Saving Grace. Pamela Fagan Hutchins
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Sarei potuta rimanere lì per ore. Ma uscii dall’acqua, schizzandola coi piedi negli ultimi passi prima del bagnasciuga. Immaginando mia madre, chiedendomi se avesse fatto lo stesso, se lo avesse fatto proprio qui, in questa spiaggia. Se l’uomo della capanna che mi guardava adesso da lontano l’avesse vista, e se avesse pensato che avessi un volto familiare. Sin dall’adolescenza, ci dicevano che sembravamo gemelle. Mamma alzava gli occhi al cielo e diceva: “Forse per un settantenne, da un centinaio di metri.” Si sbagliava. Era troppo giovane per morire.
Raggiunsi Ava e portammo i panini, arrotolati in un’unta carta cerata, in macchina. La Johnnycake è un pane fritto, l’equivalente caraibico dello Youtiao cinese o della Sopaipilla messicana. Tutto ciò di cui la mia cellulite aveva bisogno. Anche se in realtà la mancanza di esercizio fisico negli ultimi cinque anni, da quando avevo mollato karate, non le troppe calorie, era il mio problema. Ava reggeva anche due Red Stripes gelate fra le dita.
“Quanto manca?” chiesi.
“Dieci minuti,” disse.
Guidammo lungo la costa per un altro chilometro, poi ci addentrammo nell’entroterra, in salita. Non mi piaceva abbandonare la calma del litorale. Gli ultimi otto minuti di tragitto erano stati su strade sporche e dissestate che a cadenza regolare si trasformavano in foreste di cespugli.
“Non è un posto da esplorare da soli,” disse Ava, indicando una delle traverse. “Troppo isolato.”
“Però è bellissimo quassù,” dissi. Di fatto, ero scioccata da quanto fosse bello. Diverso dalla costa, ovviamente, ma diverso in senso buono, in modo perfetto. Gli alberi erano più alti e si intrecciavano sopra la strada, creando un tetto sopra di noi e smorzando il rumore dell’infrangersi delle onde sulla sabbia e sugli scogli, a un solo chilometro di distanza. Intravidi delle piume colorate fra gli alberi.
“È un pappagallo?”
“Yah mon. Vivono quassù.”
Al contrario di Ava, non credevo mi sarei mai abituata a questo tipo di flora e fauna. Ne venni assorbita: orchidee più belle di qualsiasi fiore cittadino, con venature fucsia e rosa, e Flamboyant da un arancione fiammeggiante, imponenti e maestosi, che mi ricordavano le mimose di casa.
“Gira qui,” disse Ava, così curvai velocemente, in direzione all’oceano, anche se a centinaia di metri più in alto.
Guidammo ancora mezzo chilometro, per poi uscire dalla boscaglia. Il cambio di scenario fu improvviso e spazzò via tutta la calma della foresta. Anche il mio umore cambiò. Ma chi voglio prendere in giro? Le mie emozioni erano grezze e il mio umore oscillava da su a giù più velocemente di Sarah Brightman nel Fantasma dell’Opera.
“Puoi parcheggiare dove vuoi,” disse.
Accostai l’auto e parcheggiai, spegnendo il motore e trattenendo il respiro.
Venire nel posto in cui i miei genitori erano morti era come entrare nelle chiese colorate della Navidad Valley, in Texas. Avevo visitato La Grange mentre ero alle medie, con la mia famiglia. In quelle antiche chiese di legno, sapevo di essere davanti a qualcosa di sacro e potente e che, sotto quei tetti, sofferenza e venerazione andavano di pari passo, proprio come era successo all’incontrarsi della foresta e degli scogli. Dove la vita incontrava la morte.
Ava era già scesa, di nuovo a piedi nudi, e stava procedendo verso la salita. Mi incamminai dietro di lei. Volevo sentire di nuovo i miei genitori, far loro sapere che ero venuta qui, che per me erano importanti. Che anche se non fossi riuscita a fare altro in questo viaggio, almeno avrei detto loro addio.
