Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 3. Edward Gibbon

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Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 3 - Edward Gibbon

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III. Tacito assai frequentemente confida, che la curiosità o la riflessione de' suoi lettori sia per supplire a quelle intermedie circostanze ed idee, che nell'estrema sua precisione ha creduto proprio di sopprimere. Noi possiamo dunque avventurarci ad immaginare qualche probabil motivo, che diriger potesse la crudeltà di Nerone contro i Cristiani di Roma, de' quali non meno l'oscurità che l'innocenza avrebbe dovuto porli al coperto dallo sdegno ed anche dalla cognizione di esso. Gli Ebrei, che si trovavano in gran numero nella Capitale, ed eran oppressi nel proprio paese, formavano un oggetto molto più confacente a' sospetti dell'Imperatore, e del Popolo; nè potea parere improbabile, che una vinta nazione, la quale già manifestava il proprio abborrimento pel giogo Romano, potesse ricorrere a' mezzi più atroci, per soddisfare il suo implacabile desiderio di vendicarsi. Ma gli Ebrei avevano molto potenti avvocati nel Palazzo, ed anche nel cuor del Tiranno, cioè la bella Poppea, di lui moglie e signora, ed un favorito commediante della razza d'Abramo, che avevano già impiegate le loro intercessioni a favore del colpevole Popolo40. Bisognava in loro vece offerire qualche altra vittima, e si potè suggerir facilmente, che sebbene i veri seguaci di Mosè fossero innocenti dell'incendio di Roma, fra loro era insorta una nuova perniciosa setta di Galilei, ch'era capace de' misfatti i più orribili. Sotto il nome di Galilei si confondevano due distinte specie di uomini le più opposte fra loro ne' costumi e ne' principj, vale a dire i Discepoli, che avevano abbracciata la fede di Gesù di Nazaret41, e gli Zeloti, che aveano seguito la bandiera di Giuda Gaulonita42. I primi erano amici, i secondi nemici del genere umano; e l'unica somiglianza, che fosse tra loro, consisteva nell'istessa inflessibil costanza, che per difesa della lor causa li rendeva insensibili a' tormenti ed alla morte. I seguaci di Giuda, che inducevano i lor nazionali alla ribellione, restaron presto sepolti sotto le rovine di Gerusalemme; laddove quelli di Gesù, conosciuti sotto il più celebre nome di Cristiani, si diffusero per tutto l'Impero Romano. Quanto egli era naturale per Tacito, nel tempo d'Adriano, l'attribuire a' Cristiani la colpa ed i tormenti, che poteva con molto maggior verità e giustizia imputare ad una setta, della quale quasi era estinta l'odiosa memoria! IV. Qualunque sia l'opinione, che vogliamo avere di tal congettura (giacchè non è questa più che una congettura) egli è chiaro, che gli effetti non meno che la causa della persecuzione di Nerone furono ristretti alle mura di Roma43; che le religiose opinioni de' Galilei, o de' Cristiani, non furono mai un oggetto di pena, o anche di pura inquisizione; e che siccome l'idea de' lor patimenti fu per lungo tempo connessa con quella della crudeltà ed ingiustizia, così la moderazione de' seguenti Principi li dispose a risparmiare una setta oppressa da un Tiranno, il furore del quale ordinariamente s'era diretto contro la virtù e l'innocenza.

      Egli è in qualche modo da notarsi, che le fiamme della guerra consumaron quasi nel medesimo istante il tempio di Gerusalemme ed il Campidoglio di Roma44; nè sembra meno singolare, che il tributo della devozione, destinato pel primo, convenir si dovesse dalla forza di un vincitore insultante in restaurare ed ornar lo splendore dell'altro45. L'Imperatore impose una tassa generale per via di capitazione sul popolo Ebreo, e quantunque la somma, che toccò a ciascheduno individuo, non fosse considerabile, pure l'uso pel quale era destinata, e la severità, con cui si esigeva, la facevano riguardare come un intollerabile peso46. Poichè i ministri di tal esazione estendevano le loro ingiuste ricerche a molti, che niente avevan che fare col sangue, o con la religion degli Ebrei, era impossibile che i Cristiani, i quali sì spesso eransi coperti sotto l'ombra della Sinagoga, evitassero allora quella rapace persecuzione. Ansiosi com'erano di sfuggire la più leggiera infezione d'idolatria, la lor coscienza vietava ad essi di contribuire all'onore di quel demonio, che aveva preso il carattere di Giove Capitolino. Siccome un assai numeroso benchè decadente partito fra' Cristiani, aderiva sempre alla legge di Mosè, gli sforzi, che facevano per nasconder la loro origine Giudaica, venivano scoperti dalla decisiva testimonianza della circoncisione47, nè i Magistrati Romani avean comodo d'investigare la differenza de' religiosi sentimenti. Fra' Cristiani presenti al Tribunale dell'Imperatore, o come par più probabile, avanti a quello del Procurator della Giudea, si dice che ve ne comparissero due distinti per la loro estrazione, ch'era veramente più nobile di quella de' più gran Monarchi. Questi erano i nipoti di S. Giuda Apostolo, fratello di Gesù Cristo48. Le lor naturali pretensioni al trono di David potevan forse attirar loro il rispetto del Popolo, ed eccitar la gelosia del Governatore; ma la bassezza del loro vestire e la semplicità delle lor risposte lo convinsero ben presto, ch'essi non erano desiderosi, nè capaci di turbar la pace del Romano Impero. Essi confessarono francamente la propria stirpe reale e la stretta parentela che avevano col Messia, ma rinunziarono ad ogni temporale oggetto, e si protestarono, che il regno, da essi devotamente aspettato, era puramente di una specie spirituale ed angelica. Quando esaminati furono intorno a' loro beni ed impieghi, mostrarono le loro mani indurite dalla giornaliera fatica, e dichiararono, che traevan tutto il loro mantenimento dalla coltivazione di un fondo vicino al villaggio di Cocaba dell'estensione di circa 24 acri Inglesi49 e del valore di 9000 dramme, o sia di trecento lire sterline. I nipoti di S. Giuda furon licenziati con compassione e disprezzo50.

