. Non può essere. Mi sto solo sentendo nostalgica per aver trovato quel cartoncino per la Festa della Mamma.

      “Mia mamma voleva fare altre foto,” gli disse Kallie. “Chiediamo a

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