I rossi e i neri, vol. 2. Barrili Anton Giulio

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I rossi e i neri, vol. 2 - Barrili Anton Giulio

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subito; genovese aguzzo, piglialo caldo.

      – Possiamo venire anche noi, se c'è da scoprire qualcosa, – entrò a dire l'Assereto.

      – No; è un negozio delicato; due bastano, uno di più guasterebbe.

      – Ma dove andate? – chiese Mauro Dodero.

      – Nell'antro del lupo rapace. Hai fede in me. Contini? – proseguì il Giuliani, volgendosi al compagno che aveva scelto. – Si fa un'impresa da vecchi Templarii.

      – Mi piaci più quando operi, che quando ragioni; – rispose romanamente il Contini.

      – Ingrato! Io t'amo anche quando canti; chi è il migliore, di noi due?

      Ma lasciamo le chiacchiere, e mettiamo alla vela.

      – Si potrebbe almeno sapere che cosa hai immaginato? – chiese quell'ostinato di capitan Dodero.

      – Ah, gli è il grande arcano; lo saprete tra due ore, se non vi dorrà di aspettarci.

      – Aspetteremo sicuramente! – gridò l'Assereto. – Ma dove?

      – Sedetevi a consiglio sulle panche delle cavolaie, qui sulla piazza di San Domenico; due ore, e siamo da voi. —

      In questi discorsi s'erano alzati da tavola e scendevano, per la scaletta, nella sala a pianterreno. Colaggiù non c'erano più avventori, e il provvido tavoleggiante aveva già spento tre becchi della lucerna a gasse, lasciando a mala pena uno spiraglio nel quarto, per nutrire una scarsa fiammella, alla cui luce azzurrognola si poteva scorgere l'ostessa, che sonnecchiava dietro il suo banco in mezzo alle sue mostre di vivande, come un timoniere alla barra, in una notte di calma.

      All'udir scendere quella lieta brigata che la faceva pisolare ogni notte a quel modo, la povera ostessa aperse gli occhi e mise un sospiro.

      – Sospira per me? – chiese il Contini, accostandosi al banco.

      – Sì, per l'appunto; – rispose l'ostessa, – e penso che non vorrei esser sua moglie per tutto l'oro del mondo.

      – E perchè, di grazia?

      – Perchè? Ma le par ora, questa, di andare a casa?

      – Brava! appunto perchè non ci ho persona ad attendermi sulle celibi piume. Se sapesse com'è triste a vedersi, il letto d'uno scapolo! Vuol forse vederne uno?

      – Vada là, vada là, buona lana!

      – Non vuole? Ha torto. La cosa meriterebbe d'esser veduta. —

      E ridendo a crepapelle, il più matto dei Templarii seguitò l'amico Giuliani, non senza aver stretto la mano agli altri colleghi e ricevuti i loro augurii per la magna impresa fantasticata dal giornalista.

      Rimasti in due, tirarono diritto pel vicolo della Casana, e di là fino a Campetto. S'intende che il Giuliani guidava, e il Contini teneva dietro, non sapendo ancor nulla dei disegni dell'amico.

      X

      Qui si dimostra che, per far la guerra a modo, ci vogliono alleati.

      – E adesso mi spiegherai… – diss'egli, fermandosi alla svolta di Scurreria.

      – Certamente, ogni cosa; ma entriamo in questo andito. – E condotto Marcello nel vano di un portone, il Giuliani si fece a indettarlo sommessamente di ciò che aveva in animo di tentare.

      – Sì, perdinci, stupenda pensata! Tu hai buona lingua; io, non fo per dire, ho buone braccia, e se ardisce far l'omo, lo concio come va. Bravo, Giuliani! Ma se lo dicevo io, che mi piaci più quando operi…

      – Vuoi sentirti a ripetere che mi piace il tuo canto? Non lo sperare.

      Contini! Ma andiamo, che il merlo non ci abbia a sfuggire. —

      Abbiamo fede che i lettori discreti non ci chiederanno di condurre la precisione del racconto fino al segno di spiattellar loro il numero dell'uscio dove entrarono i nostri due personaggi. Era uno dei tanti che sono nella via di Scurreria, o di Scutaria, come si diceva cinque o seicent'anni fa, essendo in quella strada le officine degli scudai.

      I due Templarii salirono, coll'aiuto di mezza scatoletta di fiammiferi, sino al quarto piano, e colà fecero sosta dinanzi a un uscio di modesta apparenza.

      – Ecco il campanello! – disse a mezza voce il Contini, accennando la corda di lana intrecciata che pendeva, colla sua nappa, lunghesso lo stipite.

      – No; – rispose il Giuliani; – se ella non ha smesso le antiche consuetudini, questo è il picchio notturno che dovrà farci aprir l'uscio. —

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