Il Gran Gesto Di Garron. Carol Lynne

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Il Gran Gesto Di Garron - Carol Lynne

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il nome sul display sorrise. “Ehi, bellezza”.

      “Gli hanno sparato” urlò il suo compagno, Sonny Good, al telefono.

      Lo stomaco di Garron fece una capriola, mentre si fermava all’improvviso. “A chi hanno sparato?”.

      “A Buford, qualcuno l’ha ucciso”.

      Scorrendo rapidamente tutti i nomi nella sua memoria, Garron non trovò niente. “Scusa, cowboy, ma non conosco nessun Buford”.

      “È il mio cavolo di toro Black Angus. Ha vinto un sacco di premi”.

      “Merda, mi dispiace. Hai chiamato Rawley?”. Garron corse alla sua Harley nera e ci salì sopra.

      “Sì, passa a prendere Jeb e poi viene qui. Tu tra quanto arrivi?”.

      “Se riesco, in una cinquantina di minuti. Vi trovo ancora lì?”.

      “Sì, sono sicuro che ci vorrà un po’. Siamo appena oltre lo stagno, dalla parte di Jeb”.

      “Va bene, ora parto. Ti amo”.

      “Ti amo. Vieni, ho bisogno di te”.

      Sonny riattaccò e Garron guardò un momento il telefono prima di rimetterselo in tasca. Mise in moto, uscì dal parcheggio e andò verso casa. Strano come il Flying G fosse diventato ormai casa sua, dopo essere andato a vivere con l’uomo per cui aveva perso la testa. Garron decise di prendere l’interstatale per risparmiare qualche minuto. Di solito prendeva strade secondarie, ma aveva la sensazione che Sonny avesse bisogno di lui il prima possibile.

      Percorrendo la strada, pensò alla telefonata. Sapeva che Sonny doveva andare in città a prendere del nuovo materiale per le recinzioni. Garron si chiese se fosse successo qualcosa. Lionel Hibbs sfruttava ogni occasione per metterli contro il resto della città. All’inizio si trattava solo di commenti qua e là, che però si trasformarono presto in volgarità urlate a voce alta non appena Lionel li vedeva in città.

      Garron aveva smesso di fare il barista due settimane prima del dovuto, perché Lionel faceva scenate del genere ogni volta arrivava al Dead Zone. Jim, il proprietario, aveva pensato fosse meglio così. Sonny cercava di fare finta che gli insulti non lo disturbassero, ma Garron sapeva che non era così. Sonny era cresciuto a Summerville, e il fatto che improvvisamente non volesse più andare in città, era un cattivo segno.

      Più si avvicinava al ranch, più dava gas. Qualcosa doveva aver innescato questo improvviso cambiamento nel comportamento di Lionel. Uccidere gli animali di un ranch era un bel passo avanti, rispetto al gridare parole bigotte dall’altra parte della strada.

      Garron parcheggiò la moto vicino al capannone e prese il fuoristrada da Sonny. In cima al lieve pendio, Garron individuò Sonny, Jeb, Rawley e un altro uomo, tutti raccolti intorno a quello che immaginò fosse Buford. Rallentando, si fermò appena all’interno della recinzione rotta. Rawley alzò lo sguardo e si avvicinò.

      “Sono contento che tu ce l’abbia fatta, finalmente. Mio fratello sta andando fuori di testa”. Rawley si grattò la nuca. Garron capì che Rawley voleva dirgli qualcos’altro.

      “Che c’è?” chiese mentre si dirigeva verso il recinto di filo spinato rotto.

      “Sonny e Lionel hanno litigato questo pomeriggio in città. Penso che Lionel sia finito con il naso rotto, ma Sonny ne è uscito con un occhio nero” disse Rawley mentre seguiva Garron fino al recinto.

