Decameron. Giovanni Boccaccio

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Decameron - Giovanni Boccaccio

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dama, comprendendo qual fosse l’animo di lei, lasciò star le parole e pensossi di metterla alla pruova; e così al figliuolo disse di fare, come guarito fosse, di metterla con lui in una camera e ch’egli s’ingegnasse d’avere di lei il suo piacere, dicendo che disonesto le pareva che essa, a guisa d’una ruffiana, predicasse per lo figliuolo e pregasse la sua damigella. Alla qual cosa il giovane non fu contento in alcuna guisa e di subito fieramente peggiorò. Il che la donna veggendo, aperse la sua intenzione alla Giannetta. Ma più constante che mai trovandola, raccontato ciò che fatto aveva al marito, ancora che grave loro paresse, di pari consentimento diliberarono di dargliele per isposa, amando meglio il figliuolo vivo con moglie non convenevole a lui che morto senza alcuna; e così, dopo molte novelle, fecero. Di che la Giannetta fu contenta molto e con divoto cuore ringraziò Idio che lei non avea dimenticata: né per tutto questo mai altro che figliuola d’un piccardo si disse. Il giovane guerì e fece le nozze più lieto che altro uomo e cominciossi a dar buon tempo con lei.

      Perotto, il quale in Gales col maliscalco del re d’Inghilterra era rimaso, similmente crescendo venne in grazia del signor suo e divenne di persona bellissimo e pro’ quanto alcuno altro che nell’isola fosse, in tanto che né in tornei né in giostre né in qualunque altro atto d’arme niuno v’era nel paese che quello valesse che egli; per che per tutto, chiamato da loro Perotto il piccardo, era conosciuto e famoso. E come Idio la sua sorella dimenticata non avea, così similmente d’aver lui a mente dimostrò: per ciò che, venuta in quella contrada una pistilenziosa mortalità, quasi la metà della gente di quella se ne portò, senza che grandissima parte del rimaso per paura in altre contrade se ne fuggirono, di che il paese tutto pareva abandonato. Nella quale mortalità il maliscalco suo signore e la donna di lui e un suo figliuolo e molti altri e fratelli e nepoti e parenti tutti morirono, né altro che una damigella già da marito di lui rimase e con alcuni altri famigliari Perotto. Il quale, cessata alquanto la pestilenza, la damigella, per ciò che prod’uomo e valente era, con piacere e consiglio d’alquanti pochi paesani vivi rimasi per marito prese, e di tutto ciò che a lei per eredità scaduto era il fece signore; né guari di tempo passò che, udendo il re d’Inghilterra il maliscalco esser morto e conoscendo il valor di Perotto il piccardo, in luogo di quello che morto era il substituì e fecelo suo maliscalco. E così brievemente avvenne de’ due innocenti figliuoli del conte d’Anguersa da lui per perduti lasciati.

      Era già il diceottesimo anno passato poi che il conte d’Anguersa fuggito di Parigi s’era partito, quando a lui dimorante in Irlanda, avendo in assai misera vita molte cose patite, già vecchio veggendosi, venne voglia di sentire, se egli potesse, quello che de’ figliuoli fosse adivenuto. Per che, del tutto della forma della quale esser solea veggendosi trasmutato e sentendosi per lo lungo essercizio più della persona atante che quando giovane in ozio dimorando non era, partitosi assai povero e male in arnese da colui col quale lungamente era stato, se ne venne in Inghilterra e là se ne andò dove Perotto avea lasciato; e trovò lui essere maliscalco e gran signore, e videlo sano e atante e bello della persona: il che gli aggradì forte ma farglisi cognoscere non volle infino a tanto che saputo non avesse della Giannetta. Per che, messosi in cammino, prima non ristette che in Londra pervenne: e quivi, cautamente domandato della donna alla quale la figliuola lasciata avea e del suo stato, trovò la Giannetta moglie del figliuolo, il che forte gli piacque e ogni sua avversità preterita reputò piccola, poi che vivi aveva ritrovati i figliuoli e in buono stato. E disideroso di poterla vedere, cominciò come povero uomo a ripararsi vicino alla casa di lei; dove un giorno veggendol Giachetto Lamiens, che così era chiamato il marito della Giannetta, avendo di lui compassione per ciò che povero e vecchio il vide, comandò a uno de’ suoi famigliari che nella sua casa il menasse e gli facesse dare da mangiar per Dio. Il che il famigliare volentier fece.

