Fuorigioco. Sawyer Bennett

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Fuorigioco - Sawyer Bennett

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anche se non lo pensavo davvero. Era la cosa più cortese da fare.

      Col trascorrere della notte, Angeline è passata dalla chiacchierata amichevole al flirtare sfacciatamente. Non ho potuto ignorare le innumerevoli volte in cui ha appoggiato la mano sul mio braccio mentre mi stava parlando, o il modo in cui stava in punta di piedi per sussurrarmi qualcosa all’orecchio.

      Non mi fraintendete. Stasera Angeline sfoggia un paio di jeans attillati, un top pressoché inesistente, e dei tacchi vertiginosi. Trasuda sesso e se non avesse sprecato le sue energie con me, avrebbe reso un altro ragazzo ben felice di avere le sue attenzioni.

      Verso fine serata, mentre la band stava suonando una delle ultime canzoni, ha riprovato a convincermi a ballare con lei. Ho rifiutato cortesemente, dicendole che probabilmente non era una buona idea. Sembrava averla presa bene, ma poi si è autoinvitata quando abbiamo deciso di andare da Sally. Sarei dovuto tornare a casa, ma stavo morendo di fame, e ho pensato che avrei potuto tollerare un’altra mezz’ora con Angeline.

      Quindi eccoci qui seduti, mentre sto provando a concentrarmi sul lancio dei pennuti contro i suini, prestando parzialmente attenzione alla conversazione tra i tavoli. Bastano cinque secondi: qualcuno cita Descartes, e si parte per la tangente.

      Trovo esilarante che quando gli studenti del college si ubriacano o si sballano, iniziano subito a discutere di filosofia. Voglio dire, a nessuno frega niente della filosofia, con l’aiuto di un po’ di alcool, improvvisamente tutti vogliono pontificare.

      Siamo tutti iscritti ad un corso livello 300 di filosofia chiamato “Filosofi del XVII e XVIII secolo”. Nel campus gira voce che il Prof. Anderson, che ha circa 120 anni, passi praticamente tutto il tempo della lezione a dormire, dicendoti esattamente cosa chiederà durante l’esame finale. Pare che il corso sia una passeggiata. Lo spero proprio, dato che sono stato ammesso all’ultimo anno con ottimi voti, e mi auguro di avere orari semplici, in modo da poter concentrare gli sforzi sull’hockey.

      “Beh, io penso che il dualismo sia una stronzata,” sento Mike affermare con fare plateale, biascicando. “Se la mente esiste indipendentemente dal cervello, allora come si creano le memorie fisiche? Ditemi come può avere senso.”

      “Niente di tutto questo ha senso,” borbotto, gli occhi ancora incollati al mio iPhone. Nessuno mi degna di uno sguardo, il che mi sta bene. Il mio videogioco è decisamente più interessante della discussione su Descartes.

      “È una visiona alquanto ristretta da parte tua,” mi sbeffeggia Angeline. “Ad ogni modo, trovo molto affascinante il concetto del ‘Penso, dunque sono’. Voglio dire, è alquanto profondo, ad un livello che non mi ero mai degnata di considerare prima d’ora.”

      Sono alquanto certo che Angeline non abbia mai pensato a qualcosa di più profondo dei jeans griffati da indossare la mattina dopo, tuttavia sono colpito da come stia riuscendo a sviare il discorso dalla soporifera filosofia del dualismo.

      Vedo la cameriera avvicinarsi con la coda dell’occhio, ma non alzo lo sguardo, dato che sono pericolosamente vicino al battere il mio punteggio record. Rimane ferma per qualche secondo, mentre la conversazione imperversa, aspettando pazientemente una pausa allo spreco di neuroni. Dato che nessuno si ferma a tirare il fiato, lei si schiarisce la voce.

      Il silenzio cala sulla tavolata, quando sento Angeline dire con voce sfrontata: “Chiedo scusa. Siamo nel mezzo di un’importante conversazione. Pensi sia appropriato interromperci con la scusa che siamo pronti per te?”

      Tutti scoppiano a ridere istericamente, tranne me. Sogghigno tra me e me, scuotendo semplicemente la testa. Angeline riesce a sminuire chiunque, facendolo sentire uno schifo in una manciata di secondi. È una vera forma d’arte per gli individui scandalosamente ricchi e follemente narcisisti.

