Il Dono Del Reietto. Mario Micolucci
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La cosa che più lo infastidiva era l'odore nauseabondo, dolciastro e stomachevole dei fiori che infestavano davanzali e balconi con i loro colori vistosi e così diversi dalla bellezza grigiastra dei muschi e delle muffe che crescevano nella sua Grande Palude. Si rese conto di odiare quel quartiere perché era algido e privo di vitalità; non vi era traccia dell'inebriante caos che regnava nella sua terra d'origine... il mercato era senz'altro il posto migliore di Forte di Legno e, all'interno del mercato, il recinto dei conigli.
Arrivarono davanti a un imponente e sontuoso palazzo a ridosso della cinta muraria interna: dal secondo piano dello stesso, partiva un lungo ponte coperto che scavalcava le mura conducendo ad un grosso edificio dai cui comignoli fuoriusciva del vapore. L'odore ricordava quello dei barili di Aliah: doveva essere lo stabilimento per la produzione della vernice ignifuga.
Arnold attraversò il piccolo cortile, salì alcuni gradini e bussò con un bizzarro anello metallico all'enorme porta intarsiata. Poco dopo, venne fuori un umano dentro strani abiti neri e bianchi che lo tenevano imbrigliato in posizione eretta e rigida quasi quanto la sua veste pietrificata facesse con lui. I due si parlarono sottovoce e poi l'uomo dicendo: «Con permesso» rientrò in casa. La guardia attese fuori dalla porta, finché l'altro non uscì di nuovo annunciando: «Signori, il Maestro Aaron Mansil, Alchimista Reale». Venne fuori un uomo magro che portava le braccia dietro la schiena. Egli indossava una ridicola calzamaglia a strisce e un sontuoso corpetto decorato da diversi gioielli. Aveva dei lunghi baffetti le cui punte lambivano guance rossicce e una parrucca bianca con dei grandi boccoli ai lati. «Dov'è?» ringhiò con un ghigno feroce. «Dov'è l'assistente di quella strega millantatrice?»
«Jerome, portagli il goblin» disse Arnold.
La guardia sollevò con un braccio Djeek e lo pose in piedi dinanzi all'alchimista.
«Un goblin?»
«Un goblin.»
«L'altra volta era un ladruncolo cavian, ora ha fatto addirittura di peggio!» Poi, mettendo in mostra il pezzo di trave bruciata che aveva in mano, chiese: «Sai cos'è questo, fetido goblin?»
Djeek, paralizzato dalla paura, fece per balbettare una risposta, ma non aveva ancora aperto bocca quando Mansil gli sferrò una legnata sul naso che mandò in frantumi la piccola spranga. «Non mi interrompere, lurida bestia! È del legno bruciato… sì, bruciato nonostante il preparato della tua padrona! L'altro ieri, abbiamo subito un attacco da parte di un gruppo di briganti provenienti dal Buccaner e, alle prime frecce incendiarie, la sezione Sud-Ovest delle mura ha preso fuoco!» Quindi, tirando con furia assassina l'orecchio appuntito dell'inerme Djeek, urlò: «Hanno preso fuoco! Capisci stupido goblin! Se non trovo una soluzione sono rovinato! Ah, no! Stavolta quella strega non otterrà ciò che vuole... a meno che, non si presenti di persona e risolva la questione. Non si accettano più bizzarri assistenti e, soprattutto, non si accettano piccoli sgorbi puzzolenti!» Rifilò un calcio a Djeek mandandolo a rotolare per le scale come un barile, intrappolato com'era nella sua veste pietrificata. L'ultima cosa che sentì mentre perdeva i sensi fu: «Sbattetelo nelle segrete!»
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