Straordinarie avventure di Testa di Pietra. Emilio Salgari

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Straordinarie avventure di Testa di Pietra - Emilio Salgari

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Questa è casa mia!…» urlò il trafficante schiumante di rabbia. «Se non ve ne andate farò venire gl’indiani e vi farò scotennare.»

      «In quale modo andrete ad avvertirli?»

      «Ho dei tamburi dentro quelle grosse botti, che contavo di vendere agl’inglesi alla prima occasione e questo rullo è conosciuto dagli Uroni.»

      «Non vi lasceremo suonare, così nessuno verrà, almeno per ora, a disturbarci. Vi arrendete? Io prendo possesso dalla vostra casa in nome del generale Washington, avendo egli accordato a me pieni poteri.»

      «Il vostro generale è un ladro!…»

      «Chiudete il becco, caro signor Riberac, e lasciatevi legare. Non voglio che mi scappiate.»

      «Legarmi!…»

      «E lasciatevi anche mettere dentro una di quelle grosse botti. Jor avrà pure una prigione eguale.»

      Il trafficante, livido di collera, tentò nuovamente di gettarsi verso il fucile, ma anche questa volta gli fu impedito d’impadronirsene da un’altra mossa di Piccolo Flocco.

      «Banditi!…» urlò. «E vi ho accolti come amici!…»

      Testa di Pietra scoppiò in una fragorosa risata.

      «Come amici per poi consegnarci agl’inglesi. Alla larga da queste belle amicizie: se ne può fare a meno.»

      Durante quel colloquio il canadese non aveva pronunciata una parola. Era sempre rimasto dinanzi al fuoco non pensando che ad asciugarsi.

      Anche quando il trafficante l’aveva chiamato per impegnare la lotta, non s’era mosso. D’altronde indosso non aveva nessun’arma e pareva che si fosse rassegnato al suo destino.

      «Wolf, Hulrick, portate qui due di quelle botti. Scegliete le più grosse.»

      I due tedeschi gettarono i sigari, legarono prima le mani dietro al dorso al canadese perché non approfittasse della loro assenza per tentare qualche colpo di testa e si spinsero verso l’estremità del magazzino, gettando in aria balle di pelli e rovesciando casse per aprirsi un passaggio più largo.

      Il trafficante si era lasciato quasi cadere su una pelle d’orso che si stendeva dietro la tavola, prendendosi il capo fra le mani e continuando a mormorare:

      «Assassini!… Briganti!…»

      Piccolo Flocco lo sorvegliava col fucile che aveva staccato dalla parete, seduto su una cassa.

      «Signor Riberac,» disse Testa di Pietra, «non spaventatevi, ché noi non siamo gente feroce, anzi tutt’altro. Volete un bicchierino del vostro eccellente gin? Vi darà un po’pò di forza.»

      «Andate all’inferno!…»

      «Non così presto, caro signore. E poi noi dobbiamo ancora fare quattro chiacchiere senza arrabbiarci. Sapreste dirmi dove si trovano ora gl’inglesi?»

      «Io non ho mai lasciato la mia casa, quindi nulla posso sapere.»

      «Ditemi allora come e quando avete conosciuto Jor.»

      «Ci siamo incontrati un giorno sulle rive del lago, durante una partita di caccia ai caribou.»

      «Quando?»

      «Un anno fa per lo meno.»

      «E Davis, il meticcio, che guidava la mia fusta, non l’avete conosciuto?»

      «Mai: questo nome mi è affatto sconosciuto.»

      «Non vi credo.»

      Il trafficante si alzò, si sedette presso il camino su una cassa vuota, poi disse:

      «Avete ragione. Ho conosciuto anche quella spia degli inglesi.»

      «Dove?»

      «Su queste rive.»

      «Chi ve lo ha presentato?»

      «Il marchese d’Halifax.»

      «Era già dunque venuto prima sul lago, quel lord?»

      «Sì, per prepararvi l’agguato.»

      «Per tutti i campanili della Bretagna!… L’ha dunque anche con me quel gran signore? Signor Riberac, non dimenticate che io sono francese, che vostro padre lo era pure e che nelle vostre vene scorre sangue francese.»

      Una rapida commozione alterò il viso, diventato pallido, del trafficante.

      «Mio padre è morto a Montreal mentre respingeva gl’inglesi,» disse poi. «Fu spaccato in due da una palla di cannone,» aggiunse con voce cupa il signor Riberac.

      «E voi vi siete gettato fra le braccia degli uccisori di vostro padre!… Il vostro cuore non aveva mai palpitato vedendo ondeggiare i tre colori della grande Francia?»

      «Forse sì, ma… io ero allora un fanciullo e la guerra aveva rovinato completamente la mia famiglia ed ho dovuto cedere dinanzi all’oro inglese per non morire di fame. Tutti i canadesi dovevano cedere dinanzi alla ferocia del Leopardo dell’Europa, per non vedere le loro case completamente distrutte.»

      «E perché quando il prode Washington mandò in queste contrade Arnold, siete rimasti inerti invece di aiutare la libertà americana? Si veniva a liberarvi dal pesante giogo dell’Inghilterra.»

      «Eravamo troppo terrorizzati e le forche avevano un gran lavoro per tutti quelli che osavano parlare di Washington. Le popolazioni di Quebec e di Montreal hanno veduto molti francesi muovere le gambe nel vuoto colla lingua pendente. È vero, Jor?»

      «Sì,» rispose il canadese.

      «Torniamo a noi,» disse Testa di Pietra, il quale si tirava rabbiosamente la barba. «È Davis che ha preparato tutto per perderci?»

      «Voleva solamente impadronirsi di due lettere, che voi dovete portare ad Arnold ed a Saint-Clair, ed immobilizzarvi nella mia casa.»

      «Finché gl’inglesi fossero venuti ad appiccarci,» disse il bretone con voce ironica.

      Il trafficante credette opportuno non rispondere.

      Testa di Pietra caricò la sua famosa pipa, l’accese, lanciò in aria tre o quattro nuvole di fumo denso, poi riprese:

      «Sicché noi eravamo aspettati qui.»

      «Tutto era preparato per impedirvi di giungere a Ticonderoga.»

      «Ma Davis è morto?»

      «Io non l’ho più veduto.»

      «E tu, Jor?»

      «Nemmeno,» rispose il canadese. «Ho lasciato la fusta molto tempo prima che saltasse in aria. Quando mi sono gettato in acqua, Davis, dall’alto del grand’albero, sparava contro di voi.»

      «E perché sei fuggito?»

      «Forse perché il sangue francese aveva parlato. Mi ripugnava servire quel losco Davis che è un meticcio con ben poche gocce di sangue di uomini bianchi. Vedendo che cercava di assassinarvi, io l’ho abbandonato.»

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