      Ma quantunque l'oscurità della casa di David la potesse far sicura da' sospetti di un tiranno, tuttavia la presente grandezza della propria famiglia pose in agitazione la pusillanime indole di Domiziano, il quale non poteva quietarsi, se non se col sangue di que' Romani, che egli temeva, o detestava, o stimava. De' due figli di Flavio Sabino51 suo zio, il maggiore fu tosto convinto di meditare tradimenti, ed il minore, che aveva il nome di Flavio Clemente, dovè la propria salvezza alla mancanza di coraggio e di abilità52. L'Imperatore distinse per lungo tempo un sì innocente congiunto col suo favore e con la sua protezione, gli diede in isposa la sua nipote Domitilla, adottò i figli di quel matrimonio, dando loro la speranza della successione, ed investinne il padre degli onori del Consolato. Appena però ebbe finita l'annuale sua magistratura, che per un leggiero pretesto fu condannato e posto a morte; Domitilla fu bandita in un'Isola abbandonata sulle coste della Campania53; e furon pronunziate sentenze di morte, o di confiscazioni contro un gran numero di persone, che si trovarono involte nell'accusa medesima. Il delitto imputato loro fu quello di Ateismo, e di costumi Giudaici54; singolare associazione d'idee, la quale non può con alcuna verosimiglianza applicarsi, che a' Cristiani presi in quell'aspetto, nel quale venivano oscuramente ed imperfettamente risguardati da' Magistrati e dagli scrittori di quella età. Sulla forza di una interpretazione così probabile, che ammette con troppa violenza i sospetti di un tiranno, come una prova del lor onorevol delitto, la Chiesa ha posto Clemente e Domitilla fra' suoi primi martiri, ed ha infamati gli atti di Domiziano chiamandoli seconda persecuzione. Ma questa (se pur merita questo nome) non fu di lunga durata. Pochi mesi dopo la morte di Clemente e l'esilio di Domitilla, Stefano, liberto del primo, che aveva goduto il favore, ma sicuramente non aveva abbracciata la fede della sua Padrona, assassinò l'Imperatore nel proprio di lui palazzo55. La memoria di Domiziano fu condannata dal Senato; furono annullati i suoi atti; gli esiliati da lui, richiamati; e sotto il dolce governo di Nerva, mentre si restituirono gl'innocenti ai gradi ed alle sostanze loro e fortune, anche i più colpevoli ottennero il perdono, o evitarono la punizione56.

      II. Circa dieci anni dopo, sotto il regno di Traiano, fu affidato a Plinio il Giovane dal suo amico e signore il governo della Bitinia e del Ponto. Egli si trovò tosto perplesso nel determinare a qual regola di giustizia o di legge dovesse appigliarsi nell'esecuzione di un uffizio il più ripugnante alla sua umanità. Plinio non si era mai trovato presente ad alcun processo giudiciale contro i Cristiani, de' quali sembra che non conoscesse che il nome, e gli era del tutto ignota la natura del lor delitto, il metodo di

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<p>40</p>

Il nome del commediante era Alituro. Per il medesimo canale Gioseffo (de vita sua c. 3.) aveva ottenuto, circa due anni prima, il perdono e la libertà di alcuni Sacerdoti Ebrei ch'erano prigionieri in Roma.

<p>41</p>

L'erudito Dottore Lardner (Testimonianze giudaiche, e Gentili Vol. II. p. 101-103) ha provato, che il nome di Galilei fu molto antico, e forse la prima denominazione dei Cristiani.

