Il Segreto Dell'Orologiaio. Jack Benton
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“Cosa…?”
La busta conteneva un bellissimo ed elaborato orologio a cucù. I delicati intagli del legno avvolgevano il quadrante centrale. Inaspettatamente, l’orologio funzionava ancora: dal nulla, un cuculo saltò fuori da una porticina posizionata sopra il numero 12, e il suo canto stanco si insidiò nelle orecchie folgorate di Slim.
2
“Si tratterrà un’altra settimana, Signor Hardy?”
La Signora Greyson, proprietaria dallo sguardo austero del Bed & Breakfast ‘Sul Lago’, stabilimento che teneva fede solamente a due dei servizi offerti dal nome, lo stava aspettando nel tetro ingresso, quando Slim varcò la porta. Raffreddato e dolorante per via del lungo viaggio e ancora spaventato da una Ford Escort dal motore completamente andato che, sbandando lungo la strada, l’aveva quasi ridotto in carne macinata, aveva sperato di evitare questa conversazione almeno fino a quando non avesse fatto una doccia.
“Non ho ancora deciso,” disse. “Posso farle sapere domani?”
“Ho solo bisogno di sapere se affittare la stanza o meno.”
Slim non aveva visto nessun’altro cliente occupare le altre stanze del B&B. Forzò un sorriso per la Signora Greyson, ma mentre le passò davanti dirigendosi verso le scale, si fermò.
“Non conosce, per caso, qualcuno da queste parti a cui possa chiedere una valutazione?”
“Valutazione? Di cosa?”
Slim alzò il polso, indicando l’orologio comprato al mercatino delle pulci un anno prima. “Pensavo di darlo in pegno,” disse. “Credo sia l’ora di prenderne uno nuovo.”
La Signora Greyson arricciò il naso. “Posso dirglielo io quanto vale. Nulla.”
Slim sorrise. “Non sto scherzando. Apparteneva a mio padre. È un cimelio di famiglia.”
La Signora Greyson scrollò le spalle, come se sapesse che stava imbastendo una bugia. “Sono sicura sarà una perdita di tempo, ma se davvero non sta scherzando, troverà qualcosa a Tavistock. C’è un mercatino ogni sabato. Vendono ogni tipo di ciarpame, senza dubbio troverà qualcuno disposto a prenderselo ad un costo simbolico.”
“Tavistock? Dove si trova?”
“Oltre Launceston, nella contea del Devon.” Disse, arricciando nuovamente il naso, come se trovarsi oltre il confine della Cornovaglia fosse il più atroce di tutti i crimini.
“Conosce un autobus che possa prendere?”
La Signora Greyson sospirò. “Perché semplicemente non affitta un’auto? Che genere di persona viene in Cornovaglia senza un’auto?”
Il genere che non ha più una patente, avrebbe voluto risponderle Slim, ma non lo fece. Quella donna aveva già abbastanza pregiudizi contro di lui senza sapere della sospensione per guida in stato di ebrezza.
“Gliel’ho detto, cerco di muovermi in maniera più sostenibile. Sto cercando di riconnettermi con il mio lato terreno.”
“Buon per lei.” E un altro sospiro. “Beh, l’orario degli autobus lo trova sulla porta della sua stanza, come le ho già detto.”
Slim non ricordava se gliel’avesse già detto o meno. Sì, c’era qualcosa sulla porta, ma era così sbiadito da essere illeggibile e probabilmente non veniva aggiornato da anni.
“Grazie,” disse, porgendo un sorriso.
“Sinceramente, non sa quanto è fortunato che abbiano creato una nuova linea che percorre il nord della Cornovaglia. Una volta, passava un autobus alla settimana per Camelford. Partiva alle due del pomeriggio ogni martedì e si doveva aspettare una settimana per tornare a casa. Rimanere a Camelford per una settimana? Per molti, un’ora è più che sufficiente.”
“Un posto niente male, dev’essere.”
La Signora Greyson non colse la nota di sarcasmo nella risposta di Slim. “Per anni hanno cercato di costruire una tangenziale. Almeno adesso gli autobus partono due volte al giorno. Blair, è stato lui, a risolvere tutto. Le cose sono peggiorate da quando sono tornati i Tory al governo. Ce l’avevano con la piscina sull’oceano di Bude, poi i bagni pubblici di—”
“La ringrazio, Signora Greyson,” disse Slim.
La Signora Greyson fece per tornare in cucina, continuando a borbottare, come se le parole le sgocciolassero da sole dalla bocca, che fungeva da rubinetto semichiuso, mentre smistava tra le mani una manciata di bollette, estratti conto e lettere. Slim stava iniziando a sperare che la conversazione fosse giunta al termine, quando la donna si fermò e si rigirò verso di lui. “Cenerà fuori stasera?”
L’unico alimentari di Penleven chiudeva alle sei e l’unico pub della città serviva da mangiare fino alle otto e trenta. Aveva appena mezz’ora per accaparrarsi un tavolo per uno, o l’alternativa erano dei noodle riscaldati e un panino al tonno, per la terza sera di fila. Tanti motivi lo stavano portando a dilungare il suo soggiorno in Cornovaglia, ma rinunciare ad una cena decente non era uno di questi.
Annuì. “Penso di sì,” disse.
“Beh, non dimentichi la sua chiave,” disse, come aveva ripetuto ogni sera fino ad allora. “Non mi alzerò nel bel mezzo della notte per farla entrare.”
3
Una volta salito nella sua stanza, attentamente curata e sorprendentemente grande per le dimensioni della struttura, Slim tirò fuori l’orologio impacchettato dallo zaino e lo tolse dalla busta di plastica.
Non ne sapeva nulla di orologi. Nel suo appartamento ne teneva solo uno, di plastica e da quattro soldi, che l’ultimo inquilino aveva lasciato lì. Per sapere l’ora, usava sempre il suo vecchio Nokia, o l’orologio da polso di turno, che di solito comprava ad un mercatino e usava fino a quando i graffi sul quadrante non gli impedivano di leggere l’ora.
L’orologio era composto da un rettangolo di legno, intagliato per sembrare una baita di montagna, con uno sporgente tetto a punta e un foro in basso, da cui mancava il pendolo. Il quadrante, con numeri romani in metallo leggermente rovinati, era contornato da incisioni e ghirigori: animali, alberi, simboli che forse rappresentavano il sole e la luna, oppure le stagioni. In un semicerchio sotto al quadrante, c’erano delle linee che sembravano raffigurare una luna inclinata verso l’alto, o forse un ferro di cavallo incompiuto. C’erano anche alcuni graffi indecifrabili. L’intero orologio era stato rivestito di una vernice spessa, che avrebbe dovuto essere levigata e lisciata per ultimarne il design.
Slim scosse la testa perplesso. Non si era mai imbattuto in un orologio fatto a mano prima d’ora. Se qualcuno aveva perso del tempo per creare qualcosa di così complesso, perché metterlo in una busta di