      Aveva la Giannetta avuti di Giachetto già più figliuoli, de’ quali il maggiore non avea oltre a otto anni, e erano i più belli e i più vezzosi fanciulli del mondo; li quali, come videro il conte mangiare, così tutti quanti gli fur dintorno e cominciarongli a far festa, quasi da occulta virtù mossi avesser sentito costui loro avolo essere. Il quale, suoi nepoti cognoscendoli, cominciò loro a mostrare amore e a far carezze: per la qual cosa i fanciulli da lui non si volean partire, quantunque colui che al governo di loro attendea gli chiamasse. Per che la Giannetta, ciò sentendo, uscì d’una camera e quivi venne là dove era il conte e minacciogli forte di battergli se quello che il lor maestro volea non facessero. I fanciulli cominciarono a piagnere e a dire ch’essi volevano stare appresso a quel prod’uomo, il quale più che il lor maestro gli amava: di che e la donna e ’l conte si rise. Erasi il conte levato, non miga a guisa di padre ma di povero uomo, a fare onore alla figliuola sì come a donna, e maraviglioso piacere veggendola avea sentito nell’animo; ma ella né allora né poi il conobbe punto, per ciò che oltre modo era trasformato da quello che esser soleva, sì come colui che vecchio e canuto e barbuto era, e magro e bruno divenuto, e più tosto un altro uomo pareva che il conte. E veggendo la donna che i fanciulli da lui partire non si voleano, ma volendonegli partir piangevano, disse al maestro che alquanto gli lasciasse stare.

      Standosi adunque i fanciulli col prod’uomo, avvenne che il padre di Giachetto tornò e dal maestro loro sentì questo fatto: per che egli, il quale a schifo avea la Giannetta, disse: «Lasciagli star con la mala ventura che Dio dea loro, ché essi fanno ritratto da quello onde nati sono: essi son per madre discesi di paltoniere, e per ciò non è da maravigliarsi se volentier dimoran co’ paltonieri.»

      Queste parole udì il conte e dolfergli forte; ma pure nelle spalle ristretto, così quella ingiuria sofferse come molte altre sostenute n’avea. Giachetto, che sentita aveva la festa che i figliuoli al prod’uomo, cioè al conte, facevano, quantunque gli dispiacesse, nondimeno tanto gli amava, che avanti che piagner gli vedesse comandò che, se ’l prod’uomo a alcun servigio là entro dimorar volesse, che egli vi fosse ricevuto. Il quale rispose che vi rimanea volentieri, ma che altra cosa far non sapea che attendere a’ cavalli, di che tutto il tempo della sua vita era usato. Assegnatoli adunque un cavallo, come quello governato avea, al trastullare i fanciulli intendea.

      Mentre che la fortuna, in questa guisa che divisata è, il conte d’Anguersa e i figliuoli menava, avvenne che il re di Francia, molte triegue fatte con gli alamanni, morì, e in suo luogo fu coronato il figliuolo, del quale colei era moglie per cui il conte era stato cacciato. Costui, essendo l’ultima triegua finita co’ tedeschi, rincominciò asprissima guerra: in aiuto del quale, sì come nuovo parente, il re d’Inghilterra mandò molta gente sotto il governo di Perotto suo maliscalco e di Giachetto Lamiens, figliuolo dell’altro maliscalco: col quale il prod’uomo, cioè il conte, andò, e senza essere da alcuno riconosciuto dimorò nell’oste per buono spazio a guisa di ragazzo; e quivi, come valente uomo, e con consigli e con fatti, più che a lui non si richiedea, assai di bene adoperò.

      Avvenne durante la guerra che la reina di Francia infermò gravemente; e conoscendo ella se medesima venire alla morte, contrita d’ogni suo peccato divotamente si confessò dall’arcivescovo di Ruem, il quale da tutti era tenuto un santissimo e buono in uomo, e tra gli altri peccati gli narrò ciò che per lei a gran torto il conte d’Anguersa ricevuto avea. Né solamente fu a lui contenta di dirlo, ma davanti a molti altri valenti uomini tutto come era stato riraccontò, pregandogli che col re operassono che ’l conte, se vivo fosse, e se non, alcun de’ suoi figliuoli, nel loro stato restituiti fossero: né guari poi dimorò che, di questa vita passata, onorevolmente fu sepellita.

      La quale confessione al re raccontata, dopo alcun doloroso sospiro delle ingiurie fatte al valente uomo a torto, il mosse a fare andare per tutto lo essercito, e oltre a ciò in molte altre parti, una grida: che chi il conte d’Anguersa o alcuno de’ figliuoli gli rinsegnasse, maravigliosamente da lui per ognuno guiderdonato sarebbe, con ciò fosse cosa che egli lui per innocente di ciò per che in essilio andato era l’avesse per la confessione fatta dalla reina, e nel primo stato e in maggiore intendeva di ritornarlo. Le quali cose il conte in forma di ragazzo udendo e sentendo che così era il vero, subitamente fu a Giachetto e il pregò che con lui insieme fosse con Perotto, per ciò che egli voleva loro mostrare ciò che il re andava cercando.

      Adunati adunque tutti e tre

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