La Cattura. Sandra Carmel

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La Cattura - Sandra Carmel

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mi piacerebbe che mi accompagnassi a casa.

      Grazie”.

      Lei inghiottì nervosamente.

      “Aspetta qui,

      vado a dirlo a Greer”.

      Richard rimase a lato della pista gustandosi il dondolare dei fianchi di lei che correva ad avvertire la sua amica.

      Eva richiamò la sua attenzione battendole sulla spalla, scambiarono qualche parola e infine lo guardò.

      Greer strillò, sussurrò qualcosa nell’orecchio di Eva - molto probabilmente la stava mettendo in guardia contro i pericoli dello sbaciucchiarsi e accarezzarsi nell’abitacolo di un’automobile - facendola arrossire e, qualche attimo dopo, Eva era tornata al suo fianco.

      I suoi ormoni continuavano a creare scompiglio nel suo solitamente razonale cervello, ma doveva mostrare almeno un po’ di controllo. A ogni costo.

      Doveva mostrarle la sua natura rispettosa, che incarnava il genere d’uomo con cui lei avrebbe desiderato stare, il tipo d’uomo che di solito lui effettivamente era, l’uomo che era orgoglioso di essere.

      Persino le sue ex ragazze sarebbero state d’accordo.

      “Pronta ad andare?”

      “Sì”.

      La voce di lei risuonava di nervosismo.

      Esattamente la stessa sensazione che provava lui.

      Avvicinò le dita alle sue, facendole intendere che desiderava prenderla per mano, silenziosamente chiedendo il suo permesso.

      E lei silenziosamente glielo diede, aprendo la mano e avvicinandolo al suo nella maniera più delicata e allo stesso tempo erotica che lui avesse mai sperimentato.

      Eva non aveva alcuna idea del suo potere di seduzione.

      Richard intrecciò le dita con quelle di lei, godendosi il rinnovato contatto con la sua pelle, e la condusse verso la strada trafficata.

      Il marciapiede era affollato di gente - sobri, ubriachi, civettuoli, timidi, imbranati, tipi tosti - che fumava e limonava.

      La nebbia si raccoglieva attorno agli antichi lampioni di ferro, diffondendo un’aura di luce dorata abbagliante.

      Camminarono accanto ai piccoli assembramenti di partecipanti al ballo e girarono l’angolo verso i motori ruggenti.

      Una gang di rockabilly appoggiati alle loro motociclette, beveva, fumava con sguardo malizioso.

      Richard fece scivolare il braccio attorno alla vita di Eva, attirandola a sé come un fidanzato protettivo.

      Non solo lei lo lasciò fare, ma si strinse ancora più vicina a lui,

      facendogli trattenere un sospiro.

      Il profumo di spezie esotiche che emanavano i suoi capelli stimolava il suo appetito per un banchetto non composto da cibo.

      Mmm...

      Trattenersi si preannunciava difficile, più difficile di quanto non fosse mai stato.

      Chissà se la vicinanza scatenava lo stesso desiderio in lei, o se voleva semplicemente sentirsi sicura...

      No, non era solo per sentirsi sicura.

      Nulla del tocco di lei trasmetteva sicurezza.

      Richard si fermò accanto alla sua MG rossa dal lato del passeggero, restio a lasciarla andare.

      Esitò un attimo, quindi estrasse la chiave dalla tasca e aprì lo sportello.

      Lei si sedette e passò una mano sul cruscotto.

      “Bella macchina”.

      Se solo avesse potuto prendere il posto di quel cruscotto...

      Datti una calmata.

      Ma il suo corpo, ormai distante da quello di lei, si raffreddò, ma pulsava ancora di eccitazione al pensiero che si sarebbero toccati ancora.

      “Grazie”.

      Si sedette al posto del guidatore e avviò il motore.

      “Dove devo dirigermi?”

      “Seven Swan Street, Sandy Bay.

      Ti indicherò io la strada”.

      “Non ce n’è bisogno,

      so esattamente dove si trova.

      Non è lontano dal lavoro,

      una bella zona”.

      In cinque minuti, aveva parcheggiato di fronte alla casa bianca a un solo piano, con prato verde, steccato e tutto il resto.

      L’accompagnò fino all’imponente porta di legno bianco e si fermarono nell’ombra, illuminati appena dal fioco bagliore di un lampione sulla strada.

      “Mi chiedevo... Vuoi darmi il tuo numero?

      Ti chiamerò domani”.

      Lei spostò il peso da uno dei suoi piedi delicati all’altro.

      “Oh, ehm... Sì, è...”

      “Aspetta”.

      Tirò fuori un sottobicchiere pulito e una penna dalla tasca interna della giacca, quindi utilizzando la sua coscia come supporto disse:

      “Ok, dimmi”.

      “Due due tre, diciannove quarantaquattro”.

      Richard lo appuntò e ripose il prezioso pezzo di carta nuovamente nella tasca.

      “Grazie”.

      Poi su un altro sottobicchiere pulito scrisse, Eva sei inebriante, e sotto scarabocchiò, Richard Hall, 223, 1939.

      “E questo è il mio numero”, disse porgendole il foglietto.

      Eva lesse il messaggio e sorrise a testa bassa, la sua mano tremava mentre riponeva il biglietto nella borsa.

      La timidezza che mostrava nei suoi confronti era la cosa più dolce del mondo.

      In combinazione con l’impetuosa tensione sessuale che c’era fra loro stava portando Richard verso la combustione.

      Non aveva mai desiderato così tanto baciare una donna nella sua vita.

      Lo avrebbe considerato troppo sfrontato?

      Non si trattava neanche del loro primo appuntamento.

      Avevano trascorso a malapena un paio d’ore insieme.

      “Uhm, suppongo che dobbiamo dirci buonanotte”.

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