Il Dono Del Reietto. Mario Micolucci

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Il Dono Del Reietto - Mario Micolucci

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meglio da fare che venire a scocciarmi nei momenti meno opportuni?»

      Un'altra carica di frecce si abbatté sulla capanna senza che l'incendiò appiccasse. Una freccia, però, entrando dalla finestra andò a trafiggere il piccolo umano appeso alla parete facendo trasalire la strega. «Ora, mi hanno davvero fatto arrabbiare! Quel piccolo era ancora nuovo, l'avrei potuto utilizzare per almeno altre dieci settimane! Maledetti!»

      In quello stesso istante, il cucciolo di groppalupo, vedendo minacciato anche il suo amico, si fiondò fuori dalla finestra con coraggiosa audacia. Djeek, nel tentativo di trattenerlo, scese barcollante dalla branda giusto in tempo per vederlo stramazzare a terra colpito da uno strale.

      Nel frattempo, la strega imprecava per aver perso la sua preziosa fonte di sangue puro. «Ora, tocca a me sparare!» sentenziò.

      Regolò alcune leve e manopole fissate a una parete e poi, con un secco fendente di una piccola lama, recise una corda tesa tra il soffitto e un anello metallico posto sul pavimento. In quello stesso istante, dal tetto della capanna, una catapulta scaraventò addosso agli assedianti una pioggia di ampolle che infrangendosi sulle loro splendenti armature prese a scioglierle e, con esse, le loro carni. Quella che si prospettò a Djeek fu una scena agghiacciante persino per un goblin. Tra urla di strazio disperate, gli uomini correvano e si rotolavano a terra cercando di togliersi di dosso le vesti con le mani ridotte a moncherini fumanti. Per loro non ci fu scampo: morirono, tra spasmi di dolore, divorati dall'acido.

      «Ecco fatto: tecnologia gnomica con un tocco di arte alchemica» mormorò la creatura piumata. «Spero che l'acido non li abbia rovinati troppo, potrei ricavare qualche ingrediente dai loro corpi a parziale risarcimento del danno che mi hanno arrecato.»

      Djeek si lanciò verso la finestra per raggiungere il suo piccolo amico agonizzante, ma un improvviso strattone al collo lo fece ricadere all'indietro: non si era accorto di essere stato legato a una trave con un guinzaglio. Con tranquillità ritrovata, la strega disse: «Penso io al tuo cucciolo. In fondo, potrebbe tornarmi utile: è stato il primo ad accorgersi dei visitatori.»

      Rientrò poco dopo, poggiò il lupo sulla branda dove era stato Djeek, estrasse la freccia, gli riempì la ferita con una mistura di erbe, poi vi versò del liquido preso dal calderone in cui aveva curato il suo braccio. «È prossimo alla morte, tuttavia tra qualche giorno si riprenderà.» diagnosticò.

      Dopo qualche gorgoglio e alcuni tentativi andati a vuoto, Djeek, finalmente riuscì ad articolare la lingua per farfugliare la domanda: «Ma tu, chi sei?»

      La strega, quasi sorpresa, rispose: «Che strano. Un goblin dotato di curiosità e che, per giunta, porta con sé un bastone catalizzatore. Invece di usare le tue misere energie per cercare di colpirmi alle spalle o fuggire, le utilizzi per fare domande. Veramente insolito...»

      Continuò: «Bene, piccoletto: io non so cosa sono ora. So che prima ero un cignano e so che se fallirò nelle mie ricerche, sarò un'arpia come tutti gli altri della mia razza... in quest'epoca e in questi luoghi, sono conosciuta come la Signora della Palude… o la Strega se preferisci.»

      «Cignano? Arpia?» ripeté Djeek interdetto.

      «Veramente insolito. Direi, quasi, che il tuo assomigli a interesse scientifico. Va bene, non so neanche perché perda del tempo con un goblin a raccontare la mia storia, ma penso che mi farà bene conversare con qualcuno. Sorprendentemente, ti stai rivelando un buon animaletto da compagnia: vuol dire che ti sopprimerò dopo.»

      La bizzarra creatura si mise comoda e cominciò a raccontare: «Molti, in Xantis, pensano che gli elfi di cristallo siano figli di Limpa, Dea della Purezza: si sbagliano! Essi non sono altro che creature originarie di questo mondo anche se, come dire, leggermente ritoccate dalla Dea per servirla meglio. I cignani sono la vera prole di Limpa: noi siamo stati direttamente generati dal suo Emissario, il Cigno di Cristallo.»

      «Il Cigno di Cristallo, solcò i cieli con una scia di polvere splendente

      Tutti gli elfi da essa investiti provarono sollievo e gioia: il loro aspetto mutò

      Crebbero in statura e in purezza, i capelli divennero rilucenti come i diamanti» citò Djeek, ricordando il Rito della Nascita.

