Decameron. Giovanni Boccaccio

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Decameron - Giovanni Boccaccio

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appartenere. E quivi, senza esser mai da alcuno conosciuto, con assai disagio e fatica dimorò lungo tempo.

      Violante, chiamata Giannetta, con la gentil donna in Londra venne crescendo e in anni e in persona e in bellezza e in tanta grazia e della donna e del marito di lei e di ciascuno altro della casa e di chiunque la conoscea, che era a vedere maravigliosa cosa; né alcuno era che a’ suoi costumi e alle sue maniere riguardasse, che lei non dicesse dovere esser degna d’ogni grandissimo bene e onore. Per la qual cosa la gentil donna che lei dal padre ricevuta avea, senza aver mai potuto sapere chi egli si fosse altramenti che da lui udito avesse, s’era proposta di doverla onorevolmente, secondo la condizione della quale stimava che fosse, maritare. Ma Idio, giusto riguardatore degli altrui meriti, lei nobile femina conoscendo e senza colpa penitenzia portar dell’altrui peccato, altramente dispose: e acciò che a mano di vile uomo la gentil giovane non venisse, si dee credere che quello che avvenne Egli per sua benignità permettesse.

      Aveva la gentil donna, con la quale la Giannetta dimorava, un solo figliuolo del suo marito, il quale e essa e ’l padre sommamente amavano, sì perché figliuolo era e sì ancora perché per vertù e per meriti il valeva, come colui che più che altro e costumato e valoroso e pro’ e bello della persona era. Il quale, avendo forse sei anni più che la Giannetta e lei veggendo bellissima e graziosa, sì forte di lei s’innamorò, che più avanti di lei non vedea. E per ciò che egli imaginava lei di bassa condizion dovere essere, non solamente non ardiva addomandarla al padre e alla madre per moglie, ma, temendo non fosse ripreso che bassamente si fosse a amar messo, quanto poteva il suo amore teneva nascoso; per la qual cosa troppo più che se palesato l’avesse lo stimolava. Laonde avvenne che per soverchio di noia egli infermò, e gravemente; alla cura del quale essendo più medici richesti e avendo un segno e altro guardato di lui e non potendo la sua infermità tanto conoscere, tutti comunemente si disperavano della sua salute. Di che il padre e la madre del giovane portavano sì gran dolore e malinconia, che maggiore non si saria potuta portare: e più volte con pietosi prieghi il domandavano della cagione del suo male, a’ quali o sospiri per risposta dava o che tutto si sentia consumare.

      Avvenne un giorno che, sedendosi appresso di lui un medico assai giovane ma in iscienza profondo molto e lui per lo braccio tenendo in quella parte dove essi cercano il polso, la Giannetta, la quale, per rispetto della madre di lui, lui sollecitamente serviva, per alcuna cagione entrò nella camera nella quale il giovane giacea. La quale come il giovane vide, senza alcuna parola o atto fare, sentì con più forza nel cuore l’amoroso ardore, per che il polso più forte cominciò a battergli che l’usato: il che il medico sentì incontanente e maravigliossi, e stette cheto per vedere quanto questo battimento dovesse durare. Come la Giannetta uscì della camera, e il battimento ristette: per che parte parve al medico avere della cagione della infermità del giovane; e stato alquanto, quasi d’alcuna cosa volesse la Giannetta adomandare, sempre tenendo per lo braccio lo ’nfermo, la si fé chiamare, al quale ella venne incontanente: né prima nella camera entrò che battimento del polso ritornò al giovane e, lei partita, cessò.

      Laonde, parendo al medico avere assai piena certezza, levatosi e tratti da parte il padre e la madre del giovane, disse loro: «La sanità del vostro figliuolo non è nell’aiuto de’ medici, ma nelle mani della Giannetta dimora, la quale, sì come io ho manifestamente per certi segni conosciuto, il giovane focosamente ama, come che ella non se ne accorge, per quello che io vegga. Sapete omai che a fare v’avete, se la sua vita v’è cara.»

      Il gentile uomo e la sua donna questo udendo furon contenti, in quanto pure alcun modo si trovava al suo scampo, quantunque loro molto gravasse che quello, di che dubitavano, fosse desso, cioè di dover dare la Giannetta al loro figliuolo per isposa.

