Il Dono Del Reietto. Mario Micolucci
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Hork faticò non poco per sopraffare le feroci resistenze della femmina: dopo aver ricevuto un morso sul braccio e un profondo graffio sulla guancia, era riuscito a torcerle il polso dietro alla schiena e a piantarla contro il muro esterno della capanna. Fu in quel momento che l'addestratore annusò che ella era di nuovo pronta all'accoppiamento. Così, decise di approfittarne prima che gli altri se ne accorgessero. Non fece in tempo a strapparle il vestito, che venne preso per la collottola e sbalzato indietro di diversi piedi da Ghuk, un goblin esploratore. Questi acciuffò per il peli della testa la femmina che tentava la fuga e si preparò a inseminarla. Nel frattempo, Hork si stava rialzando tramortito. Però, un altro maschio, Rok, rifilandogli con noncuranza un calcio violentissimo, lo rimandò a terra dolorante. Quest'ultimo si lanciò per interrompere Ghuk che nel frattempo si stava già accoppiando e ne scaturì una rissa brutale. La femmina ne approfittò per darsi alla fuga. Tuttavia, mentre passava vicino a Hork che giaceva a terra, questi ebbe il riflesso di afferrarle la caviglia facendola cadere. L'addestratore si alzò sulle gambe malferme per lo stordimento e stava per lanciarsi sulla goblin, quando vide arrivare Hutzo, uno dei razziatori più feroci. Si immobilizzò e balbettò qualcosa come: «Signore, stavo giusto venendo a chiamarti! Quei due indegni volevano... ouch!» Ricevette un pugno nello stomaco, che lo sollevò di tre piedi, seguito da una ginocchiata in faccia mentre ricadeva.
«Vai a prendere i cuccioli, e torna a fare la mammina al vivaio! Verme!» gli intimò il bruto. Poi, emise un ringhio che raggelò gli altri due contendenti i quali si dileguarono all'istante. Con una mano, afferrò per il collo la povera femmina facendole entrare le unghie nella pelle e la sollevò per accoppiarsi. Quando ebbe finito, la getto via come uno straccio e se ne andò.
“Questa volta, è andata in maniera piuttosto tranquilla” pensò Djeek mentre si affrettava ad allontanarsi dal luogo della scena. Spesso, gli scontri per la riproduzione erano molto più violenti, con morti e mutilati tra i pretendenti. Succedeva sempre così: la malcapitata di turno, nel marasma, si ritrovava a essere presa con la forza da molti maschi e alla fine, era impossibile conoscere esattamente il padre della figliata. Però, questo era un bene per il branco.
Mestamente, Hork raccolse i sei cuccioli che dall'inizio non avevano smesso un attimo di urlare e dimenarsi terrorizzati, lì colpì alla testa in modo da farli svenire, li caricò sulla carriola insieme allo sterco che gli serviva per riparare una falla della sua capanna e si avviò verso il vivaio. Era dolorante e ferito nell'orgoglio, ma già assaporava la sua rivalsa. Poco prima, il giovane Kitzo, seguito dai suoi scagnozzi, gli aveva spifferato che quell'idiota di Djeek aveva passato tutto il tempo a divertirsi anziché cacciare. Era chiaro che quanto riferitogli era tutto falso, sia perché quel babbeo svolgeva alla lettera tutti i compiti assegnatigli e sia perché l'alito dei furbacchioni odorava di topo a passi di distanza. Hork, però, sapeva riconoscere i talenti. Mentre era certo che il teschio dell'inetto Djeek sarebbe presto entrato a far parte della sua collezione, era altrettanto sicuro che Kitzo sarebbe presto diventato uno sciamano, un sacerdote di Corrupto da cui aveva ricevuto lautamente i doni della mutabilità e dell'astuzia. Era quindi sua intenzione entrare nelle grazie del suo prediletto, sperando che un giorno si ricordasse di lui sollevandolo dalla sua misera condizione di lavoratore. Quindi, doveva stare al gioco e malmenare il babbeo. Inoltre, la cosa lo divertiva, lo faceva sentire forte.