      Voltandosi indietro, Garron indicò il filo rotto. “Guarda questo, è ovviamente stato tagliato. Vado a vedere come sta Sonny”. Camminò verso l’uomo che amava, che gli scaldava le vene. Come osava Lionel fargli del male? Aveva una mezza idea di andare in città e trovare subito quel bastardo. L’unica cosa che lo fermava era lo sguardo sul viso di Sonny mentre lui si avvicinava. Aprì le braccia e Sonny ci si tuffò immediatamente. “Stai bene?”. Abbassò lo sguardo sul viso contuso di Sonny.

      “No, ma sto meglio”. Sonny guardò Buford. “Lo ha ucciso così, senza motivo”.

      Accarezzando la schiena di Sonny, Garron guardò Jeb. “La recinzione è stata tagliata”.

      Jeb annuì. “C’ero arrivato anch’io”. Jeb indicò l’uomo più anziano. “Questo è il nostro veterinario, il dottor Mac Whitcomb. Mac, lui è mio fratello Garron”.

      I due uomini si strinsero la mano. Sebbene i suoi capelli fossero completamente grigi, Mac non sembrava avere più di quarantacinque anni. Lo guardò negli occhi. “Può stabilire da quanto tempo è successo?”.

      Mac si grattò la mascella, poi tornò a guardare il toro morto. “Difficile esserne certi, con questo caldo. Ma direi da un paio d’ore al massimo”.

      Garron guardò di nuovo Sonny e gli diede un bacio in fronte. “A che ora avete litigato?”.

      “Più o meno lo stesso, credo” rispose Sonny.

      “Com’è successo?” Garron continuò a tenere le braccia intorno alla vita di Sonny.

      “Beh, immagino mi abbia visto entrare nel negozio di mangimi dal suo ufficio, che è dall’altra parte della strada. Quando sono uscito, Lionel mi stava aspettando. Ha iniziato a dire delle cose, ma io l’ho ignorato. Poi mi ha dato una spinta” Sonny fece un piccolo sorriso. “Allora io gli ho ricordato che, anche se sono piccolino, posso comunque prenderlo a cazzotti”.

      Garron si guardò intorno. “Pensate quello che penso io?”.

      Mac annuì, guardando di nuovo il toro. “È stato tutto orchestrato per fargli avere un alibi. Vi dico una cosa, quell’uomo non mi è sempre stato indifferente, ma chiunque possa mandare a fare una cosa come questa dev’essere malato”.

      “Sì, penso che su questo siamo tutti d’accordo. Il problema è riuscire a trovare un elemento che lo colleghi al crimine” disse Rwaley, facendosi avanti. “Qui è tutto secco e non ci sono impronte. Comunque continuerò a cercare”. Poi indicò il toro morto. “Che ci farai, con Buford?”.

      “Shelby è nella parte est del pascolo orientale a scavare una buca proprio adesso. Verrà a prenderlo con il trattore quando ha finito”.

      Rawley si passò le dita tra i corti capelli neri e guardò Mac. “Il proiettile è ancora dentro?”.

      Mac guardò l’animale. “Non c’è ferita d’uscita, quindi sì. Vuoi che provi a tirarlo fuori?”.

      “Se ci riesci senza danneggiare il proiettile. Lo manderò al laboratorio della scientifica di Lincoln per far fare una perizia balistica. È un po’ un azzardo, ma è probabile che sia l’unica prova che abbiamo”.

      Garron guardò Rawley. “Hai fatto qualche foto? Di certo la compagni di assicurazioni vorraà vedere anche quelle, oltre che hai rapporti che farete tu e Mac”.

      “Sì, le ho fatte. Non è la mia prima volta, sai” sottolineò Rawley.

      “Scusa, mi è uscito male. Volevo solo assicurarmi che fosse tutto apposto, prima di portare Sonny a casa”.

      “Portacelo pure, qui finiamo noi”.

      Garron guardò Sonny. “Dov’è il furgone?”.

      “L’ha

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