Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 4. Edward Gibbon

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Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 4 - Edward Gibbon

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zelo, la stessa dottrina, l'istessa fede e l'istesso culto. Proscritti dalle potestà civile ed ecclesiastica dell'Impero, i Donatisti si mantennero sempre superiori di numero in alcune Province, specialmente nella Numidia; e quattrocento Vescovi riconoscevano la giurisdizione del loro Primate. Ma l'invincibile spirito di tal Setta qualche volta attaccò anche le sue proprie viscere; ed il seno della scismatica loro Chiesa fu lacerato da intestine contese. Un quarto de' Vescovi Donatisti seguì l'indipendente stendardo de' Massimianisti. Lo stretto e solitario sentiero, che avevan segnato i primi lor Capi, continuava a deviare dalla gran società del genere umano. Anche l'impercettibile Setta de' Rogaziani ardiva d'asserire senza rossore, che quando Cristo sarebbe sceso a giudicare la terra, non avrebbe mantenuta la vera sua religione che in pochi ignoti villaggi della Cesarea Mauritania140.

      Lo scisma de' Donatisti limitavasi all'Africa; ma il male più facile a spargersi della controversia intorno alla Trinità, a grado a grado penetrò in ogni parte del Mondo Cristiano. Il primo fu una querela accidentale cagionata dall'abuso della libertà; il secondo fu un alto e misterioso argomento derivato dall'abuso della Filosofia. Dal tempo di Costantino fino a quello di Clodoveo e di Teodorico, gl'interessi temporali sì dei Romani che de' Barbari furon profondamente involti nelle teologiche dispute dell'Arrianesimo. Può dunque permettersi ad un Istorico di tirar rispettosamente il velo del Santuario, o di seguire il progresso della ragione e della fede, dell'errore e della passione, dalla scuola di Platone fino alla decadenza e rovina dell'Impero.

      A. A. C. 360

      Il genio di Platone, diretto dalla sua propria meditazione o dalla tradizionale scienza de' Sacerdoti dell'Egitto141 aveva osato d'esplorare la misteriosa natura della Divinità. Dopo d'aver elevato la sua mente alla sublime contemplazione della necessaria causa dell'universo esistente da se medesima, il saggio Ateniese non era capace d'intendere, come la semplice unità della sua essenza potesse ammetter l'infinita varietà delle distinte e successive idee, che compongono il sistema del Mondo intellettuale; come un Ente puramente incorporeo eseguir ne potesse il perfetto modello, e con mano creatrice dar forma al rozzo e indipendente caos. La vana speranza di sbrigarsi da queste difficoltà, che sempre debbon opprimere le deboli facoltà della mente umana, potè indur Platone a considerar la natura Divina sotto la triplice modificazione, di prima causa, di ragione o di Logos, e di anima o spirito dell'Universo. La sua poetica immaginazione fissò talvolta ed animò queste metafisiche astrazioni; si rappresentano i tre archici, o sia originali principj nel sistema di Platone, come tre Dei, uniti l'uno coll'altro mediante una misteriosa ed ineffabil generazione; ed il Logos fu particolarmente considerato sotto il più accessibil carattere di Figlio di un eterno Padre Creatore e Governatore del Mondo. Tali pare che fossero le segrete dottrine, che venivano misteriosamente insegnate ne' giardini dell'Accademia, e che, secondo i più recenti discepoli di Platone, non potevano perfettamente intendersi che dopo un assiduo studio di trent'anni142.

