Senilità. Italo Svevo
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– Questa cena di vitelli – disse il Balli con la bocca piena guardando in faccia gli altri tre – non è precisamente una cosa molto armonica. Voi due stonate insieme; tu nero come il carbone, ella bionda come una spiga alla fine di Giugno, sembrate messi insieme da un pittore accademico. Noi due poi si potrebbe metterci sulla tela col titolo: Granatiere con moglie ferita.
Con sentimento molto giusto, Margherita disse: – Non si va mica insieme per farsi vedere dagli altri. – Il Balli, serio e brusco anche in quell’atto affettuoso, le diede in premio un bacio sulla fronte.
Angiolina, con un pudore nuovo, s’era messa a contemplare il soffitto. – Non faccia la schizzinosa, – le disse il Balli corrucciato. – Come se voi due non faceste di peggio.
– Chi lo dice? – chiese Angiolina subito minacciosa verso Emilio
– Io no – protestò poco felicemente il Brentani.
– E che cosa fate insieme tutte le sere? Io non lo vedo mai dunque è con lei ch’egli passa le sue serate. Ha da capitargli anche l’amore, in quella verde età! Addio bigliardo, addio passeggiate. Io resto lì solo ad aspettarlo o bisogna m’accontenti del primo imbecille che mi viene per i versi. Ci eravamo trovati tanto bene insieme! Io, la persona più intelligente della città e lui la quinta, perché dopo di me vi sono tre posti vuoti e subito al prossimo c’è lui.
Margherita, che in seguito a quel bacio aveva riacquistata tutta la sua serenità, ebbe per Emilio un’occhiata affettuosa – Davvero! Mi parla continuamente di lei. Le vuole molto bene
Invece ad Angiolina parve che la quinta intelligenza della città fosse poca cosa, e conservò tutta la sua ammirazione per chi ne era la prima. – Emilio mi ha raccontato ch’ella canta tanto bene. Canti un po’. L’udrei tanto volentieri.
– Non mi mancherebbe altro. Dopo di cena io riposo. Ho la digestione difficile come quella di un serpente.
Margherita sola intuì lo stato d’animo di Emilio. I suoi occhi, posandosi su Angiolina, divennero serii; poi si rivolse ad Emilio, si dedicò a lui, ma per parlargli di Stefano: – Talvolta è brusco, certo, ma non sempre, e anche quando lo è non incute spavento. Si fa quello che vuole lui, perché gli si vuol bene. Poi, sempre a voce bassa, modulata dolcemente, ella disse: Un uomo che pensa è tutt’altra cosa di quelli che non pensano. – Si capiva che parlando di quegli altri, pensava a gente in cui s’era imbattuta ed egli, distratto per un istante dal suo doloroso imbarazzo, la guardò con compassione. Ella aveva ragione d’amare negli altri le qualità che le giovavano; da sola, così dolce e debole, non si sarebbe potuta difendere.
Ma il Balli si ricordò di nuovo di lui: – Come sei ammutolito! – Poi, rivolto ad Angiolina, chiese: – E sempre così nelle lunghe sere che passate insieme?
Ella che pareva dimentica dei suoi inni d’amore, disse con malumore: – E un uomo serio.
Il Balli ebbe la buona intenzione di risollevarlo: ne tessé la biografia caricandola: – Come bontà è lui il primo ed io il quinto. E il solo maschio col quale io abbia saputo andar d’accordo. E il mio alter ego, il mio altro io, pensa come me, e… è sempre del mio parere quando io subito non so essere del suo. – All’ultima frase aveva dimenticato il proposito col quale aveva cominciato a parlare e, di buon umore, schiacciava Emilio sotto il peso della propria superiorità. Quest’ultimo non seppe far altro che comporre la bocca ad un sorriso.
Poi sentì che sotto quel sorriso doveva essere ben facile d’indovinare uno sforzo e, per simulare meglio disinvoltura, volle parlare. S’era discorso, – egli non sapeva neppure da chi, – di far posare Angiolina per una figura che il Balli ideava. Egli era d’accordo: – Si tratta già di copiare la sola testa – disse ad Angiolina come se non avesse saputo che ella avrebbe accordato anche di più. Ma ella, senza interpellarlo, mentre egli era stato distratto dai discorsi di Margherita, aveva già accettato, e, bruscamente, interruppe le parole di Emilio, che, per nulla spontanee, s’erano disposte in una perorazione fuori di luogo, esclamando: – Ma se ho già accettato.
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