Definita. Dakota Willink

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Definita - Dakota Willink

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di nuovo le palpebre.

       Sì, foto. Devo fare delle foto.

      Scossi la testa per schiarirmi le idee e seguii Kallie e Austin all’esterno. Dopo che il gruppo di dodici adolescenti della St. Aloysius Prep si mise in fila, scattai alcune foto di tutti loro vestiti eleganti nei loro smoking e nei loro abiti da sera. Alcuni restarono in attesa mentre gli altri si mettevano in posa e così riuscii a scattare qualche sciocca foto di loro che saltavano e si facevano le boccacce. A ogni foto, cercai con discrezione di guardare meglio Austin attraverso il visore. Era tutto così strano. Mi sentii come se fossi stata catapultata in qualche tipo di contorta curvatura spazio temporale. Una sensazione di timore cominciò a impadronirsi di me.

      Kallie e i suoi amici cominciarono ad agitarsi, ansiosi di cominciare la loro grande notte. Li avevo bloccati anche troppo a lungo. Abbassai la macchina fotografica e indicai loro di andare verso la limousine.

      “Divertitevi!” dissi al gruppo mentre cominciavano a salire nell’auto in attesa. Kallie mi lanciò un sorriso raggiante che intensificò il nodo che mi si era formato nello stomaco. D’impulso le feci cenno di venire verso di me.

      “Che succede?” mi chiese frettolosamente.

      “Divertiti. Non bere. Comportati in modo prudente.” Le diedi un leggero bacio sulla guancia.

      “Andiamo, mamma. Mi conosci. Mi comporto sempre bene.”

      “Non è di te che sono preoccupata,” dissi, lanciando un’occhiata verso Austin. Kallie vide la direzione del mio sguardo e alzò gli occhi al cielo.

      “Rilassati. Non devi preoccuparti di Austin,” cercò di rassicurarmi.

      “Sarai a casa alle undici?”

      “In punto!”

      Mi diedi un breve abbraccio prima di girarsi e unirsi ai suoi amici, ma io la presi per un braccio. Dovevo sapere se mi stessi solo immaginando le cose.

      “Kallie, come si chiama di cognome Austin?”

      Lei alzò le sopracciglia, confusa per la mia domanda.

      “Quinn. Perché?”

      Lo stomaco precipitò verso i miei piedi e il cuore cominciò a battermi all’impazzata.

       No. No, no, no!

      Le probabilità dovevano essere una su un milione.

      Era inconcepibile.

      Le possibilità erano così basse.

      Una immagine di un ritaglio di un giornale che avevo conservato anni prima mi tornò in mente. Sapevo che Fitz si era trasferito da qualche parte vicino a Washington, ma avevo smesso di seguire i suoi spostamenti dopo la nascita di Kallie. Dovevo farlo. Era l’unico modo per riuscire a sopravvivere emotivamente.

      Ma ora questo.

      Poteva essere solo una coincidenza, ma nel profondo sapevo che non lo era. Era possibile—anche probabile. Le somiglianze nell’aspetto fisico tra Austin e Fitz erano troppe per considerarle una coincidenza. E condividevano lo stesso cognome.

       Non può accadermi veramente. Non ora. Non dopo tutto questo tempo.

      Per quanto ne sapeva Kallie, io non sapevo chi fosse suo padre. Avevo mentito per proteggerla, e non sapevo come dirle la verità in quel momento. Eravamo unite ma poteva non perdonarmelo. Era la sera del suo ballo e quel segreto vecchio di diciassette anni stava per rovinare tutto e distruggere ogni cosa che considerava cara.

      “Mamma, stai bene?” chiese Kallie, con preoccupazione evidente.

      Guardai mia figlia. Così giovane e innocente. Proprio come lo ero io una volta.

       Dio aiutami. Cosa faccio?

      Le strinsi con forza gli avambracci, lottando contro il soverchiante impulso di vomitare.

      “Kallie, promettimi che Austin è solo un amico.”

      Lei spalancò gli occhi come se mi fossero improvvisamente cresciute le corna.

      “Sì! Rilassati mamma. Sei troppo presa da tutto questo. È solo un ballo. Cosa farai fra un paio di settimane quando andrò a Montreal per la gita con la classe di francese? Stasera andrà tutto bene e sarò a casa ancora prima che tu te ne accorga.”

      Un lampo di quello che mi aveva detto prima su Austin mi tornò in mente. In meno di un secondo i miei nervi già a pezzi sembrarono crollare definitivamente.

      “Kallie, hai detto che Austin era nella tua classe di francese. Ci sarà anche lui in gita?”

      “Mamma, smettila. Forse quando torno a casa stasera, potremmo tare in piedi fino a tardi e guardare un vecchio musical. Magari con i popcorn? Proprio come facevamo quando ero piccola? Dopo tutto ho sedici anni e vado per i diciassette…” iniziò a canticchiare ripetendo il testo di una canzone da Tutti insieme appassionatamente. Si avvicinò per abbracciarmi ancora una volta ma né le sue parole né il suo abbraccio mi fecero sentire meglio.

      Guardai la limousine. Tutti i suoi amici erano già stipati dentro, in attesa solo di Kallie.

      “Certo, tesoro. Sembra una bella idea,” risposi distrattamente sentendomi come in una puntata di Ai confini della realtà.

      Non la fermai quando alla fine se ne andò. Forse avrei dovuto, ma non sapevo come spiegarglielo. Non c’era un modo facile per dire a mia figlia che, fra tutte le persone dell’intero mondo, stava per andare al ballo con il suo fratellastro.

      4

      Cadence

      Una volta che la limousine se ne fu andata, tornai in casa. Sentendomi come se fossi in trance riuscii in qualche modo a mettere un piede davanti all’altro e arrivai faticosamente in cucina. Pensai di chiamare Joy visto che sapeva la verità su tutto, ma non volevo addossarle questo peso mentre stava celebrando il suo anniversario. Andai, invece, verso il frigorifero alla ricerca di un drink—preferibilmente forte.

      Sfortunatamente tutto quello che trovai fu una bottiglia mezza vuota di champagne rimasta dal Capodanno di quasi sei mesi prima e poche bottiglie di birra di solito riservate agli ospiti. Sospirai e mi annotai mentalmente di cominciare a fare maggiori scorte di alcool in casa. Decidendo che una birra sarebbe stata meglio di uno champagne sgasato, stappai la bottiglia e mi diressi di sopra in camera mia.

      Lungo la strada, mi fermai nella camera di Kallie per spegnere la luce che aveva lasciato accesa. Come al solito sembrava che fosse passato un uragano e avesse lasciato vestiti ovunque al suo passaggio. Passai attraverso il labirinto fino a raggiungere la lampada. Quando andai a spegnerla vidi il vecchio e consunto orsacchiotto seduto ai piedi del suo letto. Lo aveva avuto lì sin da bambina e non aveva mai provato alcun imbarazzo adolescenziale nel tenere a letto il suo compagno d’infanzia. L’amore e la venerazione per mia figlia mi percorse tutto il corpo. Era così forte, mai desiderosa di scendere a compromessi per compiacere gli altri e questo mi rendeva così orgogliosa. Quell’orgoglio portò un sorriso sul mio volto quando allungai il braccio per spegnere la lampada prima di dirigermi verso la mia camera.

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