Resa a discrezione. Giacosa Giuseppe
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Io?
Non è vero?
Affatto! e non so chi abbia potuto dire…
Queste signore… or ora.
Ah! è un tradimento!
Come?
Vedete? Non occorre far nomi. Sbrigatevela con lei.
Contessa, mi spiegherete! (discorrono).
Dunque?
Dunque?
Mi fate la corte?
È bella e fatta.
Sareste disposto a commettere delle pazzie per me?
Qualunque cosa facessi sarebbe un atto ragionevole. Una sola forse meriterebbe il nome di pazzia.
Ed è?
L'innamorarmi seriamente di voi.
Non sarebbe una pazzia, sarebbe un'assurdità.
Se m'accompagnate in capo al mondo ci vado.
La pazzia la commetterei io. Bel merito!
Che colpa ci ho, se per guadagnarmi le vostre grazie non conosco nulla che mi costi fatica!
Che miseria! Ecco un uomo di spirito che non sa immaginare un solo atto di sacrifizio per conquistare l'amore d'una donna.
Le donne non sanno più inspirare eroismi.
Oh! datemi un uomo meno infiacchito di tutti voi e vedrete.
È giusto! le sole pazzie meritorie sono quelle dei savi.
E dato quell'uomo forte, vi proporreste di fargli andare la testa in giro?
Come una trottola; non fosse che per vendicarmi.
Di che?
Della vostra presunzione che vi rende perfino scortesi.
SCENA V
La carrozza della Contessa di Francofonte, la carrozza della Baronessa Roveri. (via).
Addio, Elena. (si alza).
Che fretta!
Alle nove vengono da me gli amici di mio marito, se tardo se ne vanno. Gli uomini non sanno più aspettare. Mi accompagnate, Rulfi?
Oh vedrai che non potrà. Gli uomini si fanno pregare ora.
Infatti devo andare all'Apollo. Stassera fanno il ballo prima dell'Opera.
Allora si capisce.
Voi D'Aspri?
Ho appuntamento all'Apollo anch'io: anzi, Contessa, dovreste metterci voi sino alla porta del teatro. L'allungate di così poco.
Ma sì, figuratevi! Buona sera. (saluta. Elena accompagna Elvira fino all'uscio, chiacchere e risa, via Elvira, Paolo e Rulfi).
Vieni?
Volevo proportelo, mi secco… io dopo pranzo…
Hai bisogno d'aria come me.
Aspetta, avverto mia moglie.
Fai…
Io vado, sai?
Benissimo.
Andiamo?
Guarda, s'alza la Baronessa. (Masina s'alza e saluta i vicini). Andiamocene nella confusione a modo della Corte. (si ecclissano senza esser veduti).
Vado anch'io.
Buona sera.
Ho un posto in carrozza. Chi viene dalle mie parti?
Io.
Bravo. Ah! mentre mi ricordo, Elena, quella famosa ricamatrice non ha finito ancora?
La colpa è d'Enrico che doveva disegnare le cifre.
Oh, guarda!
Ve ne siete scordato?
Del tutto. Ma le disegnerò stassera, mi faccio un nodo al fazzoletto.
Senza di che…
E me le porterete domani?
Mi darete da pranzo?
Sarà un doppio favore che mi fate. (a tutti) Addio. (va ad Elena) Rimani. (via Masina, Enrico, Lorenzo e Rubaconti).
SCENA VI
Eh! che galanteria! tutti così.
E voi ve ne affliggete?
Vorrei poter far del male a qualcheduno.
C'è Filippo per questo.
Non basta. (entra Teodoro) Oh, zio!
Contessa. Non è venuto ancora il mio protetto?
No.
Ah! il viaggiatore! Come si chiama?