Il Dono Del Reietto. Mario Micolucci

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Il Dono Del Reietto - Mario Micolucci

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la capanna di Hork: “Missione compiuta, tutto è andato per il meglio!” pensò soddisfatto di sé. Si versò qualche goccia del Dono sulla ferita, gli procurò un forte dolore, ma subito dopo la senti pulsare meno: non trattato in un impasto, non era del tutto efficace, ma qualche beneficio lo dava comunque. Si addormentò per svegliarsi qualche ora più tardi, prima del calare del sole. Era ancora febbricitante, ma sarebbe sicuramente sopravvissuto fino a mezzanotte per farsi medicare.

      Raggiunse il posto dell'appuntamento dove trovò Kitzo che, non avendolo visto arrivare, stava battendo con foga feroce il bastone contro una roccia. «Stupida asta! Perché non funzioni!» imprecava. Solo a quel punto Djeek capì, ma decise di stare al gioco: doveva prima riavere il suo Grande Verme, far finta di insegnargliene l'uso fino a mezzanotte e dopo essere stato curato da Griz, voltargli le spalle. Quindi, attese che il socio si ricomponesse, prima di venire allo scoperto.

      L'altro lo accolse con calore e chiese: «Allora, amico?»

      «Tutto secondo i piani. Ecco l'otre, dammi il bastone che ti faccio vedere come lo uso io, tu però dovrai aiutarmi a migliorare».

      Stavano per effettuare lo scambio, quando Kitzo notò che in lontananza, da dietro al compagno, stava arrivando Hork: doveva essersi insospettito e lo aveva seguito. Agì in un attimo, colpì l'incredulo Djeek con il bastone e gridò: «Maledetto! Cosa pensavi di fare, come hai potuto rubare il Dono dal Santuario, aspetta che lo racconti a Hork!» Quest'ultimo arrivò un istante dopo e, prima che Djeek si riavesse dalla bastonata, lo aveva già preso per il collo e sollevato da terra.

      «Signore!» intervenne Kitzo. «Questo ladruncolo...»

      «...ha rubato il Dono: ho sentito tutto!» lo interruppe l'addestratore. «E tu? Dove hai preso quel bastone?»

      «Ah, questo! Ho visto Djeek che lo estraeva da quella fessura, ho avuto una colluttazione con lui e glielo ho sottratto.» Poi, un po' riluttante, glielo porse dicendo: «Stavo giusto per consegnartelo, Signore!»

      «Ora, devo portare questa nullità al cospetto dello Sciamano. Spero che lo condanni a marcire per sempre nel ventre del Grande Verme. Poi, dovremo finire il nostro discorso» aggiunse rivolgendosi minaccioso a Kitzo. Nel frattempo Djeek, ormai cianotico, si dimenava nel tentativo di respirare.

      Registri di Dharta Misathon (undicesimo giorno del mese quarto nell'anno 11522).

      «Ora, grazie a te, mi ingrazierò lo sciamano!» Hork si trascinava dietro il povero Djeek che, lungo il tragitto, aveva subito percosse di ogni genere.

      «Spero che questo bastone abbia qualche valore» continuò mentre per diletto glielo piantava su un piede. Djeek fece per urlare, ma ricevette un altro colpo sul torace che gli troncò il respiro.

      Passarono nei pressi del vivaio, dove alcuni compagni seguivano la scena con interesse e ilarità; raggiunsero, infine, il Santuario di Corrupto nei cui pressi era stato inchiodato a un palo un goblin con un orecchio mozzato. Questi usava le ultime forze rimastegli per bestemmiare e inveire contro gli straziatori che, già, avevano iniziato ad assaporare le sue carni.

      Le guardie, nel frattempo, avevano trovato un altro passatempo: giocavano passandosi a suon di calci e lanci un cucciolo di lupo dal pelo nero. Ogni tanto, al poveretto veniva concesso un attimo di pausa, giusto per prolungargli l'agonia: questo si rialzava malfermo e provava a mostrare i denti, ma il suo tentativo di ringhio veniva subito trasformato in un nuovo guaito, poiché il pestaggio riprendeva tra risate e urla selvagge. Per i goblin, non esisteva nulla di più appagante che torturare creature indifese. Preferivano i neonati umani, ma, di qualsiasi specie esso fosse, un piccolo da seviziare era comunque una tentazione irresistibile. I lupi erano troppo importanti per poter essere uccisi, quindi non era concesso maltrattarne troppo i cuccioli, a meno che questi non facessero parte dello scarto della nidiata. Evidentemente, quel malcapitato lo era: esso sembrava avere ancora gli occhi semichiusi come i nati prematuri; dalla fisionomia doveva essere addirittura un groppalupo, ma le dimensioni erano più simili a quelle di un cucciolo di lupo. Era nato perdente ed era destinato a morire per il diletto dei più forti. Djeek sentì una morsa gelida nel cuore nel vedersi prossimo a subire un destino analogo e, quasi rassegnato, si lasciò sbattere con la faccia a terra.

