I rossi e i neri, vol. 2. Barrili Anton Giulio
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Chi volle andare al fondo di quella evidente macchinazione fu il giornalista Giuliani, avvezzo per lunga e non lieta consuetudine del suo ufficio, a scrutare i cuori e le reni, per ogni atto degli uomini a metter sempre il naso nelle quinte, sul teatro della vita. Se Adamo fosse stato giornalista, scommettiamo che non avrebbe mangiato così alla leggiera il pomo della scienza, vogliam dire senza levargli la buccia, e senza investigarne la polpa, giù giù, fino alle cellette del torsolo. Epperò il Giuliani, mentre gli amici rimanevano come trasognati, fu sollecito a cogliere il primo appiglio, per tentare il suo lavoro a ritroso.
– Il Bello, hai detto? Chi è costui? Sarebbe per avventura un certo Garasso?
– Sì, il servitore del Salvani me lo ha indicato anche con questo nome. Lo conosci tu?
– Lo conosco. Molta gente conosco io, e di __diversa mena__, come ha scritto Dante, pigliando il vocabolo da noi Genovesi. Amici, – proseguì il Giuliani, voltandosi con piglio solenne ai Templarii, – qui certamente occorre di far qualche cosa; l'Assereto non ci avrà, spero, raccontata la sua storia per nulla.
– Sicuro; ma che fare? – dissero gli altri.
– Non lo so ancora, ma fare bisogna. Andiamo innanzi; troveremo, strada facendo. Conoscete il metodo induttivo?
– Filosofia! – esclamò il Lorenzini.
– Sia pure; l'ha trovato la filosofia, ma è buono dappertutto, come il prezzemolo. Chi lo ha tolto dal limbo, dove lo avevano cacciato i dogmatici, non fu propriamente un filosofo, sibbene un gran pittore, il quale s'intendeva di moltissime cose, Leonardo da Vinci. Un altro, astronomo e filosofo, Galileo, gli diede forma scientifica; un altro ancora, che fu un po' di tutto, anche un tristo, Bacone da Verulamio, ne foggiò una fiaccola, e la portò a rischiarare tutte le ottenebrate sorgenti dello scibile; noi, Templarii, secondo il nostro bisogno, facciamone un'arma di combattimento.
– Parli come il Boccadoro; vediamo il tuo metodo alla prova.
– Eccolo. Mettiamo le fondamenta. Perchè questa guerra al Salvani? Che nemici ha egli, giovine, modesto, quasi oscuro, come è? Lo sai tu, Assereto?
– Credo non ne abbia alcuno, salvo il Collini, che lo tirò dapprima in quel suo garbuglio che sapete, e poi, quando egli se ne cavò valorosamente colle sue mani, gliene volle un mal di morte.
– Il Collini! Non mi basta; – sentenziò il Giuliani. – Costui è un ambizioso; ma non è, non può essere altri che uno stromento in mano di più ragguardevoli bricconi.
– D'altri non so, e non credo; – proseguì l'Assereto. – Il mio amico Lorenzo se ne è vissuto sempre ne' suoi panni, lontano da ogni briga…
– No, no, il Salvani non c'entra, o c'entra soltanto di sbieco. Qui bisogna tener d'occhio il segreto domestico, la nascita della sua sorella adottiva. Non vedete come tutto è riuscito ad un fine? La perquisizione architettata da questo ignoto avversario, non mira ad altro che ad agguantare la cassettina d'ebano. Dopo la perquisizione, viene il tiro alla ragazza. A proposito, come nasce ella?
– Il segreto era appunto nella cassettina, e Lorenzo ne aveva accennato nella sua lettera al marchese di Montalto.
– Perchè al marchese di Montalto?
– Perchè la fanciulla verrebbe ad essergli congiunta di sangue, come figlia ad un zio paterno del signor Aloise, che è morto in esilio, or fanno dodici anni.
– E la madre?