      «Notevole...veramente notevole, mi chiedo se tu sia realmente un goblin. Il Cigno di Cristallo non è altro che un abitante di Càndore, il Mondo di Limpa. Esso è stato inviato in questa dimensione per permettere alla Grande Dea di contrastare Corrupto. Quello che questo canto non dice è che, prima dell'annichilimento, l'Emissario depose sette uova di diamante tra i ghiacci eterni dell'estremo nord: da esse, nacquero i primi cignani. Noi eravamo in tutto e per tutto suoi figli e quindi creature di Càndore, ma concepite per vivere in questo nuovo mondo. Un tempo, ero molto diversa da come mi vedi: come ora, avevo fattezze umanoidi, ma ero splendida e maestosa come un cigno. Il mio piumaggio era bianco, gli occhi splendevano come gioielli e le mie braccia, come ali candide attraverso le quali librarmi in volo. In quella remota epoca, il mio nome era Aliah.

      La nostra natura era limpida e inalterabile, nessuna malattia poteva deturparci, nulla poteva scalfire la nostra purezza, neanche il tempo poteva influire sulla nostra eterna giovinezza. Eravamo una stirpe forte e dotata di profonde conoscenze scientifiche e alchemiche grazie alle quali iniziammo un'opera di purificazione: le paludi divennero splendidi laghi; le foreste oscure, allegri boschetti; i corvi, meravigliosi uccelli; rendemmo innocui gran parte dei serpenti velenosi. Eravamo una società potente e destinata a espandersi lentamente, ma inesorabilmente. Corrupto pose il suo occhio malevolo su di noi e, purtroppo, egli conosceva il nostro punto debole: eravamo puri in tutto, anche nel nostro pensare e agire. Non eravamo avvezzi ai sotterfugi e proprio l'assenza di malizia fu la nostra condanna.

      Non sappiamo come avvenne, ma in qualche modo Corrupto o un suo servo in grado di farlo, riuscì a entrare nei sogni della Grande Sacerdotessa Violette, una dei Sette figli diretti del Grande Cigno. Spacciandosi per la Dea le dettò la formula che avrebbe permesso alla nostra specie di sopperire alla scarsa prolificità dovuta al fatto che eravamo semi-alieni in questo mondo. Io ero una sua giovane assistente. Con grandi aspettative preparammo l'intruglio e, come era nostra prassi, lo provammo prima su noi stesse e sui nostri compagni: funzionava! Ci sentivamo più energici e sentimmo avvampare il desiderio di accoppiarci. Dalle analisi, le nostre uova risultarono subito fecondate. Tutti i componenti dello stormo ne bevvero e tutte le femmine deposero uova fertili. Festeggiammo per giorni sognando una grande progenie in grado di purificare in breve tempo tutta Xantis... La progenie effettivamente fu numerosa, tuttavia le cose non andarono esattamente come avevamo immaginato.» Aliah proferì quest'ultima frase con una malcelata vena di sarcastica amarezza. Si alzò, guardò il suo corpo deturpato e, ridendo istericamente, si strappò alcune piume nere da una spalla e le lanciò via con ribrezzo. Dopo qualche istante, riprese: «La Gran Sacerdotessa e noi apprendiste fummo le prime a utilizzare la pozione, l'Inganno di Corrupto, e le nostre uova furono le prime a schiudersi. Ricordo ancora perfettamente la gioia che provai quando vidi le fratture increspare la superficie delle mie tre: per me, sarebbe stata la prima nidiata e rimembro altrettanto bene l'orrore che provai quando vidi gli abomini che ne vennero fuori. I miei figli, i miei unici figli erano neri e deformi con becchi adunchi, artigli d'aquila e voci di corvo. Corsi dalla Sacerdotessa per chiedere aiuto, o forse solo conforto. La trovai immobile con lo sguardo perso nel vuoto: sotto di lei, sette esserini informi, simili ai miei. Nel giro di poche ore, anche le altre consorelle accorsero e tutte si straziavano per lo stesso motivo. Piangemmo, ci disperammo e, insolitamente per la nostra razza, avemmo spunti di aggressione reciproca, ma alla fine, trovammo la forza di reagire. La Sacerdotessa ordinò ad alcune consorelle di volare tra i nidi della nostra comunità e avvertire tutti dell'accaduto, mentre io rimasi con lei per assisterla nella ricerca per la produzione di un antidoto. Passammo diverse notti insonni per trovare una soluzione alchemica, ma come mai era sino ad allora avvenuto, persino l'infallibile Violette faticava

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