Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 4. Edward Gibbon

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Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 4 - Edward Gibbon

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il pericoloso privilegio di difender la causa della verità colle armi della falsità e dell'inganno. Spesso l'interesse personale è lo stendardo della nostra fede, non meno che della nostra condotta, e gli stessi motivi di vantaggi temporali, che valsero ad influire sul contegno pubblico e sulla professione di Costantino, poterono anche insensibilmente disporne lo spirito ad abbracciare la religione così favorevole alla sua fama ed alla sua fortuna. Soddisfacevasi alla sua vanità colla lusinghiera asserzione, ch'egli era stato scelto dal Cielo a regnare sopra la terra; l'evento aveva giustificato il divino di lui titolo al trono, e questo titolo stesso era fondato sulla verità della Rivelazione Cristiana. Siccome qualche volta segue che l'applauso non meritato eccita la vera virtù, così l'apparente pietà di Costantino (se pure a principio fu solo apparente) potè a grado a grado per la forza della lode, dell'abito e dell'esempio ridursi ad una seria fede, e ad una fervorosa divozione. I Vescovi e Dottori della nuova setta, l'abito ed i costumi de' quali non eran molto adattati per comparire in una Corte, furono ammessi alla mensa Imperiale; essi accompagnavano il Monarca nelle sue spedizioni, e l'ascendente, che uno di loro, Egizio o Spagnuolo55 che fosse, acquistò sopra di lui, attribuivasi da' Pagani all'effetto della magia56. Furono ammessi all'amicizia e famigliarità del Sovrano tanto Lattanzio, che adornò i precetti del Vangelo colla eloquenza di Cicerone57, quanto Eusebio, che in servigio della Religione adoprò la dottrina e la filosofia de' Greci58; e questi abili maestri di controversie potevano pazientemente aspettare le facili ed opportune occasioni di persuadere e di applicar con destrezza quegli argomenti, ch'erano più acconci al carattere e all'intendimento di esso. Vantaggi d'ogni sorta potevano trarsi dall'acquisto d'un proselito Imperiale, e lo splendor della porpora, piuttosto che la superiorità nel sapere o nella virtù, lo distingueva dalle molte migliaia di sudditi, che avevano abbracciato le dottrine del Cristianesimo. Nè si dee stimare incredibile che la mente d'un ignorante soldato avesse potuto cedere al peso dell'evidenza, che in un secolo più illuminato ha soddisfatto o sottomesso la ragione d'un Grozio, d'un Pascal, o d'un Locke. Questo soldato, fra i continui travagli del suo grand'uffizio, impiegava o affettava d'impiegar le ore della notte a diligentemente studiare la Scrittura, ed a comporre discorsi teologici, che dipoi recitava ad una copiosa udienza, la quale facevagli applauso. In un discorso assai lungo, che tuttavia sussiste, si diffonde il reale Predicatore sulle diverse prove della Religione: ma si ferma con particolar compiacenza su' versi Sibillini59 e sull'Egloga quarta di Virgilio60. Quaranta anni prima della nascita di Cristo, il vate Mantovano, quasi inspirato dalla celeste musa d'Isaia, aveva celebrato con tutta la pompa della metafora Orientale il ritorno della Vergine, la caduta del serpente, la prossima nascita d'un fanciullo divino, prole del gran Giove, che doveva espiare la colpa dell'uman genere, e governar l'universo pacificamente colle virtù di suo padre; lo spuntare e l'apparire d'una razza celeste, una primitiva nazione sparsa pel Mondo, e la successiva restaurazione dell'innocenza e felicità del secolo d'oro. Il Poeta non sapeva forse il segreto senso ed oggetto di tali sublimi predizioni, che si son tanto indegnamente applicate al piccolo figlio d'un Console o d'un Triumviro61; ma se una più splendida e veramente speciosa interpretazione della quarta Egloga contribuì alla conversione del primo Imperator Cristiano, Virgilio merita d'esser posto fra' più efficaci Missionari dell'Evangelio62.

