Gli ultimi flibustieri. Emilio Salgari
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Читать онлайн книгу Gli ultimi flibustieri - Emilio Salgari страница 3
– Che cosa? – chiese il guascone.
– Puoi mandarli via?
– Se non andranno con le buone li manderò fuori a pedate – rispose il terribile taverniere. – Il fitto lo pago io e non loro, corpo d’un tuono secco!…
S’avviò verso il tavolino occupato dai tranquilli bevitori ed indicando loro la porta con un gesto tragico, disse:
– Mia moglie sta male ed ha bisogno di riposo. Andatevene subito senza pagamento. Il mezcal che avete bevuto ve lo regalo.
I meticci si guardarono l’un l’altro, un po’ stupefatti certamente, poiché proprio in quel momento la graziosa castigliana, invece di giacere su un letto, usciva dalla cantina reggendo fra le robuste braccia un gran paniere pieno di bottiglie polverose.
Lieti però di aver bevuto senza sborsare una piastra, si alzarono, levandosi i vecchi e sfilacciati sombreros, e se ne andarono senza protestare, quantunque al di fuori la pioggia continuasse ad infuriare.
– Moglie mia, – disse don Barrejo. – Ho l’altissimo onore di presentarti il signor Buttafuoco, un autentico gentiluomo francese e quella vecchia pelle, che tu hai già conosciuto, di Mendoza.
“Abbracciali pure: io non sono geloso di questi uomini.”
La bella taverniera depose il paniere e diede quattro grossi baci sulle gote degli amici del marito, senza che questi inarcasse le sopracciglia.
– Ora, moglie mia, chiudi la porta e sprangala, – disse il taverniere. – Oggi non si riceve nessuno, perché vi è festa in famiglia.
– Sí Pepito.
– Pepito!… – esclamò Mendoza. – Sei diventato un pollo, un pappagallo, un gallo, un toro…
– Mia moglie, vedi, ha una vera mania, – rispose il guascone.
– Quando è di buon umore, si ostina a chiamarmi Pepito.
– Pi… pi… pi… – fece Mendoza, ridendo.
– To… to… to… – Completò il guascone, levando dal paniere una bottiglia ricoperta di ragnatele. – Beviamo ora e poi mi direte per quale caso strano vi trovate in Panama. Il signor conte di Ventimiglia non deve essere estraneo a questa visita.
– Certo, e anche…
Mendoza si era bruscamente interrotto e si era alzato, guardando verso la porta.
– La mignatta, – disse, rivolgendosi al Buttafuoco. – Panchita, non chiudere la porta. Aspettiamo un altro amico.
– Chi è? – chiese don Barrejo.
– Non lo sappiamo ancora, però, dal modo con cui storpia le parole, io lo crederei un olandese o un fiammingo.
– E che cosa vuole da voi?
– Da quando siamo giunti a Panama quell’uomo misterioso ci si è appiccicato ai fianchi e ci segue dovunque andiamo, pagandoci anche delle buone bottiglie, colla migliore gentilezza del mondo.
– Meno male: non si trovano sempre delle persone generose, – disse il taverniere empiendo i bicchieri. – Vorrei però sapere perché vi segue con tanta ostinazione.
– Io non credo che sia una spia, – disse Buttafuoco.
– E non avete trovata ancora l’occasione di sbarazzarvi di quel signore? Tu, Mendoza, hai sempre avuto la mano lesta.
– Non hai mai potuto incontrarlo di sera e solo.
– Credi che finisca per entrare?
– Certamente, compare.
– Allora vedremo se sarà capace di uscire di qui. Ho ricevuto stamane una botte contenente dieci ettolitri di Alicante, e capace di contenere un uomo per quanto sia grosso.
– Che cosa vorresti fare? – chiese Mendoza.
– Farlo sparire dentro quella botte, cosí l’Alicante acquisterà un sapore di piú.
Mendoza, che stava in quel momento gustando l’eccellente Xeres del taverniere, sputò via tutto il vino che aveva in bocca, facendo una brutta smorfia.
– Ah!… Cane d’un taverniere!… – gridò, fingendosi stomacato. – Ci offre del vino dove ha conservato dei morti!…
Don Barrejo scappò via, tenendosi il ventre, mentre il bravo biscaglino approfittava del momento per afferrare la bottiglia che gli stava dinanzi e per vuotarla in tre tempi.
In quel momento l’uomo misterioso ripassò dinanzi alla porta della taverna e si soffermò a guardare dentro.
– Eccolo, – disse Buttafuoco. – In guardia, Mendoza.
– La botte è pronta, – rispose il biscaglino ridendo. – Si conserverà magnificamente là dentro, ma io, per paura che don Barrejo mi offra di quell’Alicante, non metterò poi piú i piedi nella taverna d’El Moro.
“Questi osti meriterebbero di venire appiccati.”
La bella castigliana, vedendo lo sconosciuto mettere la mano sulla maniglia, fu pronta ad aprire la porta, dicendo:
– Entrate, señor: il vino è eccellente alla taverna d’El Moro.
L’uomo misterioso, che grondava acqua da tutte le parti, si fece innanzi e si tolse il feltro adorno d’una vecchia penna, dicendo:
– Pona sera, signori: io averfi cercato tutta mattina.
Era un individuo fra i trenta ed i quarant’anni, magro come il guascone, colla carnagione bianchissima, i capelli biondissimi, anzi quasi bianchi e gli occhi azzurri.
Nel suo insieme inspirava una certa ripulsione, quantunque potesse benissimo darsi che fosse un galantuomo.
Mendoza e Buttafuoco avevano risposto al saluto, poi il primo si era affrettato a dire:
– Scusate, signore, se non ci avete trovati al solito albergo. La pioggia ci ha sorpresi lungo la via e ci siamo rifugiati qui, dove l’ostessa è amabilissima, l’oste un brav’uomo ed il vino squisitissimo.
– Foi permettere a me di tenerfi compagnia?
– Con tutto il piacere, – disse Buttafuoco.
L’uomo misterioso si levò il cappello ed il mantello che erano alla lettera inzuppati, mostrando una draghinassa ed uno di quei pugnali chiamati misericordie.
Don Barrejo si era messo a girare e rigirare attorno al tavolo, fissando quell’individuo sospetto.
Quella curiosità però non parve andare troppo a sangue al fiammingo, poiché volgendosi d’un colpo verso il guascone, gli chiese con tono un po’ piccato:
– Foi folete qualche cosa da me?
– Niente