La Cattura. Sandra Carmel
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Rise. "E unico. Aspetta di vedere cosa c'è sul menu".
Carne, carne e ancora carne. Aveva sentito parlare di sontuosi menu degustazione dei ristoranti francesi di lusso, ma mai di qualcosa a tema carne cruda e rara. La selezione era un vero paradiso per i feticisti della carne. E a giudicare dalla cinquantina di commensali presenti, c'erano molte più persone con quel tipo di gusti di quanto avesse pensato. Una percentuale di questi si trovava sicuramente lì solo per la novità, ma non le importava. Era semplicemente bello sapere che esistevano eventi come questo.
Gli antipasti consistevano in una serie di tartine colorate di carne cruda, seguite da un carpaccio di bistecca, da una tartare di bistecca come primo piatto, un filetto al sangue con verdure arrostite come piatto principale e tortini di frutta fatte alla vecchia maniera, ossia con carne vera, come dessert.
Richard non avrebbe potuto fare una scelta migliore. Tutto era perfetto, nella quantità giusta e delizioso. Si dice che la strada per il cuore di un uomo passi per il suo stomaco, beh, questo pasto aveva il sapore della seduzione pura. Se Richard avesse voluto baciarla a tavola in quel momento come digestivo post-pasto, lei non sarebbe riuscita a fermarlo.
Ma no. Lui mantenne il suo proposito di non toccarla se non per qualche breve istante, pagò il conto e si diressero verso il teatro. Avrebbe dovuto cercare di farsi baciare sulle labbra più tardi. A giudicare dal suo comportamento durante la cena, un bacio sarebbe stata la cosa più vicina a finire la serata con un botto.
L'aria frizzante da lenzuola di caldo cotone invernale peggiorò fino a diventare gelida. Soprattutto senza il calore del corpo di Richard a riscaldarla. Eva rabbrividì, concentrandosi sulla piazza illuminata e sull'edificio color crema con finiture verde bosco a pochi passi di distanza. Delle colonne ornavano l'arco che conduceva all'affollato foyer anteriore, dove gli uscieri, su un paio di piattaforme rialzate, vendevano i programmi dell'opera, La Sonnambula di Bellini.
"I nostri posti sono al piano di sopra", disse Richard, afferrando la sua mano e facendosi strada attraverso la folla.
La pelle di lui sulla sua, la elettrizzava e allo stesso tempo calmava le sue terminazioni nervose. "Hai già visto quest’opera?"
"No, e tu?" Raggiunsero la cima delle scale, lui le lasciò la mano e tirò fuori i biglietti dalla tasca interna della giacca.
"No. Ma adoro il Bel Canto, e Bellini era un vero maestro", disse.
"Sono d'accordo".
Dai loro posti in prima fila, lei osservò l'ambiente circostante. L'arredamento a tema oro-crema, rosso e verde proseguiva all'interno del teatro, con un grande sipario di velluto rosso che nascondeva il palco. Erano nella posizione perfetta per guardare l'azione in scena senza che le teste degli spettatori interferissero con la loro vista.
Durante il primo atto, Eva fu assorbita dalle elaborate scenografie, dal canto e dalla trama, ma non così tanto da non notare i frequenti sguardi di Richard verso di lei, seppure continuasse a evitare il contatto fisico.
Lui si appoggiò al bracciolo in mezzo a loro sfiorando il suo braccio, ma subito lo ritrasse, dandole non più di un istante di piacere. Forse avrebbe dovuto prendere la sua mano e vedere cosa sarebbe successo. No, non ancora. Poteva pazientare ancora. Avrebbe conservato la sua piccola strategia per il secondo atto, quello culminante.
Fecero una pausa per bere qualcosa e andare in bagno durante l'intervallo e passarono il resto del tempo a parlare dell'imponenza della produzione. Poi suonò la campanella che avvisava gli spettatori che era il momento di tornare ai loro posti, e così cominciò il secondo round della campagna pro-contatto fisico di Eva. La folla che si agitava aveva i suoi vantaggi. Eva contò che ben cinque volte il corpo di Richard finì premuto contro il suo, facendo schizzare la sua eccitazione alle stelle.