      A. A. C. 300

      Le armi de' Macedoni sparsero la lingua e la dottrina della Grecia nell'Asia e nell'Egitto; e s'insegnava con poca riserva e forse con qualche aggiunta il sistema teologico di Platone nella celebre scuola di Alessandria143. Il favore de' Tolomei aveva invitato una colonia numerosa di Ebrei a stabilirsi nella nuova lor capitale144. Nel tempo che il grosso della nazione praticava le ceremonie legali, ed attendeva alle lucrose occupazioni del commercio, alcuni pochi Ebrei d'uno spirito più coltivato, si consacravano alla religiosa e filosofica contemplazione145. Studiarono essi con diligenza, ed abbracciarono con ardore il sistema teologico del Savio d'Atene. Ma il nazional loro orgoglio, sarebbe rimasto mortificato da una chiara confessione dell'antica lor povertà, e arditamente spacciarono come una sacra eredità de' loro maggiori l'oro e le gioie, che avevano sì recentemente involato agli Egizi loro Signori. Cent'anni avanti la nascita di Cristo gli Ebrei d'Alessandria pubblicarono un trattato filosofico, che manifestamente dimostra lo stile ed i sentimenti della scuola di Platone, e fu di unanime consenso ricevuto come una genuina e stimabil reliquia dell'inspirata sapienza di Salomone146. Una simigliante unione della fede Mosaica e della filosofia Greca distingue le opere di Filone, che per la massima parte furon composte nel regno d'Augusto147.

      L'anima materiale dell'Universo148 poteva offendere la pietà degli Ebrei. Ma essi applicarono il carattere del Logos al Jehovah di Mosè e de' Patriarchi; e fu introdotto il Figlio di Dio sulla terra sotto una visibile ed anche umana figura, per fare que' famigliari uffizi, che sembrano incompatibili colla natura e cogli attributi della Causa Universale149.

      A. A. C. 97

      L'eloquenza di Platone, il nome di Salomone, l'autorità della scuola d'Alessandria, ed il consenso dei Greci e degli Ebrei non erano sufficienti a stabilire la verità d'una misteriosa dottrina, che potrebbe piacere ad una mente ragionevole, ma non soddisfarla. Solo un Profeta o un Apostolo, inspirato dalla Divinità, può esercitare un legittimo potere sulla fede degli uomini; e la teologia di Platone sarebbe restata per sempre confusa con le filosofiche visioni dell'Accademia, del Portico e del Liceo, se il nome e i divini attributi del Logos, non si fossero confermati dalla celeste penna dell'ultimo e del più sublime fra gli Evangelisti150. La rivelazione Cristiana, che fu consumata sotto il regno di Nerva, scuoprì al Mondo il sorprendente segreto, che il Logos, ch'era con Dio fin dal principio, ed era Dio, che aveva fatto tutte le cose; e per cui tutte le cose erano state fatte, s'era incarnato nella persona di Gesù di Nazaret, che era nato da una Vergine, e morto sulla croce. Oltre il general disegno di stabilire sopra una perpetua base gli onori divini di Cristo, i più antichi e rispettabili Scrittori Ecclesiastici hanno attribuito al Teologo Evangelico l'intenzione particolare di confutar due opposte eresie, che disturbavano la pace della primitiva Chiesa151. In primo luogo, la fede degli Ebioniti152, e forse de' Nazareni153, era grossolana ed imperfetta. Essi veneravan Gesù, come il più grande fra' Profeti, dotato di virtù e potere soprannaturale. Attribuivano alla persona ed al regno futuro di esso tutte le predizioni degli oracoli Ebrei, che si riferiscono allo spirituale ed eterno regno del promesso Messia154. Alcuni fra loro confessavano forse, ch'egli era nato da una Vergine; ma ostinatamente rigettavano la precedente esistenza e le divine perfezioni del Logos, o del Figlio di Dio, che sì chiaramente son definite nel Vangelo di S. Giovanni. Circa cinquant'anni dopo, gli Ebioniti, gli errori de' quali son rammentati da Giustino Martire con minore severità di quella che sembrerebbero meritare155 formavano una parte molto poco considerabile del nome Cristiano. In secondo luogo, i Gnostici, che si distinguevano coll'epiteto di Dociti, caddero nell'estremo contrario; e volendo sostener la natura divina di Cristo, ne abbandonarono l'umana. Educati nella scuola di Platone ed assuefatti alla sublime idea del Logos, facilmente concepivano, che il più luminoso Eone, o Emanazione della Divinità, potesse assumer l'esterna figura, e le apparenze visibili di un mortale156; ma vanamente pretendevano che le imperfezioni della materia fossero incompatibili colla purità di una sostanza celeste. Mentre ancor fumava il sangue di Cristo sul monte Calvario, i Dociti inventarono l'empia e stravagante ipotesi, che invece d'esser nato dal seno della Vergine157, fosse disceso sulle rive del Giordano in forma d'uomo perfetto; che avesse ingannato i sensi de' suoi nemici e de' suoi discepoli; e che i Ministri di Pilato esercitato avessero l'impotente lor rabbia sopra un aereo fantasma, il quale parve che spirasse sopra la croce, e dopo tre giorni risuscitasse da morte158.

