Le due tigri. Emilio Salgari

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Le due tigri - Emilio Salgari

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agill come giovani pantere, sgusciarono di sotto le braccia degli uomini, gettandosi a destra ed a sinistra onde non intralciarli nel loro attacco.

      Sandokan aveva mandato un urlo di furore.

      – I Thugs! Addosso, per la morte d’Allah!…

      Con rapidità fulminea aveva estratta una corta scimitarra che teneva celata nell’alta fascia ed una lunga pistola a doppia canna.

      Tagliò tre o quattro lacci che stavano per piombargli addosso, poi scaricò a brucia-pelo i due colpi della sua pistola contro gli uomini che stavano dinanzi, gettandone a terra due.

      Nel medesimo istante Yanez, Sambigliong e il maharatto, riavutisi prontamente dallo stupore, caricavano a loro volta colle scimitarre in pugno, scaricando contemporaneamente le loro pistole.

      I Thugs non opposero resistenza. Dopo d’aver tentato, ma invano, di lanciare i loro fazzoletti, si sbandarono dinanzi a quella carica fulminea, fuggendo a rompicollo, assieme alle bajadere che non erano meno leste degli uomini.

      Sulla via non erano rimasti che quattro morti e una delle torce gettata da uno dei due fanciulli che accompagnavano le danzatrici.

      – Saccaroa! – esclamò Sandokan. – Ancora una volta siamo stati giuocati! Ed il manti intanto è scomparso!

      – Un bell’agguato in fede mia, – disse Yanez, riponendo tranquillamente le armi nella fascia.

      – Non credevo che quelle belle fanciulle fossero alleate con quei bricconi di strangolatori. Le furbe! Facevano volteggiare le ciarpe per impedire a noi di scorgere i Thugs che s’avanzavano a passi di lupo. L’avventura è comica.

      – E per poco non finiva tragicamente, mio caro Yanez. Mi hanno percosso il collo due volte colle palle di piombo e credevo di sentirmi da un momento all’altro strangolare. Che cosa ne dici, Kammamuri?

      – Dico che il manti ha approfittato per scapparci di mano.

      – Non è un imbecille costui!

      – Se lo inseguissimo? – disse Sambigliong. – Forse non è molto lontano.

      – A quest’ora chissà dove si sarà rifugiato. Orsú, la partita è perduta e non ci rimane che tornare al nostro praho, – disse Sandokan.

      – E andarcene a dormire, – aggiunse Yanez.

      – Oh! Lo ritroveremo quel vecchio volpone, – disse la Tigre della Malesia, stringendo le pugna. – Quell’uomo ci è necessario, specialmente ora che sappiamo essere un thug. Non lasceremo Calcutta finché non l’avremo preso.

      – In marcia, Sandokan. Non spira buon’aria per noi e i Thugs possono tornare alla carica o prepararci un altro agguato.

      Sandokan raccolse la torcia abbandonata da uno dei due fanciulli e che non si era spenta ancora. Stava per mettersi in cammino quando un gemito attrasse la sua attenzione.

      – Vi è qualcuno da finire, – disse, estraendo la scimitarra.

      – O da raccogliere invece? – chiese Yanez. – Un prigioniero sarebbe preziosissimo.

      – È vero, amico mio.

      Il gemito si era fatto nuovamente udire.

      Veniva dall’angolo della viuzza laterale, da dove erano sbucate le bajadere.

      – Rimanete qui a vegliare e ricaricate le pistole, – disse Sandokan, rivolgendosi a Kammamuri e a Sambigliong.

      Si diresse verso la viuzza seguito da Yanez e vide stesa a terra, contro la parete d’una casa, una bajadera la quale tentava, ma invano, di rialzarsi.

      Era una bellissima giovane, dalla pelle leggermente abbronzata, i lineamenti dolci e fini, cogli occhi nerissimi e i capelli lunghi, intrecciati con fiori di mussenda e nastrini di seta azzurra.

      Uno splendido costume copriva il suo corpo sottile come un giunco, pur essendo squisitamente modellato, tutto di seta rosa, con guarnizioni di perle, e che finiva in un paio di calzoncini che scendevano fino alla noce dei piedi.

      La povera fanciulla doveva aver ricevuto una palla nel petto, poiché una macchia di sangue si allargava sopra il sottile busto di legno dorato che le racchiudeva il corpo.

      Vedendo apparire le due tigri di Mompracem, la fanciulla si coprí il viso con una mano, mormorando:

      – Grazia…

      – Ah! La bella fanciulla! – esclamò Yanoz, colpito dalla graziosa espressione di quel viso. – Sono ben fortunati i Thugs per avere delle danzatrici cosí graziose.

      – Non temere, – disse Sandokan, curvandosi sulla bajadera e accostando la torcia per meglio osservarla. – Noi non uccidiamo le donne. Dove sei ferita?

      – Qua… al petto… sahib… Una… palla…

      – Vediamo: ce ne intendiamo noi di ferite e all’occorrenza sappiamo anche curarle e forse meglio dei vostri medici.

      Una palla aveva colpito la giovane al fianco sinistro. Fortunatamente invece di penetrare in cavità, era solamente strisciata sopra una costola, producendo come uno strappo piú doloroso che pericoloso.

      – Fra otto giorni potrai essere guarita, fanciulla mia, – disse Sandokan. – Non si tratta che di arrestare il sangue che fugge in gran copia.

      Trasse di tasca un fazzoletto di finissima tela e lo legò strettamente al petto della danzatrice, poi le riallacciò il busto, dicendo:

      – Per ora basterà. Dove vuoi che ti riconduciamo? Non siamo amici dei Thugs e credo che essi non torneranno certo a raccoglierti.

      La giovane non rispose. Guardava ora Sandokan e ora Yanez, coi suoi begli occhi nerissimi e pieni di splendore, probabilmente stupita che quei due uomini che aveva cercato di perdere, invece di finirla la curassero.

      – Rispondi, – disse Sandokan. – Avrai una casa, una famiglia, qualcuno infine che si occuperà di te.

      – Portami con te, sahib, – disse finalmente la bajadera con voce tremula. – Non ricondurmi dai Thugs. Quegli uomini mi fanno paura.

      – Sandokan, – disse Yanez, che non aveva mai staccato nemmeno per un solo istante, gli occhi dalla danzatrice. – Questa fanciulla può esserci utile e darci delle informazioni preziose. Portiamola a bordo della Marianna.

      – Hai ragione: Sambigliong!.

      – Eccomi, capitano, – rispose il malese, accorrendo.

      – Prendi questa fanciulla e seguici. Bada che è ferita al petto.

      Il malese prese fra le robuste braccia la danzatrice, facendole posare sul proprio petto la testa.

      – Andiamo, – disse Sandokan, riprendendo la torcia. – In mano le pistole e aprite bene gli occhi.

      Attraversarono parecchie vie e viuzze, senza incontrare nessun essere vivente, e verso l’una del mattino giungevano sulla riva del fiume.

      La baleniera era a pochi passi, guardata dai malesi.

      Sandokan

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