I Corsari delle bermude. Emilio Salgari
Чтение книги онлайн.
Читать онлайн книгу I Corsari delle bermude - Emilio Salgari страница 5
«Quante volte ho guidato le barche dei contrabbandieri! E quante volte, durante la guerra, ho dato la caccia alle orde spagnuole fino in mezzo al mare di Biscaglia!».
«Avevo venticinque anni e spadroneggiavo la Manica col mio Tuonante, che avevo armato a mie spese e che batteva colori di Francia. Un giorno, mentre riposavo nel mio castelluccio, di ritorno da una lunga crociera, venne a trovarmi un gentiluomo inglese incaricato di rimettermi documenti da parte del marchese d’Halifax».
«Fino allora ben poco avevo saputo intorno a mio padre ed ignoravo che avesse avuto un figlio dalla sua prima moglie, la duchessa d’Argyle. Il marchese mi rimetteva la mia nomina di baronetto inglese, sotto il nome di William. Mac Lellan, firmata dal Re d’Inghilterra, come mio padre ne aveva espresso il desiderio nel suo testamento, e nel medesimo tempo m’invitava a lasciare la marina francese e raggiungerlo nel suo castello d’Alstal, situato in un’isola delle Ebridi. Fino allora avevo creduto di avere nelle mie vene sangue puramente francese».
«Mio fratello, arrivato che fui nel vecchio castello dei duchi d’Argyle, mi fece comprendere che, non dovevo portare le armi contro il paese di mio padre».
«La mia fama di fortunato corsaro era già notissima in Inghilterra e la mia corvetta era ben conosciuta su quelle coste. Acconsentii a non ritornare mai più in Francia per riprendere le armi contro la mia nuova patria, e mi rimisi in mare sotto la bandiera inglese.
«Passarono alcuni anni, e durante le tempeste invernali, che battevano i fianchi delle Ebridi con una furia formidabile, ritornavo al mio nido, al castello d’Argyle, la cui baia era profonda e sicura. Appunto durante uno di quei ritorni conobbi Mary di Wentwort, una gentildonna scozzese imparentata ai duchi di Fife e di Lorme, le due più alte nobiltà dell’Inghilterra settentrionale. Vederla ed amarla fu per me una sola cosa. Mi sapeva corsaro intrepido e mi amò».
«Il marchese d’Halifax, come seppi poi, aveva già messo gli occhi su quella pallida perla del nord. Egli credeva che il bastardo non potesse competere con lui. Invece il corsaro vinse e fu deciso il nostro matrimonio. Ignoravo allora che mio fratello, fratello per modo di dire, amasse alla follia la fanciulla.
«Tutto era pronto per il matrimonio, poiché Mary Wentwort mi aveva giurato, di fronte al mare, durante le notti di luna, il suo amore».
«Ah! quella notte!… Abbracciati sotto il raggio della luna che sorgeva sull’orizzonte, ascoltavamo il ritmo sonoro delle onde. Voi, colonnello, non siete mai stato marinaio e non potete comprendere la grande poesia del mare. È una musica divina».
Sir William, il quale pareva in preda ad una grande eccitazione, si era bruscamente fermato, poi fece, un gesto largo, piantò la sinistra sulla sua sciabola d’abbordaggio, e riprese, con voce rotta di quando in quando da un singhiozzo:
– Ero partito per Edimburgo, dove volevo acquistare gioielli per colei che doveva diventare la mia sposa. Non l’avessi mai fatto! Quel viaggio, durato appena una settimana, spezzò la mia vita.
– Perché? – domandò il colonnello Moultrie.
– Perché quei sette giorni bastarono al marchese d’Halifax per compiere il più infame tradimento.
Si era nuovamente interrotto.
– Signor Howard, – disse con voce rauca – datemi da bere. Ardo.
Il luogotenente prese da una mensola tre bicchieri ed una bottiglia piena d’un liquido color dell’ambra e dopo averla sturata, versò.
Il Corsaro afferrò uno dei tre bicchieri, lo vuotò d’un colpo, stette alcuni istanti ancora muto, cogli occhi fissi sulla spumeggiante scia che si lasciava indietro la corvetta, poi si volse bruscamente verso il colonnello ed il luogotenente.
– Me l’aveva rapita – gridò – cinque giorni prima del mio ritorno ed era partito per l’America insieme col generale Howe, che conduceva laggiù fanti tedeschi, assoldati nell’Assia e nel Brunswick.
– Brigante! – esclamò il colonnello.
È inutile che vi dica quale schianto provò il mio cuore. Chiamai a raccolta i miei uomini e veleggiai alla volta di Boston, poiché avevo saputo che le forze che conduceva Howe erano destinate a rinforzare quel presidio. Fu una corsa folle attraverso l’Atlantico, ma quando giunsi alle Bermude le forze inglesi erano già sbarcate e gli americani avevano assediata la piazza. Rinnegai la mia nuova patria e ritornai corsaro, sfogando il mio dolore in continui combattimenti contro le navi che inalberavano un vessillo ormai da me odiato. Siete venuto a dirmi, colonnello, che Mary di Wentwort a giorni sarà costretta a sposare il marchese d’Halifax e che spera da me un aiuto. Accada quello che accada, entrerò a Boston.
Aveva appena finito di parlare, quando il colonnello ed il luogotenente lo videro chinarsi improvvisamente, tenendo la testa verso il sabordo spalancato, attraverso il quale entrava a fiotti un superbo raggio di sole.
– Un colpo di cannone sparato da lontano – disse, – Sul ponte! sul ponte!
3. UN COMBATTIMENTO TERRIBILE
Quando il Corsaro ed i suoi due compagni salirono in coperta, la corvetta aveva già cambiato rotta per riprendere la sua corsa verso le coste americane. Il vento, che accennava ad aumentare, ve la spingeva con una velocità di otto o nove nodi all’ora.
L’equipaggio, era tutto in coperta e discuteva animatamente.
Il Corsaro montò sul ponte di comando, prese il cannocchiale ed esplorò attentamente in tutte le direzioni.
– Nulla – disse a Howard ed al colonnello. – Eppure è stato un colpo di cannone. Testa di Pietra! – chiamò.
Il bretone, che stava discutendo animatamente con Piccolo Flocco, il suo inseparabile compagno, fu pronto ad accorrere. I suoi piedi da pachiderma erano diventati leggeri come quelli d’una gazzella.
– Hai udito quel colpo lontano? – gli chiese il Corsaro.
– Il mio orecchio si è conservato ottimamente, sebbene ne abbia uditi frastuoni di quei mostri di bronzo!
– Non può essere stato un colpo di tuono?
– Ma no, sir William. Non vi è una nube in nessun luogo.
– Che cosa ne pensi?
– Dico, capitano, che siamo sorvegliati.
– Dalle due navi d’alto bordo, vero?
– Si, e scommetterei nuovamente la mia pipa che le rivedremo ben presto. Fortunatamente il vento aumenta e la corvetta, quando è battuta, può lasciarsi indietro anche le fregate. Vi pare, sir William?
Il Corsaro non rispose. Passeggiava sul ponte, a testa bassa, con le mani affondate nelle tasche. Pareva che borbottasse qualche cosa.
Ad un tratto si fermò e, guardando fisso il bretone, il quale stava caricando tranquillamente la famosa pipa, gli disse:
– Che tutti gli uomini si tengano pronti ad occupare i posti di combattimento.
– E gli americani?
– Ammassali sul castello di prora, dietro i due pezzi da caccia. Sono valenti archibugieri e colle loro lunghe