      Essi adunque, partito il medico, se n’andarono allo ’nfermo: e dissegli la donna così: «Figliuol mio, io non avrei mai creduto che da me d’alcun tuo disidero ti fossi guardato, e spezialmente veggendoti tu, per non aver quello, venir meno: per ciò che tu dovevi esser certo e dèi che niuna cosa è che per contentamento di te far potessi, quantunque meno che onesta fosse, che io come per me medesima non la facessi. Ma poi che pur fatta l’hai, è avvenuto che Domenedio è stato misericordioso di te più che tu medesimo, e acciò che tu di questa infermità non muoi m’ha dimostrata la cagione del tuo male, la quale niuna altra cosa è che soperchio amore il quale tu porti a alcuna giovane, qual che ella si sia. E nel vero di manifestar questo non ti dovevi tu vergognare, per ciò che la tua età il richiede: e se tu innamorato non fossi, io ti riputerei da assai poco. Adunque, figliuol mio, non ti guardare da me, ma sicuramente ogni tuo disidero mi scuopri; e la malinconia e il pensiero, il quale hai e dal quale questa infermità procede, gitta via e confortati e renditi certo che niuna cosa sarà per sodisfacimento di te che tu m’imponghi, che io a mio poter non faccia, sì come colei che te più amo che la mia vita. Caccia via la vergogna e la paura, e dimmi se io posso intorno al tuo amore adoperare alcuna cosa. E se tu non truovi che io a ciò sia sollecita e a effetto tel rechi, abbimi per la più crudel madre che mai partorisse figliuolo.»

      Il giovane, udendo le parole della madre, prima si vergognò; poi, seco pensando che niuna persona meglio di lei potrebbe al suo piacer sodisfare, cacciata via la vergogna così le disse: «Madama, niuna altra cosa mi v’ha fatto tenere il mio amor nascoso quanto l’essermi nelle più delle persone avveduto che, poi che attempati sono, d’essere stati giovani ricordar non si vogliono. Ma poi che in ciò discreta vi veggio, non solamente quello, di che dite vi siete accorta, non negherò esser vero, ma ancora di cui vi farò manifesto: con cotal patto, che effetto seguirà alla vostra promessa a vostro potere, e così mi potrete aver sano.»

      Al quale la donna, troppo fidandosi di ciò che non le doveva venir fatto nella forma nella quale già seco pensava, liberamente rispose che sicuramente ogni suo disidero l’aprisse, ché ella senza alcuno indugio darebbe opera a fare che egli il suo piacere avrebbe.

      «Madama,» disse allora il giovane «l’alta bellezza e le laudevoli maniere della nostra Giannetta e il non poterla fare accorgere, non che pietosa, del mio amore e il non avere ardito mai di manifestarlo a alcuno m’hanno condotto dove voi mi vedete; e se quello che promesso m’avete o in un modo o in un altro non segue, state sicura che la mia vita fia brieve.»

      La donna, a cui più tempo da conforto che da riprensioni parea, sorridendo disse: «Ahi! figliuol mio, dunque per questo t’hai tu lasciato aver male? Confortati e lascia fare a me, poi che guarito sarai.»

      Il giovane, pieno di buona speranza, in brevissimo tempo di grandissimo miglioramento mostrò segni: di che la donna contenta molto si dispose a voler tentare come quello potesse oservare il che promesso avea. E chiamata un dì la Giannetta per via di motti assai cortesemente la domandò se ella avesse alcuno amadore.

      La Giannetta, divenuta tutta rossa, rispose: «Madama, a povera damigella e di casa sua cacciata, come io sono, e che all’altrui servigio dimori, come io fo, non si richiede né sta bene l’attendere a amore.»

      A cui la donna disse: «E se voi non l’avete, noi ve ne vogliamo donare uno, di che voi tutta giuliva viverete e più della vostra biltà vi diletterete, per ciò che non è convenevole che così bella damigella, come voi siete, senza amante dimori.»

      A cui la Giannetta rispose: «Madama, voi dalla povertà di mio padre togliendomi come figliuola cresciuta m’avete, e per questo ogni vostro piacere far dovrei: ma in questo io non vi piacerò già, credendomi far bene. Se a voi piacerà di donarmi marito, colui intendo io d’amare ma altro no; per ciò che della eredità de’ miei passati avoli niuna cosa rimasa m’è se non l’onestà, quella intendo io di guardare e di servare quanto la vita mi durerà.»

      Questa parola parve forte contraria alla donna a quello a che di venire intendea per dovere al figliuolo la promessa servare, quantunque, sì come savia donna, molto seco medesima ne commendasse la damigella; e disse: «Come, Giannetta, se monsignor lo re, il quale è giovane cavaliere, e tu se’ bellissima damigella, volesse del tuo amore alcun piacere, negherestigliele tu?»

      Alla

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