La città del re lebbroso. Emilio Salgari
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Читать онлайн книгу La città del re lebbroso - Emilio Salgari страница 13
M’invitò a salirvi, dicendomi:
«Ti voglio condurre, giacché mi hai tanto pregato, in un luogo ove tu troverai il driving-hook che io ho sepolto prima di abbandonare la terra, e senza il quale non si potrà trovare alcun elefante bianco».
Poi l’aquila riprese il volo con rapidità prodigiosa; seguendo il corso del Menam, finché si librò sopra una città semidiroccata, con alte cupole e porticati immensi, popolata solamente da pipistrelli.»
«Ecco dove si trova il driving-hook», mi disse allora il dio. «Cercalo, perché senza quello il Siam non avrà mai alcun S’hen-mheng.»
Poi scomparve, senz’altro aggiungere.»
Mien-Ming tacque un momento, poi, volgendosi verso il monaco, che pareva lo ascoltasse ancora, gli chiese:
«Tu che sei fra tutti i sancrati il più istruito e che conosci tutti i libri antichi hai mai udito parlare di una città simile?»
«Sì, i libri fanno menzione di quattro grandi città, cadute in rovina da secoli e secoli, e che sarebbero state popolate un giorno da un popolo immenso, e narrano che in una di esse sarebbe stato veramente sepolto il driving-hook di Sommona Kodom, dopo la sua ultima trasformazione.»
«Anch’io ho udito, nella mia gioventù (quando non ero ancora sceso nel Siam, perché sono Cambogiano), parlare di rovine imponenti e soprattutto d’una immensa città, che si dice fosse stata eretta da un re lebbroso.»
«Dove si troverebbe quella città?» chiese il monaco.
«Ho udito parlare del lago misterioso di Tuli-Sap,» disse il Cambogiano.
«Se Sommona Kodom ti ha ispirato, tu devi parlare subito al re, onde si organizzi una spedizione che vada a cercare nella città del re lebbroso il driving-hook.»
Il puram scosse la testa, poi fissando sul monaco, che lo guardava con stupore, i suoi occhi obliqui dal lampo giallastro, gli disse:
«Tu che sei uomo di religione, credi che Sommona Kodom mi sia apparso in sogno per indicarmi veramente il modo con cui il Siam potrà riavere i S’hen-mheng?»
«Sì, giacché tu lo avevi pregato una notte intera.»
«Ebbene, io dò a te l’incarico di recarti dal re e di dirgli che Sommona Kodom ti è comparso in sogno. Tu, ministro della religione, sarai meglio creduto di me.»
«Ma tu, puram, rinunci agli onori che ti spetterebbero se il driving-hook si trovasse.»
«Li cedo a te, quegli onori; io ne ho avuti abbastanza.»
Il monaco cadde in ginocchio dinanzi al puram, esclamando:
«Tu sei l’uomo più generoso che io abbia conosciuto sulla terra. Che cosa potrò fare per te?»
«Salvare Lakon-tay e stornare dal suo capo la collera del re. Non voglio che quel prode cada in disgrazia,» disse il Cambogiano, fingendo una profonda commozione.
«In qual modo?»
«Consigliare il re a mandare Lakon-tay in cerca del driving-hook. Se egli lo trova, come spero, perché anch’io non dubito che Sommona Kodom m’abbia indicato il luogo dove è sepolto, la sua riabilitazione sarà completa.»
«Oh, uomo generoso! Tu sei il più leale e il più cavalleresco puram del regno!» esclamò il talapoino.
«Va’, un palanchino t’aspetta alla porta della mia casa ed il re a quest’ora non deve essersi ancora coricato. Conto su di te e sulla tua segretezza, sancrato.»
Capitolo VI. La cremazione del S’hen-mheng
I tam-tam del palazzo reale avevano appunto battuto le quattro del pomeriggio, quando il medico entrò nella elegante phe di Lakon-tay.
Aveva l’aspetto d’un uomo assai preoccupato, e la sua ampia fronte era solcata da una profonda ruga, indizio che un profondo pensiero lo turbava.
Sul pianerottolo della scala Len-Pra, più leggiadra del solito, con un giubbettino di seta bianca tutto fronzoli e ricami d’oro, i calzoni ampi di seta azzurra che le scendevano fino sotto il ginocchio, e una superba peonia color del fuoco piantata sul pettine d’oro che le reggeva i nerissimi capelli, lo aspettava.
Dalla veranda lo aveva veduto uscire dalla sua palazzina e si era affrettata a muovergli incontro.
Il giovane scorgendola trasalì, e fissò sulla bella fanciulla uno sguardo ardente. La ruga era improvvisamente scomparsa dalla sua fronte e anche la preoccupazione dal suo animo.
«Mi aspettavate, Len-Pra?» chiese l’europeo, con una certa commozione.
«Sì, signor straniero,» rispose la fanciulla con voce dolce, mentre un rapido fremito agitava le sue mani, che già il dottore teneva fra le sue.
«Vostro padre?»
«È già alzato. Quanto siete abili voi, uomini dell’occidente: nulla vi è impossibile.»
«Bah! Un semplice antidoto.»
«Venite, signor uomo bianco.»
Attraversarono la veranda ed entrarono nella stanza del generale.
Lakon-tay, che pareva ormai completamente guarito, se ne stava seduto su un divanetto di seta gialla, chiacchierando col fido Feng.
«Buone nuove, dottore?» chiese, alzandosi senza fare alcun sforzo.
«Ho finito or ora di esaminare il sangue vomitato da quel povero elefante.»
«Avete potuto vederlo?»
«Il re me ne ha accordato il permesso. Voi sapete che Phra-Bard-Somdh nulla nega agli europei che sono nei suoi stati.»
«È vero,» rispose il generale. «Egli li apprezza come si meritano.»
Il dottore fissò per alcuni istanti il generale, poi disse con voce grave:
«I vostri sospetti non erano infondati: il S’hen-mheng è stato ucciso da un potente veleno, somministratogli da qualche vostro nemico.»
«Come avete potuto accertarvene?»
«Esaminando ed analizzando un po’ di sangue che mi avevano concesso di raccogliere. Vi ho trovato delle tracce di veleni potenti.»
«Siete ben sicuro, dottore, di non esservi ingannato?»
«Noi medici europei possediamo oggi mezzi sufficienti per scoprire, anche in un po’ di sangue, la traccia di un veleno.
Se avessi potuto avere anche gl’intestini del S’hen-mheng, avrei potuto conoscere più esattamente quali specie di veleni sono stati somministrati dai vostri nemici.»
«Voi tutto sapete e tutto potete,» disse il generale. «Non mi avete salvato dalla morte? I nostri medici sarebbero stati impotenti a compiere un simile miracolo.»
Fece cenno a Len-Pra ed a Feng di lasciarli soli, poi, rivolgendosi al dottore, che pareva fosse ricaduto