Il Dono Del Reietto. Mario Micolucci

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Il Dono Del Reietto - Mario Micolucci

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gli avesse infilzato una clava giù per la gola fino alle viscere. Aveva bisogno di vomitare, di espellere quel grosso corpo estraneo che lo straziava.

      Nel contempo, lo sciamano chiudeva la discussione sentenziando: «Vista la tua inettitudine, Ioro, sarai tu il nuovo addestratore, ma prima, uccidi quel ladruncolo e portami il bastone che ha in mano: voglio esaminarlo.»

      L'ormai ex capo delle guardie rivolse allo sciamano uno sguardo furibondo e si diresse verso Djeek per sfogare su di lui tutta la frustrazione: lo avrebbe ucciso nella maniera più dolorosa possibile. Quello, però, era il suo giorno sfortunato: vide il piccolo goblin contrarsi a terra come in preda a uno spasmo e, contemporaneamente, ci fu un tremito del terreno dovuto al formarsi di un piccolo crepaccio che si spalancò e si propagò passando tra le sue gambe fino a danneggiare il pozzo. Perse l'equilibrio e, cadendo male, si infortunò a un ginocchio. Lo sciamano, vedendo il totem appendersi da un lato pericolosamente, emise un grido stridulo: «Sacrilegio! salvate il Monumento!»

      Quando le guardie, barcollando per l'improvviso sisma, si lanciarono a sorreggerlo, Djeek raccolse tutte le forze e si diede alla fuga.

      Mentre si allontanava, correndo al massimo che la gamba ferita gli consentisse, sentì la voce dello Sciamano recitare una strana nenia rivolta a Corrupto. Di essa, colse solo le parole: carni, disgrazia e corrompi.

      Si lanciò verso la palude, dove le acque marce lo avrebbero aiutato a nascondere le impronte e le tracce odorose. Però, sentì, immediatamente dietro di sé, un rumore di passi e un ansimare: evidentemente, le guardie si erano lanciate all'inseguimento prima di quanto l'incidente al totem gli aveva fatto sperare. Senza arrestarsi, si voltò e, con la coda dell'occhio, constatò che, in realtà, gli inseguitori erano ancora lontani: ciò che aveva sentito era il correre un po' goffo del lupacchiotto ammaccato. Raggiunse la palude e si diresse verso le acque un po' più profonde, finché non sentì un guaire dietro di lui: il cucciolo, non toccando più il fondo con le zampette, era costretto a nuotare, ma così non riusciva a tenere il passo di Djeek. Il goblin, non seppe mai perché lo fece: per empatia, perché lo sentiva affine a sé, forse. Prese in braccio il piccolo lupo e proseguì la fuga con lui.

      Man mano che procedeva, si sentiva sempre peggio, come se la forza vitale lo abbandonasse, ma non gli diede troppo peso: quel malore, però, lo rallentava progressivamente e sentiva le voci delle pattuglie via via più vicine. Si fermò per un attimo, poiché, in maniera sin troppo prematura per un goblin, aveva bisogno assoluto di riprendere fiato. Quell'attimo fu sufficiente per scorgere nella sua figura riflessa sul velo d'acqua, qualcosa che non andava: aveva molti peli bianchi. Si guardò le mani e, con orrore, vide che la pelle era secca e rugosa: stava invecchiando!

      Si avvide di essere vicino alla Grantana e decise di raggiungerla: questa, ormai, era crollata in più punti a causa delle ripetute scosse che gli aveva procurato con il bastone durante la caccia. Djeek ricordava di aver portato allo scoperto l'accesso a un alveo abbastanza grande da ospitarlo. Sfinito e ansimante, arrivò al nascondiglio e vi si infilò insieme al compagno di fuga: era ben nascosto sottoterra, ma l'accesso era scoperto e, annusando, lo avrebbero scovato immediatamente. Grazie al bastone, però, riuscì a increspare il terreno circostante in modo da camuffare le impronte e, quindi, a far crollare l'accesso al cunicolo. Si era tombato vivo e la sua età biologica aumentava in maniera ben percepibile, eppure era determinato a sopravvivere in qualche modo.

      Poco dopo, avvertì le vibrazioni dei passi degli inseguitori seguite a breve dalle loro voci.

      «Qui si sente di nuovo il suo odore: deve essere uscito dall'acqua in questo punto.»

      «Guarda! Ci sono dei cunicoli: forse è acquattato in uno di quelli.»

      «Bel topastro vieni fuori, vieni da paparino.»

