Sperduti nel buio: Dramma in tre atti. Bracco Roberto
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Читать онлайн книгу Sperduti nel buio: Dramma in tre atti - Bracco Roberto страница 2
(dal comptoir) Sùbito. (Si avvicina all'avventore.)
Pago un punch al Cognac e una Chartreuse. (Le dice poi qualche parola a voce bassa.)
È inutile: con questa musica non voglio ballare. (Si ferma di nuovo e lascia in asso il cavaliere. Quasi tra sè:) Seccatore! (E va a sedere accanto a un omaccione biondo dall'aspetto esotico e grossolano.)
(soddisfatto, a Elvira, con l'accento duro che rivela il nordico:) Siete finito con piccola danza? Bene!
(La coppia dei due uomini, abbandonata al ballo, urta in un tavolino.)
(che è uno di coloro che vi sono seduti intorno) E che modi son questi!?
Scusate.
(Don Achille e Don Lorenzino, un po' mortificati, cessano di ballare, e siedono facendosi vento col fazzoletto.)
(a Nunzio:) Maestro, non c'è più bisogno.
(lascia di suonare, gira col tondo del sediolino e resta immobile, riposando, con gli occhi vitrei rivolti al pubblico.)
(a Emilia, che lo ha ascoltato serbando un contegno serio, senza rispondergli:) Ma che avete? Siete di cattivo umore, stasera?
Forse.
(mettendo sul tavolino il danaro della consumazione e alzandosi) Quanta superbia!
(pigliando il danaro, gli risponde piano, a fior di labbro:) Queste donne qua, vedete, non ne hanno. Servitevi.
(andando via lentamente) Buona notte.
(sdegnosa, non risponde.)
(passandole accanto, a voce bassa:) Ti prego di non farmi la principessa delle Asturie con i clienti del locale.
(alzando le spalle torna al comptoir.)
(avvicinandosi per uscire insieme col forestiere che le si mette a braccetto, saluta la sua amica:) Addio, Ida!
(che sta sola sola, presso un tavolino) Io non mi chiamo Ida, io mi chiamo: Veleno!
(indicando l'uomo con lieve cenno del capo) E io mi chiamo: Carestia!
(Il forestiere ed Elvira escono.)
(che è stato interrogato dal marinaio che dianzi ballava, gli dà delle spiegazioni, con aria di grande importanza) In Egitto, con la mia prima moglie, io aprii un caffè chic. Una sciccheria straordinarissima! Altro che questa bottega miserabilissima, in questi paraggi sporchi e democratici! Allora io maneggiavo le lire sterline. Mia moglie, per farvi capire, non per disprezzare la presente, che anche sa comparire bene, portava agli orecchi due perle grossissime così.
E perchè lasciaste l'Egitto, Franz?
Demonio cane! All'ottantadue ce ne scappammo per il bombardamento. Gl'Inglesi cannoneggiavano, che vi posso dire?.. come tante iene musulmane. Un vituperio, amico mio! Mia moglie, che era di conformazione più delicatissima della presente, si prese, insomma, un malore d'intestini, e fece, immaginatevi, anche un voto alla Madonna, perchè, riguardo a religione, era perfettissima. E, per me, io pure rifletto e penso che è meglio avere la coscienza in legge e regola con la religione che ci hanno data dalla natura i nostri genitori. Sentite quello che vi dice in confidenza Franz Cardillo: la religione è quella cosa, vedete, che poi quando viene il suo quarto d'ora vi serve immensamente. (Si curva sul tavolino, e continua a parlare con mistero, gesticolando più che mai.)
(accostandosi a Nunzio) Professore, sapete suonare «Amami Alfredo»?
(senza smuoversi) Sì. (Si volge di nuovo verso il pianoforte e comincia a suonare l'aria della Traviata: «Amami Alfredo». Egli suona ora con un po' più di precisione, con una certa grazia e con molto sentimento.)
SCENA II
(entra.) (È una ragazza sui quindici anni, ma l'età non ha connotati evidenti in quella figurina di piccola zingara dalla sudicia vestetta sbrandellata, dai piedini scalzi e infangati, dai capelli corvini e abbondanti che le si arruffano sulla fronte, sulla nuca e sugli orecchi, e dai grandi occhi neri estatici, pieni di una malinconia, di cui il sorriso non luminoso dell'ignoranza bestiale, errando talvolta sulle labbra sottili e smorte, rivela l'incoscienza. Ella, come un'ombra, si insinua leggera tra i tavolini, atteggiando il viso a implorazione e stendendo a qualcuno che le sembri meno distratto la sua manina di mendicante.)
(che è seduto non lontano dal comptoir, si rivolge a Emilia:) Che pago qua, eh? (Pausa.) (Ancora a Emilia, che non ha sentito:) Dico, signora, che pago, io?
(discende e va a riscuotere.)
(che ha continuato a far conversazione qua e là, ode la musica e commenta:) Ah! Questa è una bella opera: la Traviata del maestro Verdi. Io, una volta, l'ho sentita proprio a teatro. Mi trovavo di passaggio a Corfù. E la cantante era una grandissima celebrità. Un pezzo di donna, per farvi capire, che al principio dell'ultimo atto, quando stava per morire, stesa sul letto, pareva una nave corazzata.
(tuttora vicina a Nunzio) Bravo, professore!
(si accosta all'altro come per dirgli: «è ora d'andare».)
(guardando l'orologio che è sulla porta) Va bene, Franz, il vostro orologio?
Va molto benissimo; ma, dico la verità, indietreggia un poco.
Caspita! Sono già le due!
(I due Marinai si alzano, accendendo la sigaretta, e vanno al comptoir. Pagano, escono.)
(al suo vicino:) Sentite come s'illanguidisce il cieco!
(all'avventore, che ha parlato:) Ma bisogna dirlo francamente: questo pezzo lo suona magnifico!
(si accomiata da Emilia, e, scambiando con lei occhiate e sorrisi, esce.)
(a Paolina, che gli ha stesa la mano in silenzio:) E non seccate! Neanche qui si sta tranquilli!
(con vocetta lamentosa,