      Si nascondevano i venerandi misteri della fede e del Culto Cristiano agli occhi degli stranieri ed eziandio de' Catecumeni con un'affettata segretezza, la quale non serviva che ad eccitare la lor maraviglia e curiosità63. Ma le regole di severa disciplina, che la prudenza de' Vescovi avea stabilite; dalla prudenza medesima vennero mitigate in favore d'un proselito Imperiale, che tanto importava d'indurre ad entrare, mediante ogni gentile condescendenza, nel sen della Chiesa; ed a Costantino fu permesso, almeno con una tacita dispensa, di godere moltissimi privilegi di Cristiano, prima di averne contratta veruna obbligazione. Invece di ritirarsi dall'assemblea, quando la voce del Diacono licenziava la moltitudine profana, esso pregava co' Fedeli, disputava co' Vescovi, predicava sopra i più sublimi ed intricati argomenti di Teologia, celebrava secondo i riti sacri la vigilia di Pasqua, e si dichiarava pubblicamente non solo partecipante, ma in qualche modo sacerdote e gerofante de' misteri Cristiani64. La vanità di Costantino potè arrogarsi qualche straordinaria distinzione, ed i suoi servigi l'avevano meritata. Un rigore inopportuno avrebbe potuto annebbiare i frutti non per anche maturi della sua conversione; e se rigorosamente si fosser chiuse le porte della Chiesa in faccia ad un Principe che aveva abbandonato gli altari degli Dei, il dominator dell'Impero sarebbe restato privo d'ogni specie di Culto religioso. Nell'ultima sua visita a Roma disapprovò egli piamente ed insultò la superstizione de' suoi maggiori, ricusando di porsi alla testa della militar processione dell'ordine equestre, e di offerire pubblici voti al Giove del colle Capitolino65. Costantino, molti anni prima del suo battesimo e della sua morte, aveva pubblicato al mondo, che non si sarebbe più veduta nè la sua persona nè la sua immagine dentro le mura d'un tempio d'idoli, mentre spargeva per le Province una quantità di medaglie e di pitture, che lo rappresentavano in una umile e supplichevol positura di devozione Cristiana66.

      Non si può facilmente spiegare e scusar l'orgoglio di Costantino, allorchè ricusò i soli diritti di Catecumeno; ma può ben giustificarsi la dilazione del suo battesimo colle massime e colla pratica dell'antica Chiesa. Il Sacramento del battesimo67 s'amministrava regolarmente dal Vescovo stesso coll'assistenza del Clero nella Chiesa Cattedrale della Diocesi nello spazio de' cinquanta giorni, che passano fra le solennità della Pasqua e della Pentecoste, ed in questo sacro tempo si ammetteva un gran numero d'infanti e di adulti nel seno della Chiesa. La discrezione de' genitori spesse volte sospendeva il battesimo de' loro figliuoli, finattanto che potessero intendere quali obbligazioni per mezzo di esso si contraevano; la severità degli antichi Vescovi esigeva da' nuovi convertiti un noviziato di due o tre anni; ed i Catecumeni stessi, per diversi o temporali o spirituali motivi, di rado erano impazienti di ricevere il carattere di perfetti ed iniziati Cristiani. Si supponeva, che il Sacramento del battesimo contenesse una piena ed assoluta purgazion di ogni colpa; e che l'anima riacquistasse istantaneamente l'originale sua purità ed il diritto alla promessa della eterna salute. Fra' proseliti del Cristianesimo v'erano molti, che stimavano un'imprudenza il precipitare un rito salutevole, che non potea più ripetersi, e lo spogliarsi d'un inestimabile privilegio, che non potea più riacquistarsi. Differendo il battesimo, potevano arrischiarsi a soddisfare liberamente le loro passioni col godere di questo Mondo, giacchè avevano sempre in mano i mezzi d'una sicura e facile assoluzione68. La sublime teoria del Vangelo aveva fatto un'impressione molto più debole nel cuore che nella mente di Costantino medesimo. Egli tendeva al grand'oggetto della sua ambizione pe' sanguinosi ed oscuri sentieri della guerra e della politica, e dopo la vittoria s'abbandonava senza moderazione all'abuso della sua fortuna. Invece di sostenere la sua giusta superiorità sopra l'imperfetto eroismo e la profana filosofia di Traiano e degli Antonini, l'età matura di Costantino distrusse la riputazione che aveva acquistata nella sua gioventù. A misura che di grado in grado avanzava nella cognizione della verità, declinava nella pratica della virtù: e quel medesimo anno del suo regno, in cui convocò il Concilio di Nicea, fu macchiato dalla esecuzione o piuttosto dall'assassinio del suo maggior figlio. Questa data è per sè sola sufficiente a confutare le maliziose ed ignoranti suggestioni di Zosimo69, il quale asserisce, che dopo la morte di Crispo, il rimorso del padre ricevè da' ministri del Cristianesimo quell'espiazione, che aveva inutilmente richiesta ai Pontefici Pagani. Al tempo della morte di Crispo, l'Imperatore non poteva più essere dubbioso intorno la scelta d'una religione, e non poteva più ignorare che la Chiesa possedeva un infallibil rimedio, quantunque egli volesse differirne l'applicazione insino a che l'approssimarsi della morte avesse allontanato il pericolo e la tentazione di ricadere. I Vescovi, che nell'ultima sua malattia

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<p>55</p>

Questo favorito era probabilmente il grande Osio Vescovo di Cordova, che preferiva la cura pastorale di tutta la Chiesa al governo d'una diocesi particolare. Atanasio (T. I. p. 703) rappresenta il suo carattere magnificamente, quantunque in breve. Vedi Tillemont, Mem. Eccles. Tom. VII. p. 524-561. Osio fu accusato forse ingiustamente di essersi ritirato dalla Corte con molto abbondanti ricchezze.