“Vi voglio bene, mamma e papà,” sussurrai.
Ava raggiunse la vetta della collina e in tre passi era già sparita, accelerai. Arrivando alla cima, mi mancò l’aria e feci un passo indietro per l’improvvisa vertigine. Il terreno scendeva per circa trenta metri, e poi semplicemente svaniva. All’orizzonte, solo il cielo, che si ricongiungeva in lontananza con il Mar dei Caraibi.
“Non sono i primi a cadere da questo promontorio,” disse Ava, con tono solenne.
“Oh mio Dio,” dissi, non riuscendo a pensare ad altro. Affondai nell’erba. Mi accovacciai in una collinetta, cercando di schiarirmi le idee. Perché? Perché erano venuti qui?
“Questo è come un ritrovo per gli innamorati, nel suo modo desolato e inaccessibile. Molte delle ragazze che conosco hanno perso la verginità qui. Alcuni si sono anche buttati per amore. Ha sempre avuto un fascino romantico a cui le persone non riescono a resistere.”
Rimuginai sulle sue parole. Era possibile che i miei genitori avessero cercato questo posto? Un’ultima avventura per concludere la vacanza? Li immaginai mano nella mano, testa contro testa. Speravo fosse così. Qualcosa dentro di me non ci credeva, ma Dio, se lo speravo.
“Addio, mamma e papà,” sussurrai. Chiusi gli occhi di nuovo, contai fino a cento, cercando di non pensare a nulla, e offrii il mio cuore al cielo.
Undici
Promontorio di Baptiste, St. Marcos, Isole Vergini americane
18 agosto 2012
Ce ne andammo dal Promontorio di Baptiste, rientrando nella foresta tropicale, mezz’ora dopo. Il mio umore era in fase di ripresa, tanto che la bellezza dei fiori mi estasiò nuovamente. Sembravano adesso come un tributo ai miei genitori. Un allestimento floreale. La foresta tropicale non era solo un toccasana per i miei occhi, mi faceva sentire più vicina a mamma e papà. Odiavo dovermene allontanare.
“Sai, un amico offre un tour guidato della foresta. Organizza una navetta proprio dal Peacock Flower. Dovresti andare con lui domani. Lo chiamo per dirgli che ti unisci.”
“Un’escursione? Non sono un’escursionista. Sono una brava guidatrice, però. C’è un tour in macchina?”
“No. È un botanico, e adesso chiudi il becco e vai con lui. Ti cambia la vita.”
L’intero viaggio mi stava già cambiando la vita, ed ero arrivata appena ventiquattro ore prima.
Cedetti ad un impeto di sincerità. “Sono qui per questo, sai. Per cambiare la mia vita. O, meglio, dovrei essere qui per questo, il più possibile, in una settimana. Mio fratello ha insistito. Pensa che beva troppo. Sto cercando di ignorare i sintomi per andare dritta alla fonte. Non è l’alcol in sé. Sono i miei genitori. Le mie cattive scelte. Lo struggermi per il ragazzo sbagliato. Etcetera etcetera.” Cercai di sviare il discorso, imbarazzata dalle parole che non potevo più rimangiarmi.
La mia confessione non turbò Ava. “Quasi tutti stanno scappando da qualcosa quando vengono qui. Spendono la maggior parte del tempo cercando di capire se stanno cercando di scappare dalla cosa giusta, o se la cosa sbagliata li ha seguiti qui.”
Era una frase profonda. Era stata una giornata abbastanza profonda, così rimasi in silenzio.
Ma non Ava. “Non hai detto che tuo padre era un alcolista? Penso di aver letto che è una questione genetica,” disse.
“Sì. Forse.” Ma io non ero un’alcolista.
“Molte persone che si trasferiscono qui diventano alcolisti,” disse. “Non