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<p>140</p>

Tillemont. (Mem. Eccl. Tom. VI. p. 1. pag. 253.) Egli deride la parziale lor crudeltà, mentre rispetta Agostino, il gran Dottore del sistema della predestinazione.

<p>141</p>

Plato Aegyptum peragravit, ut a Sacerdotibus Barbaris numeros et coelestia acciperet. Cicer. de Finib. c. 25. Gli Egizi potevan tuttavia conservare la tradizional fede dei Patriarchi. Gioseffo ha persuaso molti de' Padri Cristiani, che Platone traesse una parte delle sue cognizioni dagli Ebrei; ma non può conciliarsi tal vana opinione coll'oscuro stato, e con gl'insociabili costumi del popolo Giudaico, le scritture del quale non furono accessibili alla curiosità Greca fino a più di cent'anni dopo la morte di Platone. Vedi Marsham. Can. Chron. pag. 144. Le Clerc Epist. crit. VII. pag. 177-194.

<p>142</p>

Le moderne guide, che mi hanno condotto alla cognizione del sistema Platonico, sono Cudworth (System. Intell. p. 568-620), Basnage (Hist. des Juifs. l. IV. c. IV. p. 53, 86), Le Clerc (Epist. crit. VII. p. 194, 209), e Brucker (Hist. Philos. Tom. I. p. 675-706). Siccome l'erudizione di questi Scrittori era uguale, e diversa la loro intenzione, così un attento osservatore può trarre istruzione dalle loro dispute, e certezza da' loro argomenti.

<p>143</p>

Brucker Hist. Philos. Tom. I. p. 1349, 1357. Si celebra la scuola Alessandrina da Strabone (l. 17.), e da Ammiano (XXII. 6).

<p>144</p>

Joseph Antiq. lib. XII. c. 1. 3, Basnage Hist. des Juifs. l. VII. c. 7.

<p>145</p>

Quanto all'origine della filosofia Giudaica vedi Eusebio, Prepar. Evang. VIII. 9, 10. Secondo Filone i Terapeuti studiavan la filosofia; e Brucker ha provato (Hist. Philos. Tom. II. p. 787) ch'essi preferivano quella di Platone.

<p>146</p>

Vedi Calmet. (Dissert. sur la Bibl. Tom. II. p. 277.) Il libro della Sapienza di Salomone fu da molti Padri riguardato come opera di quel Monarca; e sebbene sia rigettato da' Protestanti per mancanza di un originale Ebraico, pure ha ottenuto, col resto della volgata, l'approvazione del Concilio di Trento.

<p>147</p>

Il Platonismo di Filone, che fu celebre a segno tale da passare in proverbio, si pose fuor d'ogni dubbio dal Le Clerc (Epist. Crit. VIII. p. 211-228). Basnagio (Hist. des Juifs. l. IV. c. 5) ha chiaramente dimostrato, che le opere teologiche di Filone furon composte avanti la morte e probabilissimamente avanti la nascita di Cristo. In tempo di tale oscurità son più sorprendenti le cognizioni di Filone che i suoi errori. Bull. (Defens. Fid. Nic. s. I. c. 1. p. 12).

<p>148</p>

Mens agitat molem, et magno se corpore miscet. Oltre quest'anima materiale, Cudworth ha scoperto (p. 562) in Amelio, in Porfirio, in Plotino, e per quanto egli crede, in Platone medesimo, una superiore, spirituale upercosmiana, (sopramondana) anima dell'Universo. Ma Brucker, Basnagio, e Le Clerc rigettano questa doppia anima, come una vana fantasia de' Platonici posteriori.