      Hork, tenendolo inchiodato al suolo con il bastone, richiamò l'attenzione delle guardie: «Miei padroni, perdonatemi l'interruzione, ma ho un fatto importantissimo da riferire allo sciamano.»

      Il loro capo, Ioro, si fermò di colpo, gli altri lo imitarono in silenzio. Poi, si avvicinò lentamente all'addestratore squadrandolo: continuava a portarsi dietro il cucciolo tenendolo appeso per una zampa posteriore. I goblin non sudano, ma Hork sembrava quasi farlo, tanto era pietrificato dal terrore.

      Quando la guardia del Tempio gli arrivò vicino, lo percosse ripetutamente in faccia servendosi del lupacchiotto, quindi avvicinò le loro teste dicendo: «Dai, adesso, fate pace: datevi un bel bacetto!»

      La bestiolina, ritrovandosi con il muso schiacciato sul viso del goblin, tentò di morderlo e l'altro fece lo stesso. Poi, Ioro lanciò il cucciolo a un compagno e cominciò a ridere: gli altri lo imitarono.

      «Allora, misero lavoratore! Cosa hai da riferire di così importante da interrompere le nostre attività e da invocare, addirittura, l'intervento dello sciamano? Spero che sia come dici tu, altrimenti dovrò prenderti a calci!» Come esempio di ciò che gli avrebbe fatto, tirò una pedata sul fianco di Djeek. Il malcapitato sentì come se tutte le interiora volessero scappargli fuori dalla bocca. Le percosse di Hork, al confronto, erano carezze amorevoli.

      «Mio Signore. Ho riportato indietro questo otre che il vermiciattolo qui a terra ha riempito trafugando il Dono.» L'addestratore pesò attentamente le parole nel timore di irritarlo ulteriormente. Stava per fare riferimento al bastone, ma l'altro lo interruppe urlando: «Insolente! Vorresti asserire che noi ci saremmo fatti fregare sotto il naso da un lattante!»

      «Fammi vedere!» aggiunse adirato strappandogli di mano l'otre con irruenza.

      «Non volevo offendere, ma controlla: lì c'è il Veleno» balbettò.

      «È vero!» constatò. Ioro fece per andarsene, ma proprio mentre Hork stava per tirare un sospiro di sollievo, la guardia roteò improvvisamente su se stessa, tagliandogli di netto il collo con la sua lama. «Questo è perché non hai sorvegliato a dovere i tuoi marmocchi!»

      La testa rotolò a terra e Djeek che, ancora stentava a respirare per il colpo subito, si ritrovò faccia a faccia con il capo mozzato di Hork.

      «Non ti sembra di aver esagerato Ioro! Ora dove lo troviamo un altro addestratore? In fondo, aveva ragione: non hai vigilato bene!» intervenne una raschiante voce familiare, la voce che soleva intonare il Rituale della Nascita.

      Lo Sciamano Anziano Guro o, meglio, il Sommo Sacerdote di Corrupto era uscito dalla sua capanna piena di bizzarre decorazioni e trofei composti di ossa di varia origine. Indossava una pesante veste realizzata con pellicce di diversi colori, che quasi sommergeva la sua minuta corporatura. Come copricapo, usava la testa imbalsamata di un grosso groppalupo e, sulla spalla, poltriva un velenosissimo varano di palude. I radi e lunghi peli bianchi, oltre che la pelle secca e rugosa, ne dimostravano l'età avanzata: era, forse, l'unico vecchio del villaggio. Camminava poggiandosi a un bastone di legno marcio e aggrovigliato, sulla cui testa era appollaiato uno straziatore: il corvide era completamente spennato e la pelle nuda era stata decorata con arcani tatuaggi.

      La guardia si voltò e prese a giustificarsi con lo sciamano accaldandosi. Djeek approfittò dell'attimo per strisciare fino al bastone e afferrarlo. Entrò subito in trance, avvertì le profondità della

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