La legge Oppia : commedia togata in tre atti. Barrili Anton Giulio
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No, all'ingresso dell'atrio, al balcone che guarda sulla strada, e chiunque venga, corri a darcene avviso.
Che peccato! E' voleva esser gustoso, questo tribuno delle donne.
(esce)
Da dove comincierò? Che tutta Roma femminile vuole l'abrogazione della legge, tu l'hai detto, nobilissima Claudia. Io dirò che; nel Foro, alla Basilica, alle Botteghe vecchie, al tempio di Càstore, nel borgo de' Toscani, al Velabro, non si parla più d'altro. Il popolo, così in di grosso, non mi pare che veda di mal occhio la cosa. E lo si capisce; tutti hanno donne, cui andare a' versi. Ma i vecchi… i vecchi son duri. Basta; s'andrà ai comizi e là ci vedremo. I senatori, son nostri; già m'immagino che le belle matrone avranno fatto il poter loro, che è molto…
Di ciò non darti pensiero; sanno il debito loro.
Io, tra ier l'altro, ieri e stamane, ho già veduto sessanta mogli di senatori. E ho girato senza cocchio! Ecco qui le mie tavolette; vedi? la Pubblia, le Cornelie, la Bebia; e qui la Giunia, le Flaminie, le Claudie… insomma, ho detto sessanta. E tutte, ognuna dal canto suo, hanno fatto altrettanto. I mariti tentennano, ed è già molto che non ardiscano dire di no, come facevano prima.
In casa, sta bene; ma, nei comizi, come si diporteranno costoro? Ecco il guaio. Ma incominciamo dal meno. I comizi possono essere levati innanzi di conchiudere. Il rito dell'assemblea offre appigli e gretole agli avversarii, più che non vi pensiate.
O come?
Vedete, se già tutte le centurie fossero adunate e la discussione avviata, e ad un tratto sparisse lo stendardo inalberato sul Gianicolo, sarebbe sciolta l'assemblea senza fallo. Ciò si è veduto altre volte, chè non si fece buona custodia lassù.
Oh! ma si provvede. Una guardia di donne al Gianicolo!
E chi leverà lo stendardo sarà bravo, fosser pure gli apparitori di Marco Porcio Catone.
Oh, di questo non temo. Il console è uomo di virtù antica e non tenterà cose illegali. Egli, e ciò temo davvero, ci fulminerà colla sua maschia eloquenza. Un altro pericolo, e grave…
E quale?
E quale?
Mangieranno, i polli sacri?
Come? Bisognerà che i polli mangino?
I polli, sicuro. Tu sei giovinetta ancora e nol sai; ma nessuna cosa di rilievo può farsi nella repubblica, senza aver favorevoli gli auspicii. Anche una assemblea è valida, se sono propizii i segni del cielo; se no, no. Ora, dico io, mangieranno, come a bestie ben costumate si addice? Può importare ai padri il contrario, e Giove ed Esculapio, patrono dei galli, possono vedere la cosa con occhio… senatorio.
Non ci avevo pensato. Sì, questa è grave.
Ma… se io potessi dire…
Sentiamo la tua.
Non è Claudio Pulcro l'àugure?
Sì, e che perciò?
Stassera egli verrà da noi…
A prender gli auspicî ne' tuoi occhi, a leggervi che il suo fato è felice…
E i miei occhi non gli lascieranno leggere un bel nulla, fino a tanto i suoi polli non promettano ai mangiare a modo.
Possiamo dunque andarne sicuri. Egli dee conoscere i suoi polli, il tuo Claudio, ed ama certamente i tuoi occhi. Fin qui, dunque, tutto andrebbe a gonfie vele. Ma, egli c'è…
Ancora un ma?
Sì, e il più grosso. Io non ho collega ad aiutarmi. I due Bruti sono contrarii. Già, gente Giunia, sempre avversi alle novità e duri come macigni!
Ma non hai dunque parlato a Valerio?
Se gli ho parlato!.. Averlo lui dalla nostra, lui, il più eloquente dei romani dopo Catone, sarebbe un trionfo sicuro, come se io lo tenessi nelle pieghe della toga… Ma che volete? l'eloquenza del mio amico è incatenata al carro del futuro cognato. Lo pregai, lo scongiurai; ma invano. E mi troverò solo, e non son punto eloquente…
Tu?
(inchinandosi)
Io, certo. Colle donne ho le parole più facili; il mio estro s'accende; ma cogli uomini… ah, cogli uomini, mi cascan le braccia. Farò quanto posso; ma prevedo male.
Oh brutto, questo Valerio! Mi duole perfino ch'ei porti il nostro nome. E Fulvia gli ha da voler bene?
Fulvia è sorella a Catone; catoneggia anche lei.
Lo credi?
Ma!.. E tu?
Io credo che la donna è ciò che vuole; e l'uomo la segue.
Questo ha da esser vero… per gli uomini che hanno la fortuna…
(con aria languida inchinandosi verso Marzia)
Di meritare…
(ridendo)
Di esser tirati. L'ho detta.
Cattivo! e che altro si è fatto, se non tirar dalla nostra il tribuno Marco Fundanio? Vuoi di più? Sappiamo il debito nostro. Ti si intreccieranno corone; ti si porterà in trionfo come Bacco.
(a Marzia)
Oh tigri! Parole, parole, e poi non sarà niente.
(in fretta dalle quinte)
Due matrone si son fermate all'ingresso, precedute da due schiavi piccini e bistorti.
Fa entrare.
(Birria esce)
Ah! dovrebbero essere di Marco Porcio Catone, che ci ha i più brutti schiavi di Roma.
Stravaganze del grand'uomo. Ma, come qui le sue donne?
Avevo preveduto la tua mala sorte con Valerio. Ora vedremo d'esser noi più fortunate.
Che