Nel Letto Dell'Alfa. Kate Rudolph
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Maya gli stava nascondendo qualcosa, ma lui si fidava di lei anche se aveva dei segreti. “L’ho ringraziata. Lei e Mel sono mie ospiti.” Proprio in quel momento Luke prese una decisione che avrebbe potuto essere anche peggio dell’aver restituito alla ladra la sua pietra, se si fosse sbagliato. “Libero Mel da ogni obbligo per i suoi crimini e per quelli dei suoi soci.”
Se ne andò prima che Maya potesse fare domande. Aveva bisogno di correre.
Uscire dalla sua stessa casa senza essere fermato non avrebbe dovuto essere un compito così difficile, ma fra vampiri, streghe e ladri ovunque, lui e i suoi leoni erano in costante e piena allerta. Eppure Luke aveva scelto il momento giusto e arrivò quindi alla foresta senza contrattempi. Si chiese se Mel si sentisse così, quando si introduceva nelle case di estranei nel cuore della notte per rubare le loro cose.
Sperava che provasse un po’ più di un semplice fastidio durante quelle incursioni. Un misto di paura ed eccitazione, la stessa sensazione che si era impossessata di lui durante la loro spedizione in Messico. Se non fosse stato per Inicio Nunca, i suoi ricordi sarebbero stati più piacevoli. Quell’uomo aveva ucciso il padre di Luke più di vent’anni prima. Per una buona riuscita della missione, lui e Mel l’avevano lasciato vivere. Un giorno, Luke gli avrebbe dato la caccia e si sarebbe vendicato. Ma non sarebbe successo quel giorno. Non sarebbe successo nemmeno molto presto.
Si spogliò dei vestiti e si accovacciò per la muta. Ma ancor prima del fremito iniziale della trasformazione, si bloccò. Non era solo in quei boschi. La sua ladra lo stava osservando. Aspettava.
Era un atto intimo trasformarsi davanti ad un’altra persona, ma sapere che Mel lo stava osservando non lo fermò. La muta fu rapida, come sempre. Un attimo prima era un uomo accovacciato a terra nella foresta, e neanche dieci secondi dopo al suo posto c’era un leone gigantesco, fatto più per le vaste distese dell’Africa subsahariana che per le foreste e le montagne nel bel mezzo degli Stati Uniti.
Eppure non c’era nessun altro posto dove avrebbe preferito essere in quel momento. Soprattutto non dopo che un magnifico leopardo era sgusciato fuori da un gruppo di alberi incrociando il suo cammino. Lei si avvicinò, sfiorando con la coda la sua criniera e lanciandosi poi in volata prima che lui potesse fermarla.
Luke non ruggì. Quella non era una sfida per il suo branco, era una cosa personale e lui non era disposto a condividere la sua compagna con nessuno. Né ora, né mai. Prima lei se ne fosse resa conto, meglio sarebbe stato.
La inseguì, spaventando una lepre nella boscaglia. Non era quella il suo obiettivo, non gli interessava, non ancora. La sua preda non era neanche lontanamente così spaurita. Dopo diversi minuti che correva senza vederla si rese conto che forse era lui, non Mel, la preda. Se pensava che lui l’avrebbe tollerato, la ladra si sbagliava di grosso.
Si immobilizzò, ascoltando il silenzio della foresta. Già un’altra volta l’aveva inseguita, ma sembrava passata una vita intera. In quel momento non c’era rabbia in lui, non nei suoi confronti. Sentì un ramo spezzarsi davanti a sé e fu sul punto di lanciarsi nuovamente, ma all’ultimo momento si fermò. La sua ladra era furba. Non si sarebbe fatta catturare in un modo così banale.
Avanzò lentamente, appiattendosi sul terreno. L’odore di Mel era dappertutto e permeava i boschi intorno a lui. Riuscì a identificare una traccia, ma scoprì che girava in tondo per poi allontanarsi in ogni direzione. Non era la prima volta che lei correva in quella foresta. Trovò una traccia più fresca e la seguì, con tutti i sensi all’erta.
In qualche modo Mel si era nascosta. Gli sembrò di percorrere chilometri, e ancora non la vedeva.