– Non lo so; Lorenzo ne ha letto il nome in un carteggio che era chiuso nella cassettina, ma non ne ha detto nulla a me, nè al signor Aloise.
– Bisognerà vederlo, e saper questo nome.
– Sicuro, e questo è anche il disegno del marchese di Montalto, le cui ricerche si uniranno alle nostre.
– __Viribus unitis!__ – disse il Giuliani; – va benissimo. Intanto sappiamo che qui sotto c'è un vecchio peccato aristocratico, di cui forse una madre vuol sottrarre le prove, od altri giovarsi per suoi fini particolari. Questa seconda congettura mi pare anzi la più ragionevole. C'è troppi congegni in questa trappola che hanno tesa, troppo sforzo di molle!
– Hai ragione; – soggiunse il Savioli, – ma chi le ha foggiate, queste molle? e questa trappola, chi l'avrà tesa?
– Oh, pezzi grossi, di certo! Questa gente che invigila una casa e giunge a risapere d'un cofanetto così gelosamente custodito; questa gente che sa di lunga mano i negozi del partito, in cui s'è gittato il Salvani, e conosce così bene il giorno e l'ora di un tentativo politico da cavarne profitto per sè, mandando lo scatto de' suoi congegni di conserva collo scoppio della rivolta; questa gente che ci ha i carabinieri apocrifi a' suoi comandi, e mentre vi maneggia i bari da carte, i ladri notturni, così facilmente com'io questo bicchiere vuoto, fa a fidanza con tutte le autorità costituite; questa gente che ha modo di farvi uscire spontaneamente una virtuosa e severa fanciulla dalla casa che ama; questa gente, dico io, è schiuma di neri, o ch'io ho perduto l'ultima oncia di cervello. E chi sarà poi la dama che ha condotto via la fanciulla?
– Sua madre; – entrò a dire l'avvocato Emanuel.
– Potrebbe darsi, quantunque non lo creda; ad ogni modo, una dama di misericordia. La pietà è un'ottima bandiera per coprire ogni razza di merce.
– E i falsi carabinieri?
– Furfanti di tre cotte; gente avvezza al furto con rottura, vecchie pratiche della eccellentissima Corte, pensionati di Sant'Andrea; cotesto s'intende a bella prima. A me importa piuttosto indagare chi li ha guidati; e questi, già lo sapete dai sospetti del servitore, è quella buona lana del Garasso. E chi conferisce a costui l'ardimento di mettersi a questa impresa difficile? I pezzi grossi, sempre i pezzi grossi. Notate infatti: all'udire di quel doppio tiro, che farebbe rizzar i capegli in testa ad ogni fedel cristiano, la polizia non si commuove, manda tre gentiluomini da Erode a Pilato…
– Ottimamente! – gridò il Savioli, che non aveva ancor detto la sua. – Ma tutto ciò non ci chiarisce dove sarà la ragazza.
– Bravo! e dovrò dirtelo io? Ma dopo tutto, perchè no? In una casa privata, no certo, che sarebbe poco prudente consiglio. E questo mi fa pensare che la madre non c'entra, o soltanto (scusate la ripetizione) di sbieco. La madre, che ha cercato di occultare per oltre diciott'anni il suo peccato, non sarà diventata così audace ad un tratto. Io mi attengo sempre alla dama di misericordia; e la dama di misericordia mi chiama alla mente il monastero. La fanciulla è chiusa in un monastero; metterei la mano sul fuoco. Ho detto.
– E ben detto, Giuliani! – soggiunse capitan Dodero.
– Al primo avvocato fiscale che tira le cuoia, ti proporremo candidato a quel ragguardevole uffizio. Ma ora, che si fa?
– Anche questo v'ho a dire? Orbene, mi provo. Due intenti abbiamo; riavere le carte, e per questo occorre sapere chi le ha; riavere la fanciulla, e per questo occorre sapere dov'è.
– Torniamo da capo! – disse il Contini. – Saper questo! sapere quest'altro! Francava la spesa di ragionar tanto!
– Hai