<p>42</p>

Gioseff. Antiq. XVIII. 1, 2. Tillemont. Ruine des Juifs (p. 742.). I figli di Giuda furono crocifissi al tempo di Claudio. Il suo nipote Eleazaro, dopo la presa di Gerusalemme, difese una forte rocca con 960 de' suoi più disperati seguaci. Quando l'ariete ebbe fatto una breccia, essi rivoltaron le loro spade contro le loro mogli ed i figli, e finalmente contro i lor propri petti; e tutti morirono, fino all'ultimo.

<p>43</p>

Vedi Dodwell. Paucitat. Martir. l. XIII. La inscrizione Spagnuola appresso Grutero, p. 238. n. 9, è una manifesta e conosciuta menzogna, inventata da quel famoso impostore Ciriaco di Ancona, per lusingare l'orgoglio ed i pregiudizi degli Spagnuoli. Vedi Ferreras (Hist. d'Espagne Tom. I p. 192.)

<p>44</p>

Il Campidoglio fu bruciato nel tempo della guerra civile fra Vespasiano e Vitellio il dì 19 Decembre dell'anno 69. Il tempio di Gerusalemme restò distrutto ne' 10 Agosto del 70 per le mani de' Giudei stessi, piuttosto che per quelle de' Romani.

<p>45</p>

Il nuovo Campidoglio fu dedicato da Domiziano (Sveton. in Domitian. c. 5. Plutarco in Poplicol. Tom. I. p. 230, Edit. Bryan.) Il solo indoramento costò 12000 talenti (più di cinque milioni di zecchini). Fu opinione di Marziale (l. IX. Epig. 3,) che se l'Imperatore avesse voluto esigere il suo denaro, Giove medesimo, neppure col porre generalmente all'incanto l'Olimpo, avrebbe potuto pagare due scellini per lira.

<p>46</p>

Rispetto al Tributo vedasi Dione Cassio (l. LXVI. p. 1082 con le note di Reimaro), Spanemio (de usu numism. Tom. II. p. 571) e Basnag. (Hist. des Juifs l. VII. c. 2.)

<p>47</p>

Svetonio (in Domitian. c. 12) avea veduto un vecchio di novant'anni pubblicamente esaminato avanti al Tribunale del Procuratore. Questo è quel che Marziale chiama Mentula tributis damnata.

<p>48</p>

Questa denominazione a principio s'intese nel senso più comune, e fu supposto che i fratelli di Gesù fossero la legittima prole di Maria e di Giuseppe. Un divoto rispetto per la virginità della Madre di Dio suggerì agli Gnostici, ed in seguito a' Greci ortodossi l'espediente di dare una seconda moglie a Giuseppe. I Latini, fino dal tempo di Girolamo, vi accrebbero qualche cosa, attribuirono a Giuseppe un celibato perpetuo, e con molti esempi simili giustificarono la nuova interpretazione, che Giuda ugualmente che Giacomo e Simone, i quali sono chiamati fratelli di Gesù Cristo, non fossero che suoi primi cugini. Vedi Tillemont, Memoir. Eccles. (Tom. I. part. III.) e Beausobre, Hist. critiq. du Manich. (l. II c. 2.)

<p>49</p>

Trenta nove πλεθρα, quadrati di cento piedi l'uno, il qual terreno, rigorosamente computato, appena formerebbe la somma di nove acri. Ma la probabilità delle circostanze, la pratica degli altri scrittori Greci e l'autorità del Valois mi fanno inclinare a credere, che si usi il πλεθρον per esprimere il Romano jugero.

<p>50</p>

Euseb. III. 20. La storia o presa da Egesippo.

<p>51</p>

Vedasi la morte, ed il carattere di Sabino appresso Tacito (Hist. III. 74-75). Sabino era il fratel maggiore di Vespasiano, e fino all'avvenimento al trono di lui, si era considerato come il principal sostegno della famiglia Flavia.

<p>52</p>

Flavium Clementem patruelem suum contemtissimae inertiae… ex tenuissima suspicione interemit. Sueton. in Domit. c. 15.

<p>53</p>

L'Isola Pandataria secondo Dione. Bruzio Presente (ap. Eusebio III 18) la bandisce in quella di Ponzia, che non era molto distante dalla prima. Tal differenza, ed un errore o d'Eusebio, o de' suoi copisti han data occasione di supporre due Domitille, una moglie, e l'altra nipote di Clemente. Vedi Tillemont, Mem. Eccles. (Tom. II. p. 224.)

<p>54</p>

Dione l. LXVII. p. 1112. Se Bruzio Presente, dal quale probabilmente prese questo racconto, era il corrispondente di Plinio (Epist. VII. 3) possiam risguardarlo come uno scrittore contemporaneo.

<p>55</p>

Sueton. in Domit. c. 17. Filostr. in vit. Apollon. l. VII.

<p>56</p>

Dion. l. LXVIII. p. 1118. Plin. Epist. IV. 22.