Djeek aveva preparato la sua vendetta: nascosto il sacco in un cassone, si era seduto lì a fianco ad attendere con fare affranto. Nel frattempo, era arrivato Kitzo che lo punzecchiava con frasi del tipo: «Cosa è successo ai tuoi ratti? Non te li avranno presi dei tipi cattivi?», «Povero Djeek, quando Hork ci si mette fa veramente male, vero?», «Che sapore hanno i vermi della latrina? Dicono che tu li abbia degustati...» e avanti così. Il giovane goblin taceva e pregustava la rivalsa.
L'addestratore arrivò e, come da copione, disse: «Fammi vedere cos'hai preso, buono a nulla! Dov'è il sacco?»
Djeek attese un po' senza rispondere per gustarsi il più possibile il momento e, quando l'adulto stava per scattare verso di lui, sollevando il coperchio del cassone, disse: «Eccolo, Signore. Spero siano abbastanza.»
Kitzo cadde nello sconcerto e già si guardava intorno per trovare eventuali vie di fuga da Hork, ma fu egli stesso ad aiutarlo. Questi, infatti, colpì violentemente l'incredulo Djeek allo stomaco con un pugno, per poi rifilargli una ginocchiata in faccia. «Chi credi di fregare! Kitzo e suoi amici mi hanno riferito che ti hanno visto mentre danneggiavi la mia capanna e hai dato loro delle prede per comprarti il silenzio!» E poi, ammiccando al giovane furbastro, rincarò: «Farai tre giorni nella latrina, verme!».
Djeek aveva di nuovo perso, tuttavia la sua permanenza nel pozzo fu, sì, dura, però, non così terribile. Questo, perché poteva anche essere un debole, ma ora possedeva il Grande Verme e ciò lo rendeva pieno di orgoglio e di speranze.
Registri di Dharta Misathon (undicesimo giorno del mese quarto nell'anno 11522).
Il Santuario di Corrupto.
Quando ebbe finito di scontare la punizione, Djeek tornò alle sue mansioni. Nei giorni successivi, con l'aiuto del bastone, la caccia era diventata una passeggiata. Così, ebbe più tempo per esercitarsi a usarlo.
Aveva capito che per attivarlo, bisognava acuire i sensi, ma allo stesso lasciarsi andare quasi come per addormentarsi. Era importante, però, tenere a mente cosa si volesse ottenere: un po' come cercare di prendere sonno con lo scopo di sognare qualcosa o qualcuno di preciso. Poi, per qualche istante, aveva come l'impressione di essere il suolo stesso e, a quel punto, avveniva il controllo su di esso. Questa era la parte più difficile, si rendeva conto di poter modificare il terreno come se fosse il suo corpo, tuttavia si sentiva come un neonato che deve ancora prendere confidenza con le proprie membra e con i movimenti. Il risultato era che riuscisse a far accadere qualcosa, ma non era mai esattamente ciò che voleva ottenere. Una volta, volendo imitare l'umano, provò a evocare uno spuntone con lo scopo di infilzare una grossa tartaruga di palude. Ci riuscì parzialmente. Infatti, lo spuntone, che per fortuna non era né troppo grande né troppo duro e affilato, emerse, ma tra le sue gambe, lasciandolo senza respiro per diversi minuti.
Quello che, invece, proprio non riusciva a fare, era scagliare le pietre come se fossero proiettili: aveva persino plasmato dei sassi fino a farli assomigliare ai dardi della sua cerbottana, ma rimanevano lì, ancorati al terreno.
In quei giorni, venne nuovamente importunato da Kitzo e i suoi, ma vista l'esperienza precedente, attendeva sempre gli ultimi minuti per andare a caccia, in modo che lo trovassero sempre senza alcun ratto da sottrargli.
Girk e Gork, non ottenendo nulla da mangiare, persero presto interesse per quel passatempo e Kitzo si guardò dall'affrontarlo da solo: così, per qualche tempo, Djeek fu lasciato in pace.
Il bastone si era rivelato un ottimo strumento, non solo per far uscire i ratti allo scoperto, ma anche per scovarli: infatti, entrando in simbiosi con il suolo circostante, poteva sentire i loro passi come se si muovessero su di lui. Un giorno, proprio mentre si stava concentrando in tale operazione, avvertì dei movimenti striscianti, ma molto più pesanti. Ciò lo fece sobbalzare sul più bello e il terreno circostante si scosse insieme a lui provocando il crollo di un piccolo sperone di argilla. Nel fracasso delle zolle che impattavano l'acqua, si udì un urlo soffocato