      Dopo alcuni minuti di calpestio frenetico tutt'intorno, si sentì imprecare: «Per Corrupto! Ma dove si è cacciato quel verme, non riesco a seguire una pista!»

      «Boh? Sarà andato sottoterra a fare compagnia ai suoi simili.»

      Djeek sentì raggelarsi il sangue, ma tirò subito un sospiro di sollievo, quando li sentì ridere a quella che, in realtà, era solo una battuta.

      «Nei cunicoli, non c'è: forse voleva celarvisi, ma vedendo che non erano un buon nascondiglio è tornato a fuggire in acqua.»

      «Probabilmente, ora è acquattato in qualche canneto come un ratto bagnato.»

      «Comunque, non andrà lontano. Ho già sentito una volta lo sciamano proferire quelle parole: il vigoroso Doko lo Sgozzaelfi che aveva osato chiamarlo “cornacchia decrepita” è morto di vecchiaia poco tempo dopo.»

      Se ne andarono ridendo di gusto per la malasorte di colui che un tempo avevano acclamato come loro campione. Doko, infatti, era stato l'unico goblin di quei tempi che aveva avuto l'onore di uccidere un elfo silvano. Gli altri venti goblin che erano con lui perirono tutti nell'impresa.

      Djeek aspettò per diversi minuti e, quando stabilì che, ormai, fossero distanti, impugnò il bastone e si concentrò per aprire una via d'uscita. Le cose non andarono esattamente come voleva: infatti, si fece crollare addosso il soffitto. Solo quando stava per soffocare, in un ultimo disperato tentativo, fu espulso violentemente dal terreno per piombare, insieme al lupacchiotto, direttamente nella palude.

      Per il goblin, lo schianto fu parecchio più doloroso del previsto e fu anche molto difficile rimettersi in marcia: la posizione rannicchiata, unita all'età che avanzava, lo avevano rattrappito.

      Sapeva che sarebbe morto di vecchiaia entro poche ore, ma non si arrese, voleva e doveva al più presto raggiungere i confini di Grande Palude per fuggire dal pericolo più imminente degli inseguitori e poi... al poi era meglio non pensarci.

      Doveva scegliere la direzione verso la quale fuggire. Sapeva che a Nord vi erano le montagne dei troll, un tempo, ma solo un tempo, dimora dei goblin: comunque, quella direzione non era percorribile senza passare troppo vicino al villaggio. Verso Sud, avrebbe trovato montagne, montagne e poi ancora montagne, fino al regno dei nani. Verso Ovest, invece, sarebbe arrivato al Pontificato, ma stando ai racconti, era meglio che vi stesse alla larga: non ci teneva a finire bruciato sul rogo. Era a Est che doveva fuggire, verso le terre di confine dell'Impero di Arsantis: lì, c'era il Regno di Faunna i cui villaggi erano la meta prediletta dei razziatori della sua tribù. Camminò seguito dal cucciolo, ma, man mano che procedeva, sentiva le forze mancargli e anche la sua andatura ne risentiva: infatti, mentre prima il lupo faceva fatica a tenergli il passo, dopo un'ora lo stesso doveva fermarsi ad aspettarlo. Aveva dolori dappertutto, sentiva l'umidità dell'acqua penetrargli nelle giunture con fitte acute. Stabilì che il destino della maggior parte dei goblin, cioè quello di avere una morte violenta, ma il più delle volte rapida e in età giovanile, fosse una vera benedizione.

      Continuò a spingersi avanti, non sapeva bene neanche lui verso cosa. Sentiva l'alito fetido della morte attanagliarlo o, forse, era il suo stesso respiro che puzzava di putrefazione. Aveva il fiato corto e i passi si facevano sempre più lenti e brevi. Dall'alto, il gracchiare degli straziatori sembrava deriderlo o festeggiare in attesa del banchetto che li attendeva. Esausto, si fermò e, con la vista annebbiata, focalizzò a fatica la sua immagine riflessa sull'acqua: vide un essere più simile a una statua di creta grezza che a un goblin. Aveva lunghi peli bianchi e radi che gli spuntavano a chiazze sparse casualmente un po' dappertutto e le dita sembravano ramoscelli secchi e putrescenti: quando aveva visto lo sciamano, gli era sembrato molto anziano, ma solo in quel frangente potette contemplare cosa significasse essere veramente vecchi. Fece per riprendere a muoversi, ma le ginocchia non lo assecondarono e, con un tonfo, cadde nella sua stessa immagine riflessa, mentre perdeva i sensi.

      Registri di Dharta Misathon (trentesimo giorno

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