La Cattura. Sandra Carmel
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Salvator smise di tamponare i pantaloni dando a Richard tutta la sua attenzione. “Certamente. Come posso aiutarti?”
I chiari occhi di giada di Richard sembravano penetrare nella sua anima. “Sto cercando una bellissima donna...”
Salvator sorrise. “Come tutti”. Non poteva lamentarsi, non sul serio perlomeno. Era fidanzato con una donna meravigliosa, o almeno questo era ciò che continuava a dire a se stesso. Se tutto fosse andato secondo i piani, lo avrebbe scoperto presto.
Richard rise e lasciò cadere la palla che rotolò fino al suo piede e lo costrinse a chinarsi per raccoglierla. “Lavora alla Sub Rosa, ma non ho la più pallida idea del dove”.
“Sfortunatamente non la troverai qui. Non ci sono impiegate donna su questo piano. Proverei a uno dei piani amministrativi”.
“Lo sospettavo, ma volevo un’altra opinione, assicurarmi che non mi fosse sfuggito qualcosa”.
Salvator raccolse i tovaglioli di carta inzuppati e li gettò nel cestino sotto il lavello della cucina. “Buona fortuna con la tua ricerca”. Si voltò verso Richard, mentre l’aria gelava le sue parti basse. “Quando la trovi, e vale per qualsiasi donna ti piaccia, se vuoi sapere se si tratta della tua anima gemella fammelo sapere”.
Salvator si guardò intorno, si sporse e sussurrò: “Sto cercando dei volontari per testare un siero che ho sviluppato che dovrebbe fornire una risposta certa”.
“Impressionante. Lo terrò a mente”. Sembrava che Richard lo intendesse sul serio. Sembrava un tipo aperto, disposto a correre rischi se si trattava della ricerca. L’eccitazione per quella nuova possibilità rimpiazzò il bruciore residuo sulla pelle di Salvator.
“Oh, e se hai bisogno del punto di vista genetico per uno qualsiasi dei tuoi progetti, sarò felice di assisterti”. Richard guardò il suo orologio skeleton, le lancette dorate risplendevano sotto le luci al neon. “Farò meglio a tornare indietro”.
Non solo Richard era un campione di maschio superbo, ma era anche gentile e coscienzioso, e ovviamente intelligente. Del resto la Sub Rosa era rinomata per assumere solo i migliori. Ma doveva per forza esserci qualcosa che non andava in lui, nessuno poteva essere tanto perfetto. O sì?
Salvator tornò al laboratorio, lesse il resto del lunghissimo documento e portò avanti un altro po’ di lavoro in modo da arrivare alle sei del pomeriggio. Sentiva un leggero pizzicore lì in basso, probabilmente era riuscito a evitare il disastro.
Si alzò dalla scrivania e si intrufolò in ciascun ufficio, laboratorio e bagno su quel piano. Deserto. Era arrivato il momento. L’energia che lo pervadeva gli rivoluzionava lo stomaco. Era finalmente arrivato il momento di testare il Siero anima gemella.
Nel laboratorio, Salvator approntò quattro gabbie ciascuna con una coppia di ratti in calore, un maschio e una femmina. Correvano, si arrampicavano, giocavano e si annusavano l’un l’altra la parte posteriore, aumentando le aspettative e l’emozione di Salvator.
Contagocce alla mano, somministrò tre gocce del siero rosso a ciascun ratto. Trascorsi alcuni secondi dal loro rientro nelle gabbie, tre coppie su quattro si mantenevano distanti, agli estremi della loro prigione, con le pellicce bianche che spingevano sulle sbarre come se al centro vi fosse una spessa barriera invisibile, come se non potessero più sopportare di stare vicini, figuriamoci toccarsi.
Al contrario, la coppia numero quattro ci stava dando dentro, un vero e proprio porno per ratti. Salvator osservava, il suo sguardo era incollato a loro, osservava ogni mossa. Fortunatamente una delle quattro coppie di ratto campione era risultata essere formata da anime gemelle, altrimenti si sarebbe potuto pensare che il siero servisse in realtà ad ottenere il risultato opposto a quello sperato: spegnere l’attrazione l’uno per l’altra.
Il rapporto uno a quattro si sarebbe ripetuto anche negli esseri umani? Il rumore dell’aspirapolvere che si sentì all’improvviso lì vicino lo riportò sulla terra. L’impresa di pulizie era arrivata, la mezzanotte doveva essere già passata.
Riportò i topi indietro, uno alla volta, lasciando la coppia di innamorati per ultima. Dall’espressione ipnotica nei loro occhietti rosa intuiva che non gli avrebbero permesso di separarli, non senza morderlo almeno. Avrebbe fatto meglio a salvare la sua mano curiosa lasciandoli insieme per la notte.
La curiosità gli divorava la mente, le domande senza risposta erano ancora troppe. Per quanto a lungo avrebbe funzionato il siero? Il corpo era in grado di scomporlo? Gli effetti sarebbero svaniti o avrebbero modificato permanentemente il DNA del soggetto come un tatuaggio? Erano tutte cose che avrebbe dovuto testare prima di tuffarsi in una piscina potenzialmente piena di rimpianti.
O in realtà lo aveva già fatto?
Raggiunse il fondo della cella frigorifera e afferrò la scatolina bianca, selezionò una provetta fresca di siero color rosso sangue e la strinse nella mano sudata. La sua fidanzata poteva essere la sua anima gemella oppure no. E c’era solo un modo per scoprirlo.
Capitolo Tre
Danzare con il destino
Sembrava che l’universo avesse delle richieste da esaudire.
Appena pochi giorni dopo il fortuito incontro di Richard con la pantera dagli occhi blu-viola, eccola lì, sull’affollata pista da ballo della fighissima serata del venerdì all’Hobart.
Stava ballando un valzer con un partner che le pestava i piedi, mentre i suoi capelli sbatacchiavano sul vestito scampanato viola.
Un sorriso educato era fisso sulle sue labbra rosa e carnose, senza dare a vedere la sofferenza.
Così dolce.
Gli piaceva ancora di più.
Finì il ballo, scambiò qualche parola sempre trasudando gentilezza e tornò dalla sua amica pettoruta, che stava flirtando con alcuni dandy con vestiti costosi in stile Beatles.
Con un ampio sorriso, la sua amica fece le presentazioni, ma dopo qualche breve chiacchiera la bellissima dagli occhi blu-viola fece un passo indietro tornando nell’ombra. Una meravigliosa e ammaliante tappezzeria.
Non riusciva a distogliere lo sguardo da lei, desiderando ardentemente che finisse per ricambiarlo.
E dopo qualche secondo lo fece.
Tentò di mantenere il contatto visivo, ma lei distolse lo sguardo spostandolo nervosamente sui suoi piedi.
Richard doveva assolutamente cogliere quell’occasione o avrebbe rischiato di perderla un’altra volta.
Fece qualche respiro profondo, scosse le sue dritte spalle d’acciaio e si avvicinò a lei.
Il suo cuore batteva così forte che temeva che la cassa toracica gli sarebbe esplosa nel petto.
Lei stava ancora fissando le sue scarpe, il respiro che sembrava allineato a quello di lui, come se sapesse che stava arrivando.
La sottile cintura nera avvolgeva la sua vita sottile, accentuando la sua forma a clessidra.
Il pisello di lui si mosse con apprezzamento.
Richard si allentò la cravatta.