La Cattura. Sandra Carmel

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La Cattura - Sandra Carmel

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che sono una di quelle.

      Ma era troppo tardi per rimangiarsi le parole ormai.

      E le sue azioni?

      La sua risposta a lui nell’auto era stata il compendio della cattiva ragazza.

      Lo sguardo di lui, chiaramente in conflitto, incontrò finalmente il suo.

      “Mi piacerebbe, ma non credo sia una buona idea”.

      Le prese il viso fra le mani.

      “Se ti portassi a pranzo fuori lunedì?”

      Eva espirò, lasciando andare l’aria che stava trattenendo da un po’.

      Voleva vederla ancora.

      Ottimo segno.

      La sua sfrontatezza evidentemente non lo aveva scoraggiato.

      “Mi sembra un’idea carina”.

      Quindi si avvicinò e baciò la sua bocca deliziosa.

      * * * *

      Il lunedì mattina, Eva trovò un foglio nel suo armadietto.

      Lo aprì ammirando l’elegante grafia inclinata all’indietro.

      “Ciao Eva,

      sfortunatamente sono costretto ad annullare il nostro pranzo di oggi.

      Scusa per il poco preavviso.

      Mi farò sentire presto,

      Richard

      Il cuore di lei si sgonfiò come un soufflé rovinato.

      Annullato?

      Con la testa bassa, tornò alla scrivania, col peso del suo rifiuto come piombo fra le sue mani.

      Avrebbe sicuramente fatto la pausa pranzo.

      Quella buffonata era la classica frase di addio, detta su carta anziché di persona.

      Evidentemente sabato sera aveva lasciato che le cose andassero troppo avanti.

      Forse l’aveva etichettata come un tipo da amore libero e questo lo aveva allontanato.

      Chiuse gli occhi, cercando di reprimere l’ondata di preoccupazione che stava montando in lei.

      Forse era solo sommerso di lavoro.

      Eva si gettò sulla poltroncina e prese a giocherellare col blocco per le lettere sulla sua scrivania.

      Doveva assolutamente dargli il beneficio del dubbio e non saltare a facili conclusioni.

      Greer roterellò accanto a lei.

      “Ehi, cos’è quella faccia triste?”

      “Richard ha dovuto annullare il pranzo”.

      Greer afferrò il suo braccio forzandola ad alzare lo sguardo.

      “Peggio per lui.

      Pensa al lato positivo, ossia che pranzerai con me”.

      Il tentativo della sua amica di tirarla su aveva quasi funzionato.

      “Sì...”

      “Non preoccuparti,

      sembrava che tutto fosse andato bene sabato sera”.

      “Così pensavo”.

      Eva scansò il blocco degli appunti.

      Gli occhi di Greer assunsero il suo tipico sguardo ‘non dire sciocchezze’.

      “È andato tutto bene”.

      Eva scrollò le spalle non del tutto convinta.

      “Ma dai,

      sorridi.

      Non ti farà male”.

      Gli angoli della bocca di Eva si sollevarono in un sorriso rassegnato.

      Quando Greer si metteva in testa di tirare su qualcuno, non si fermava finché non otteneva un qualche risultato.

      E con Eva ci riusciva sempre.

      Prima o poi.

      Il resto del lunedì e il martedì trascorsero senza che vi fossero notizie da Richard.

      Il mercoledì sera, Eva smise di sperare che si sarebbe rifatto vivo.

      Eva stava cucinando quando il telefono squillò.

      La speranza riemerse nel suo cuore che batteva a mille.

      Richard?

      Pensieri razionali invasero il suo cervello scacciando la gioia.

      Dubitava che fosse lui, dato che l’aveva evitata fin dal loro appuntamento.

      L’insicurezza l’affliggeva, punzecchiando la ferita emotiva che pensava fosse già guarita.

      Prima l’aveva abbandonata suo padre, poi Richard.

      Tolse la padella dal fuoco e andò nel corridoio per fermare lo squillo incessante.

      “Pronto?”.

      “Eva, ti senti bene?

      La tua voce sembra un po’ giù”.

      Richard.

      La gioia le dava le classiche farfalle nello stomaco.

      La sua voce profonda e sensuale le riportava alla mente la sua canzone preferita, innescando ricordi nostalgici.

      Aspetta.

      Può stravolgere il mio umore solo con una parola?

      “Sto bene, grazie”.

      Una specie.

      “Come stai tu?

      Che hai fatto di bello?”

      “Lavoro, lavoro e ancora lavoro, sfortunatamente”.

      “Capisco”.

      Ora arriva il discorso ‘mi dispiace ma non credo che la nostra relazione potrebbe funzionare’, oppure la classica stronzata ‘non sei tu, sono io’.

      “Mi dispiace veramente di aver annullato lunedì.

      Cosa fai sabato sera?”

      “Niente, perché?”

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