Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 4. Edward Gibbon
Чтение книги онлайн.
Читать онлайн книгу Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 4 - Edward Gibbon страница 9
VI. Ogni Governo popolare ha provato gli effetti d'una rozza o artificiale eloquenza. Il naturale più freddo viene animato, e la ragione più soda vien mossa dalla rapida comunicazione dell'impeto che prevale; ed ogni uditore si trova spinto dalle sue proprie passioni, e da quelle della moltitudine che lo circonda. La rovina della libertà civile aveva fatto tacere i Demagoghi d'Atene ed i Tribuni di Roma: non s'era introdotto ne' templi dell'antichità il costume di predicare, che par che formi una parte considerabile della devozione Cristiana, e le orecchie de' Monarchi non erano mai state tocche dall'aspro suono della popolar eloquenza, finattanto che i pulpiti dell'Impero furon pieni di sacri Oratori, che godevano alcuni vantaggi incogniti a' profani loro predecessori122. Agli argomenti ed alla rettorica del Tribuno immediatamente si opponevano con uguali armi abili e risoluti antagonisti; e la causa della verità e della ragione poteva trarre per accidente qualche vantaggio dal conflitto delle contrarie passioni. Il Vescovo o qualche distinto Prete, al quale aveva esso cautamente delegata la facoltà di predicare, parlava, senza rischio d'esser interrotto o contraddetto, ad una sommessa moltitudine, le cui menti erano già disposte e convinte dalle venerande ceremonie della religione. Era tanto stretta la subordinazione della Chiesa Cattolica, che nel tempo stesso potevan partire da cento pulpiti dell'Italia o dell'Egitto suoni concertati nella medesima forma, qualora essi fossero diretti123 dalla mano maestra del Primate Romano o Alessandrino. Il disegno di tale instituzione era lodevole, ma i frutti non furono sempre salutari. I predicatori raccomandavano la pratica de' doveri sociali; ma esaltavano la perfezione della virtù Monastica, ch'è penosa per gli individui ed inutile pel genere umano. Le lor caritatevoli esortazioni dimostravano una segreta brama che fosse affidato al Clero il maneggio de' beni de' Fedeli per benefizio de' poveri. Le più sublimi rappresentazioni degli attributi e delle leggi di Dio venivano contaminate da una vana mistura di metafisiche sottigliezze, di riti puerili e di supposti miracoli; e col più fervido zelo si diffondevano sul merito religioso di detestar gli avversari della Chiesa, e di ubbidirne i ministri. Quando l'eresia o lo scisma turbava la pubblica pace, i sacri oratori suonavan la tromba della discordia e forse della sedizione. Per mezzo de' misteri si rendeva perplesso l'intelletto degli uditori; se ne infiammavano le passioni colle invettive; ed essi uscivano da' tempj Cristiani d'Antiochia o d'Alessandria, preparati o a soffrire o a dare il martirio. Nelle veementi declamazioni de' Vescovi Latini si vede chiaramente la corruzione del gusto e della lingua; ma le composizioni di Gregorio o di Grisostomo si son paragonate a' modelli più splendidi dell'Attica o almeno dell'Asiatica eloquenza124.
A. D. 314-325
VII. I rappresentanti della Repubblica Cristiana ogni anno adunavansi regolarmente nella primavera e nell'autunno; e questi Sinodi sparsero lo spirito della disciplina e legislazione Ecclesiastica per le centoventi Province del Mondo Romano125. L'Arcivescovo o il Metropolitano era dalle leggi autorizzato a convocare i Vescovi suffraganei alla sua Provincia, ad invigilare sulla lor condotta, a sostenerne i diritti, a dichiararne la fede, e ad esaminare il merito de' candidati, che venivano eletti dal Clero e dal Popolo, per supplire alla vacanza del collegio Episcopale. I Primati di Roma, d'Alessandria, d'Antiochia, di Cartagine, ed in seguito di Costantinopoli, che godevano una giurisdizione più ampia, adunavano le numerose assemblee de' Vescovi lor dipendenti. Ma era una prerogativa propria del solo Imperatore la convocazione de' Sinodi grandi e straordinari. Ogni volta che le occorrenze della Chiesa richiedevano si venisse a tal passo decisivo, egli mandava una perentoria intimazione a' Vescovi o ai Deputati di ciascheduna Provincia, coll'ordine opportuno per l'uso de' cavalli