Gli ultimi flibustieri. Emilio Salgari

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Gli ultimi flibustieri - Emilio Salgari

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style="font-size:15px;">      – Sono molto ricco.

      – E per questo vi divertite a pagare da bere alle persone che vi sono simpatiche, – disse Mendoza, ironicamente. – Compare Arnoldo, non saremo noi che berremmo queste frottole. Sapete come si chiamano nel mio paese le persone che s’attaccano alle altre, come tante mignatte, senza perderle mai di vista?

      – Calantuomini.

      – No, compare Arnoldo, le chiamano spie.

      Il fiammingo prese un bicchiere colmo e lo vuotò lentamente, certo per nascondere la sua emozione.

      – Spie, – disse poi. – Io mai afer fatto questo prutto mestiere.

      – Eppure vi ripeto che voi dovete essere la spia di qualche pezzo grosso di Panama: del marchese di Montelimar per esempio.

      Il bicchiere sfuggí dalle mani del fiammingo e si ruppe con fracasso.

      – Ohé, messer Arnoldo, vi piglia male? – chiese don Barrejo.

      – Siete piú giallo d’un limone. Volete che vi faccia preparare da mia moglie della camomilla?

      Il fiammingo ebbe uno scatto d’ira.

      – Taferniere della malora, occupati del tuo fino tu!… – gridò.

      – In questo momento le mie botti non hanno affatto bisogno di me, quindi posso prendermi la libertà di scambiare due chiacchiere anch’io.

      – Ebbene, mastro Arnoldo, – proseguí l’implacabile Mendoza. – Perché, quando ho pronunciato il nome del marchese di Montelimar, le vostre mani sono state prese da un tremito? Vedete bene che la tazza l’avete spezzata.

      – Io pagarla.

      – Il padrone d’El Moro è generoso e non vi farà pagare niente. Non approfittate però della rottura del bicchiere per cambiare discorso.

      “Ditemi invece come e dove m’ha veduto il marchese di Montelimar e come ha fatto a riconoscermi, dopo sei anni che manco da Panama.”

      – Non conoscere marchese di Montelimar, – disse il fiammingo asciugandosi la fronte che appariva bagnata di grosse stille di sudore.

      – Ah!… Non volete dirmelo!… – gridò Mendoza. – Vi avverto che quel signor lí, che non parla mai, è uno dei piú famosi bucanieri di Sandomingo, e che io non sono affatto un negoziante di muli, bensí un filibustiere che ne ha fatte di tutti i colori con David e con Raveneau de Lussan.

      – Quest’uomo sta male!… – esclamò don Barrejo. – Presto, Panchita, prepara una tazza di camomilla pel signore.

      “Gli farà molto bene.”

      Infatti pareva che il fiammingo fosse lí lí per svenire, tanto era pallido e disfatto.

      – Non vedete che vi tradite? – gridò Mendoza. – O vi decidete a parlare o vi caccio in gola tutta la vostra misericordia.

      – Aspetta che abbia almeno bevuta la camomilla, – disse don Barrejo, ridendo.

      – Confessate: lo conoscete il marchese di Montelimar, si o no?

      È inutile che vi ostiniate a negare ancora.

      Arnoldo fece finalmente col capo un cenno affermativo.

      – Finalmente!… – esclamò il biscaglino, mentre Buttafuoco, per dimostrare la sua soddisfazione, tracannava due bicchieri, uno dietro l’altro.

      – Messer Arnoldo, bevete una goccia anche voi di questo vecchio Xeres, che si dice sia stato imbottigliato nientemeno che da papà Noè, – disse il guascone porgendogli un altro bicchiere. – Vi darà un po’ d’animo e vi rimetterà in gambe, ve l’assicura un vecchio taverniere.

      Messer Arnoldo, quantunque fosse completamente ubbriaco, non rifiutò il consiglio. Aveva ben bisogno, dopo tante emozioni e tante angosce, di rimettersi un po’.

      – Quando mi ha veduto? – riprese Mendoza.

      – Tre giorni fa, – rispose il fiammingo.

      – Tu sei dunque uno dei suoi confidenti, per sapere queste cose.

      Il fiammingo crollò il capo senza rispondere.

      – Dove? – continuò Mendoza, con voce minacciosa.

      – Sulle calate del porto.

      – Corpo d’un archibugio!… – esclamò il biscaglino, dandosi un paio di pugni sulla testa. – Ed io non mi sono accorto della sua presenza!..

      – Ti avevo detto di non mostrarti nei luoghi troppo frequentati, – disse Buttafuoco.

      – Sono trascorsi sei anni.

      – Si vede che non sei troppo cambiato, compare, e che sei rimasto sempre giovane, – disse don Barrejo. – Che uomo fortunato!

      Mendoza si accingeva a riprendere l’interrogatorio e s’avvide che il fiammingo si era abbandonato sulla sedia, lasciando penzolare le sue lunghissime braccia fino quasi a toccare il suolo.

      – Che sia morto? – si chiese.

      – È briaco fradicio, – disse il guascone, il quale si era avvicinato. – Oh!… Me ne intendo io di sbornie!… Quest’uomo, mio caro, non potrà sciogliere la sua lingua prima di ventiquattro ore.

      – Lasciamolo pure a digerire il suo vino e facciamo quattro chiacchiere fra noi. Ti dobbiamo delle spiegazioni, don Barrejo.

      – Le sospiro da tre ore, – rispose il taverniere.

      – Te le avremmo già date, senza la comparsa di questa mignatta.

      – Una parola, prima, Mendoza, – disse Buttafuoco. – Come avevi fatto a sapere che questo fiammingo era una spia del marchese di Montelimar?

      – Io ne sapevo quanto voi, signor Buttafuoco. Avevo avuto semplicemente un vago sospetto ed ho pronunciato il nome del marchese, cosí a caso.

      – Ed hai indovinato subito! – esclamò don Barrejo. – L’ho sempre detto io che tu eri un uomo meraviglioso.

      “Ora dammi le spiegazioni promessemi. Sono curioso di sapere il perché siete venuti a trovarmi e vi siete ricordati che in America esisteva un bravo guascone e fedelissimo amico.

      “In questa faccenda deve entrarci il figlio del Corsaro Rosso.”

      – O meglio sua sorella, – disse Mendoza.

      – Chi? La figlia del Gran Cacico del Darien!…

      – L’abbiamo condotta qui, noi.

      – È qui la señorita!… Quale imprudenza! Se il marchese di Montelimar riuscisse a scoprirla, non la lascerebbe piú libera.

      – Oh!… Abbiamo prese le nostre precauzioni, amico, L’abbiamo nascosta in una posada tenuta da un amico del signor Buttafuoco, un vecchio bucaniere anche lui, che trova piú utile ora fare l’albergatore

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