Era su un albero. Se ne accorse un attimo troppo tardi, quando lei gli piombò addosso dall’alto, colpendolo giocosamente su un fianco prima di ripartire in corsa. Questa volta Luke era in vantaggio. Era più grosso, più veloce e conosceva ogni angolo di quella foresta.
Coprì la distanza che li separava in lunghe falcate, le sue zampe macinavano terreno sotto di lui come se niente fosse. Alla fine fece un balzo, atterrando sulla schiena di Mel e immobilizzandola a terra. Lei lottò per un po’ e poi si arrese. La morse alla base del collo, non per ferirla, ma solo per dimostrarle che l’aveva catturata.
Poi corsero insieme, inseguendo altri animali nella foresta e gareggiando fra loro. Continuarono a lungo e Luke si sentì felice come non lo era mai stato da prima del loro primo incontro. Il pensiero delle sue responsabilità si ritirò in un recesso della sua mente e lui si concentrò solo sul concedersi quel tempo insieme a Mel.
Le mostrò un angolino erboso dove poterono sdraiarsi insieme; i loro corpi avevano bisogno di riposo. Posò una zampa sulla sagoma felina di Mel e sentì il suo respiro appianarsi e rilassarsi. Per una volta tutto sembrò perfetto, e si permise di dormire.
Mel si risvegliò in forma umana e rimase un po’ sconcertata dalla gigantesca zampa del leone appoggiata sul suo ventre nudo. Sentiva sulle costole il peso di quell’arto enorme ma fu cauta nel liberarsene. Lui non le avrebbe fatto del male di proposito, ma era addormentato e avrebbe potuto agire d’istinto, sventrandola prima di capire cosa stesse facendo.
Si mosse lentamente, sollevando la zampa di qualche centimetro finché non ebbe abbastanza spazio per girarsi e allontanarsi dalla portata dei suoi artigli. O almeno avrebbe avuto abbastanza spazio se lui non avesse cambiato posizione un secondo prima che lei si muovesse, schiacciandola di nuovo sotto il suo peso. Mel si lasciò sfuggire una risatina.
Il lato positivo era che la zampa di lui non era più sul suo stomaco e poteva quindi provare a svegliarlo senza rischiare ferite troppo gravi. Strofinò la testa sulla sua criniera, affondando nel calore della sua pelliccia. Si sentiva bene nonostante il freddo della sera; era meglio di una coperta gigante.
Luke ebbe un fremito accanto a lei, il pelo cominciò a ritrarsi e la sua sagoma si ridusse fino a quella di un uomo di normali dimensioni. Un uomo normale, nudo. Lui la tirò vicino a sé con braccia ormai umane e Mel si ritrovò alle prese con un problema di tipo completamente diverso.
Luke le tracciò un percorso di baci sul collo e sul profilo della mascella. “Ciao,” disse. “Dormito bene?”
“Mmm.” Lei non aveva voglia di parlare, non quando la bocca di lui poteva essere usata in modi di gran lunga migliori. Piegò la testa e catturò le labbra di Luke con le proprie, facendo guizzare la lingua nella sua bocca. Sì, così andava meglio, molto meglio. Perché si era trattenuta dal toccarlo? Sentiva che era troppo giusto, per non farlo.
Rimasero per un po’ a baciarsi, avvinghiati, prima che Mel cominciasse ad esplorare con le mani i pettorali tesi sul torace di Luke. Quell’uomo era fatto di muscoli possenti e definiti al punto che avrebbe potuto sollevare una macchina sopra la testa. Beh, avrebbe potuto farlo se si prendeva in considerazione anche la forza di un mutaforma.
Le mani di lei scesero sempre più in basso, sfiorando la prova dell’eccitazione di Luke.
Lui si rigirò e la immobilizzò sotto di sé sul terreno. In un’altra occasione lei avrebbe potuto protestare, ma in quel momento sembrava giusto così. Non si trattava di dominio, ma di contatto, di piacere. Lui interruppe il bacio, sorridendole.
“Sei bellissima,” le disse, con gli occhi accesi e il sorriso sulle labbra. “Non ho mai desiderato nessuna più di quanto desideri te.”
Una parte di Mel provò l’istinto di difendersi da quello sguardo. Se