pubblici, o con assegnamenti convenienti per le spese del loro viaggio. Ne' primi tempi, allorchè Costantino era protettore piuttosto che proselito del Cristianesimo, egli rimise la controversia Affricana al Concilio d'Arles, in cui si trovarono come fratelli ed amici i Vescovi di Yorck, di Treveri, di Milano, e di Cartagine per dibattere nel nativo loro linguaggio il comune interesse della Chiesa Latina e Occidentale126. Undici anni dopo, a Nicea nella Bitinia, fu convocata una più celebre e numerosa assemblea, per estinguere con definitiva sentenza le sottili dispute ch'erano insorte nell'Egitto sopra la Trinità. Trecento diciotto Vescovi obbedirono all'intimazione dell'indulgente loro Signore; gli Ecclesiastici di ogni specie, setta o nome, vennero computati fino a duemila quarantotto persone127; i Greci vi comparvero personalmente, ed il consenso de' Latini fu espresso da' Legati del Romano Pontefice. Le sessioni, che durarono circa due mesi, frequentemente furon onorate dalla presenza dell'Imperatore. Lasciando esso le guardie alla porta, sedeva (colla permissione del Concilio) sopra una piccola sedia nel mezzo dell'assemblea. Costantino ascoltava con pazienza e parlava modestamente; e nel mentre che influiva sulle discussioni, protestava umilmente, ch'egli era il ministro non il giudice de' successori degli Apostoli, ch'erano stati stabiliti come Sacerdoti e come Dii sulla terra128. Tal profonda venerazione d'un assoluto Monarca verso un debole disarmato congresso di propri sudditi, non si può paragonare che al rispetto con cui si trattava il Senato da' Principi Romani, che adottarono la politica d'Augusto. Nello spazio di cinquant'anni, uno spettator filosofico delle umane vicende avrebbe potuto confrontar Tacito nel Senato di Roma, e Costantino nel Concilio di Nicea. Tanto i Padri del Campidoglio, quanto quelli della Chiesa eran degenerati dalle virtù de' lor fondatori; ma siccome i Vescovi avevan gettate radici più profonde nella pubblica opinione, così sostennero con più decente orgoglio la lor dignità, ed alle volte si opposero con virile spirito alle brame del loro Sovrano. Il progresso del tempo e della superstizione ha cancellato la memoria della debolezza, della passione e dell'ignoranza, che oscurava quegli Ecclesiastici Sinodi, ed il Mondo Cattolico si è concordemente sottomesso129 agl'infallibili decreti de' generali Concilj130.
CAPITOLO XXI
Eresia perseguitata. Scisma de' Donatisti. Controversia Arriana. Atanasio. Stato della Chiesa e dell'Impero, turbato sotto Costantino ed i suoi figli. Tolleranza del Paganesimo.
L'applauso del Clero, grato ad un Principe che ne secondò
116
Era notata ne' pubblici registri di Cirene, Colonia Spartana, la lunga serie de' suoi maggiori fino ad Euristene primo Re Dorico di Sparta, ed il quinto nella linea discendente di Ercole (Sinesio
117
Sinesio (
Tolemaide, nuova città, 82 miglia all'Occidente di Cirene, assunse gli onori di Metropoli della Pentapoli o della Libia superiore, che furon poi trasferiti a Sozusa. Vedi Wesseling (
118
Sinesio avea precedentemente rappresentato le qualità, per le quali si credeva incapace di tal posto (
119
Vedi l'invettiva di Sinesio (
120
La sentenza di scomunica è concepita in uno stile oratorio (Sinesio
121
Vedi Sinesio
122
Vedi il Tomassino (
123
La regina Elisabetta usava quest'espressione, e praticava quest'artifizio ogni volta che desiderava di preoccupar gli animi del popolo in favore di qualche passo straordinario del Governo. Il suo successore ebbe occasione di temere gli ostili effetti di questa
124
Que' modesti Oratori confessavano, che, mancando essi del dono de' miracoli, procuravano di acquistar le arti della eloquenza.
125
Il Concilio Niceno fece ne' Canoni 4, 5, 6 e 7 alcuni regolamenti fondamentali sopra i Sinodi, i Metropolitani ed i Primati. Di questi Canoni si è in varie guise abusato, se n'è contorto il senso, si sono interpolati, e se ne son finti dei nuovi secondo l'interesse del Clero. Le Chiese
126
Non abbiamo che trentatre o quarantasette soscrizioni Episcopali; ma Adone, autore veramente di poco credito, conta seicento Vescovi nel Concilio d'Arles. Tillemont,
127
Vedi Tillemont (
128
Vedi Eusebio
129
130
Vedi l'art.