<p>149</p>

Petavio Dogm. Theol. Tom. II. lib. VIII. c. 2. p. 791. Bull. Def. Fid. Nic. s. 1. c. 1 p. 8, 13. Questa nozione, fino a tanto che non ne fu abusato dagli Arriani, era liberamente ammessa nella Cristiana Teologia. In Tertulliano (adv. Prax. c. 16) si trova un notabile e pericoloso passo. Dopo d'avere poste in contrasto fra loro con indiscreta acutezza le azioni di Jehovah e la natura di Dio, conclude in tal modo: scilicet et haec nec de Filio Dei credenda fuisse, si scripta non essent, fortasse non credenda de Patre, licet scripta.

<p>150</p>

I Platonici ammiravano il principio dell'Evangelio di S. Giovanni, come contenente un esatto compendio de' propri loro dommi. Agostino de Civ. Dei X. 29. Amellio ap. Cirill. advers. Julian. l. VIII p. 283. Ma nel terzo e quarto secolo i Platonici d'Alessandria migliorare poterono la loro Trinità, mediante lo studio segreto della Teologia Cristiana.

<p>151</p>

Vedi Beausobre Hist. Crit. du Manicheisme Tom. I. p. 377. Si suppone, che il Vangelo di S. Giovanni fosse pubblicato circa 70 anni dopo la morte di Cristo.

<p>152</p>

Le opinioni degli Ebioniti sono chiaramente esposte dal Mosemio (p. 331), e dal Le Clerc (Hist. Eccl. p. 535). Le costituzioni Clementine, pubblicate fra' Padri Apostolici, sono attribuite da' Critici ad uno di questi Settari.

<p>153</p>

I buoni Polemici, come Bull, (Judic. Eccl. Cathol. c. 2), insistono sull'ortodossia de' Nazareni, che agli occhi di Mosemio (p. 330) sembra meno pura e certa.

<p>154</p>

L'umile condizione ed i patimenti di Gesù sono sempre stati un forte ostacolo per gli Ebrei. Deus… contrariis coloribus Messiam depinxerat; futurus erat rex, judex, pastor. Vedi Limborch ed Orobio Amica. Collat. p. 8, 19, 53-76, 192-234. Ma quest'obbiezione ha obbligato i credenti Cristiani ad innalzare i loro occhi ad un regno spirituale ed eterno.

<p>155</p>

Giustino Mart. Dial. cum Tryphon. p. 143, 144. Vedi Le Clerc Hist. Eccl. p. 615. Bull e Grabe editori di esso (Judic. Eccl. Cathol. c. 8 e append.) tentano di storcere o i sentimenti o le parole di Giustino; ma la violenta loro correzione del testo viene rigettata anche dagli Editori Benedettini.

<p>156</p>

Gli Arriani rimproveravano agli Ortodossi di aver preso in prestito da' Valentiniani e da' Marcioniti la loro Trinità. Vedi Beausobre Hist. du Manich. l. III. c. 5, 7.

<p>157</p>

Non dignum est ex utero credere Deum, et Deum Christum… non dignum est, ut tanta majestas per sordes et squallores mulieris transire credatur. I Gnostici sostenevano l'impurità della materia e del matrimonio; e si scandalizzavano delle grossolane interpretazioni de' Padri e di Agostino medesimo. Vedi Beausobre (Tom. II. p. 523).

<p>158</p>

Apostolis adhuc in saeculo superstitibus, apud Iudeam Christi sanguine recente, et phantasma corpus Domini asserebatur. Cotelerio (Patr. Apost. Tom. II. p. 24) crede che quelli, che non accordano che i Dociti nascessero nel tempo degli Apostoli, con egual ragione possono anche negare, che il sole risplenda nel mezzogiorno. Questi Dociti, che formavano il più considerabil partito fra gli altri Gnostici, eran chiamati così perchè non davano a Cristo che un corpo apparente.