Prendergli la mano era il primo passo del suo piano di seduzione. Lei lo guardò di sottecchi, cercando un'occasione per fare la sua mossa. Tuttavia, lui si sedette dritto con le mani in grembo, lo sguardo fisso sullo spettacolo, e rimase in quella posizione per tutto il secondo tempo. Alla faccia del momento culminante. Sembrava aver anticipato le sue intenzione assicurandosi che lei non avesse alcuna opportunità.
Il piano A poteva non aver funzionato, ma c’erano ancora i piani B e C. Proporre un caffè post-spettacolo in un piccolo chiosco dove poteva scivolare accanto a lui, oppure irrompere nel suo spazio personale quando lui l'avrebbe accompagnata a casa.
Con il suggerimento per il caffè andato a vuoto, si preparò a mettere in atto il piano C. Si fermarono davanti a casa sua e lei fece un respiro lungo e profondo. Ecco... "Vuoi entrare per un caffè?".
Il tentativo di sorriso le si congelò sulle labbra, con l'agitazione che imperversava nei suoi occhi. "Mi piacerebbe, ma non posso".
Lei si avvicinò, deglutì, e gli mise una mano sul ginocchio. "Sì che puoi. È ancora presto".
Lo sguardo di Richard si posò sul suo ginocchio e poi di nuovo sugli occhi di lei; fece per parlare ma si bloccò, come se il suo cuore e la sua testa fossero in guerra tra loro e lui non riuscisse a decidere da che parte stare. "Eva, grazie, ma non posso".
Rughe di disapprovazione le attraversarono la fronte come crepe in un muro, mentre afferrava la mano fredda di lui. "Per favore."
Lui fece scivolare la mano da sotto la sua, si chinò e le diede un rapido bacio sulle labbra. "Ti chiamo domani".
Solo che non lo fece. Delusa e confusa, Eva si tirò il piumone sulla testa e si rannicchiò in una palla informe come per proteggersi dal mondo esterno. Richard sta solo giocando con me? Lui non sembrava il tipo, ma lei aveva poca esperienza con gli uomini. Doveva parlarne con lui al loro prossimo appuntamento, in modo da sapere a che punto erano una volta per tutte.
* * * *
Dovevano vedersi il venerdì sera. Stasera. Quando Eva arrivò in ufficio, trovò un biglietto ripiegato nella sua buchetta della posta. Da Richard. Annulla l’appuntamento. Di nuovo. Chiamò il suo numero al lavoro, ma lui non rispose. Molti altri tentativi infruttuosi dopo, il mal di testa da tensione che l’attanagliava si trasformò in un'emicrania vera e propria e il suo capo la mandò a casa.
Eva andò subito a letto e si svegliò nel buio. Cercò a tentoni l’abatjour e l'accese, un frammento di luce artificiale trafisse il suo cervello sensibilizzato. Con gli occhi socchiusi guardò l’orologio d'oro in marcasite: nove e quindici. Era troppo tardi per chiamare Richard? No. Doveva provare a parlargli, finché ne aveva il coraggio.
Compose il suo numero di casa e attese con i nervi a fior di pelle, ascoltando il telefono che suonava e suonava e suonava.
"Salve, residenza Hall". Una voce di donna. Una donna giovane e allegra.
"Chi è?" gridò Richard in sottofondo.
Eva sbatté il telefono a terra e si allontanò barcollando, le sue emozioni la sballottavano come una barca a remi su un fiume in piena. Cosa ci faceva Richard a casa con una donna?
Lascia perdere. Sapeva esattamente cosa stava facendo, l’aveva bidonata per un altro appuntamento. La sua peggiore paura era fondata. Richard l'aveva abbandonata come tutti quelli che avevano affermato di tenere a lei.
Lacrime silenziose e pungenti sgorgarono dai suoi occhi e scivolarono lungo le guance. Meglio che lo abbia saputo subito piuttosto che scoprirlo più tardi. Ma razionalizzare la situazione non servì a calmare la sua angoscia. Inciampò di