      In realtà Angeline non ha ancora finito con lei. Si rivolge al resto della tavolata e dice: “Suppongo che non possiamo davvero colpevolizzarla per la sua ignoranza. Voglio dire, serve frittelle per guadagnarsi da vivere. Probabilmente questa conversazione è troppo per lei.” Infine si lancia in una serie di risatine che mi fanno digrignare i denti.

      Okay, io stesso ammetto che è davvero un colpo basso, ma non dico niente. Tengo la testa china, evitando il contatto con Angeline ad ogni costo. È ubriaca e crudele. Non è di certo una buona combinazione, e non ho le forze per litigare con lei stasera. Diamine, è una delle ragioni per le quali ho rotto con lei. Sembrava doverci essere sempre da litigare.

      Prima che Angeline possa proferire parola, sento la cameriera rispondere: “Sono davvero desolata. È solo che…vi ho visti tutti seduti qui, e, beh, scusate la mia ignoranza, ma sono alquanto certa che secondo il Rasoio di Occam, tra le varie teorie discordanti e a parità di condizioni, la teoria più semplice è probabilmente quella corretta. Ho notato che avete già dato un’occhiata ai menu e che li avete rimessi a posto. Dunque, la teoria più semplice è che siete pronti ad ordinare. Mettiamola così…Io penso di avervi visto guardare i menu, dunque sono qui per prendere la vostra ordinazione. Insomma, so che Occam è precedente rispetto a Descartes, ma è pur sempre un ottimo principio, non pensate?”

      C’è un istante di silenzio attonito, ed io rivolgo lo sguardo verso la cameriera. Questa è la cosa più interessante che sia successa in tutta la serata…Angeline messa a tacere. Il resto del tavolo scoppia in una risata per l’impudenza della cameriera, e sono certo che Angeline sia furiosa. Tuttavia non la guardo, perché quando mi metto a guardare la nostra filosofa servi-frittelle, i miei occhi si allargano e il respiro si fa corto. È mozzafiato. No, unica. No…non si tratta di questo. Straordinariamente unica…ecco cos’è.

      Ha i capelli biondo scuro che porta in una coda alta. È una bionda naturale. Si capisce dal colore delle sopracciglia, e sono sicuro che se le togliessi le mutandine, potrei averne conferma. Gli ultimi dieci centimetri sono tinti di un lavanda pallido. Ha un anellino argentato alla narice sinistra e un piccola piccola barretta in argento sul sopracciglio destro. Non è truccata, ma è il tipo di bellezza che deve rimanere completamente al naturale. Ha un’incarnato perfetto e una manciata incredibilmente sexy di lentiggini attorno al naso. I suoi occhi sono di uno splendido color nocciola che scommetto diventano più verdi quando è arrabbiata o emozionata. In questo momento sono pieni di malizia, ed ha due labbra piene e rosa che sogghignano ad Angeline.

      Non so cos’abbia questa ragazza, ma cazzo, è uno schianto. E chiaramente anche fottutamente intelligente.

      Non mi sono mai piaciute le ragazze con piercing in faccia o capelli tinti. Il tipo di ragazze che i miei genitori si aspettano che io frequenti indossano perle e cashmere, ed hanno un pedigree lungo un chilometro legato ai loro nomi. Come la mette giù mia madre? “Tuo padre è sotto i riflettori, quindi dobbiamo mantenere le apparenze in ogni momento.”

      Il mio sguardo si sposta verso il corpo della cameriera, e riesco a farlo solo perché lei è impegnata in una guerra di sguardi con Angeline al momento. Indossa una t-shirt della Northwestern e degli shorts davvero corti che mettono in risalto chilometri di gambe abbronzate. Porta scarpe da ginnastica ed un piccolo grembiule attorno alla vita. Subito sopra il suo seno destro, che sembra attraente quanto quello sinistro, c’è un cartellino con su scritto “Danny”.

      Miracolo dei miracoli, Angeline sembra essere rimasta ammutolita. Non esce più niente dalla sua bocca, ma continua a lanciare occhiatacce.

      Danny appoggia la matita dietro l’orecchio e mette le mani sui fianchi. “Facciamo così…quando siete pronti ad ordinare, che ne dite…” fa una pausa per dare un’occhiata al tavolo, e indicando Carter: “…se…alzate semplicemente la mano quando siete pronti ad ordinare e sarò subito da voi per assistervi. Okay?”

      Senza aspettare una risposta,

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