<p>56</p>

Vedi Eusebio in vit. Const. passim, e Zosimo l. II, p. 104.

<p>57</p>

Il Cristianesimo di Lattanzio era d'una specie morale, piuttosto che misteriosa. Erat paene rudis (dice l'ortodosso Bull) disciplinae Christianae, et in rethorica melius quam in theologia versatus. Defens. Fid. Nic. sect. II c. 14.

<p>58</p>

Il Fabricio colla solita sua diligenza ha raccolto una lista di tre in quattrocento Autori, citati nella Preparazione Evangelica d'Eusebio. Vedi Bibl. Graec. l. V. c. 4. T. VI. p. 37-56.

<p>59</p>

Vedi Const. Orat. ad Sanctos c. 10, 20. Egli specialmente si fonda sopra un misterioso acrostico, composto nel sesto secolo dopo il diluvio, dalla Sibilla Eritrea e da Cicerone tradotto in Latino. Le lettere iniziali de' trentaquattro versi Greci formano questa profetica sentenza: «Gesù Cristo, figlio di Dio, Salvatore del Mondo».

<p>60</p>

L'Imperatore, nella sua parafrasi di Virgilio, ha spesse volte aiutato e migliorato il senso letterale del testo Latino. Vedi Blondel des Sybilles l. I. c. 14, 15, 16.

<p>61</p>

Le varie pretensioni d'un figlio maggiore o minore di Pollione, di Giulio, di Druso, o di Marcello, si sono trovate incompatibili colla cronologia, coll'istoria e col buon senso di Virgilio.

<p>62</p>

Vedi Lowth. De sacra Poesi Hebraeor. Praelect. XXI. p. 289, 293. Nell'esame dell'Egloga quarta il rispettabile Vescovo di Londra ha dimostrato erudizione, gusto, ingenuità, ed un moderato entusiasmo, che esalta la sua fantasia senza degradarne il giudizio.

<p>63</p>

Thiers (Exposit. du Saint Sacrem. l. I. c. 8. 12. p. 59, 91) spiega molto giudiziosamente la distinzione fra le parti pubbliche e le segrete del Divin Sacrifizio, fra la missa Catechumenorum e la missa Fidelium, ed il misterioso velo, che la pietà e la politica gettato aveva sopra l'ultima; ma siccome in questo punto i Papisti possono essere ragionevolmente sospetti, un lettor Protestante seguiterà con più sicurezza l'erudito Bingamo. Antiquit. l. X. c. 5.

<p>64</p>

Vedi Eusebio in vit. Constant. I. IV. c. 15-32 e tutto il tenore del sermone di Costantino. La fede, e la devozione dell'Imperatore hanno somministrato al Baronio uno specioso argomento in favore del suo anticipato battesimo.

<p>65</p>

Zosimo (l. II. p. 105).

<p>66</p>

Eusebio in vit. Costant. I. IV. c. 15-16.

<p>67</p>

È stata copiosamente spiegata la teoria e la pratica dell'antichità rispetto al Sacramento del battesimo da Chardon; (Hist. des Sacremens, Tom. I. p. 3-405) dal Martenne (De ritib. Eccl. antiq. Tom. I.) e dal Bingamo nel libro decimo e undecimo delle sue Antichità Cristiane. Si può notare una circostanza, in cui le Chiese moderne si sono materialmente allontanate dal costume antico, cioè, che il Sacramento del battesimo (anche quando si amministrava agl'infanti) era immediatamente seguito dalla Confermazione e dalla sacra Eucaristia.

<p>68</p>

I Padri, che censuravano questa colpevole dilazione, non potevano peraltro negare la certa e vittoriosa efficacia del battesimo, preso anche vicino alla morte. L'ingegnosa eloquenza di Grisostomo non potè trovare che tre argomenti contro questi prudenti Cristiani. 1. Che noi dobbiamo amare e seguir la virtù per amor di lei stessa, e non puramente pel premio che ne proviene. 2. Che possiamo esser sorpresi dalla morte senz'aver comodo del battesimo. 3. Che quantunque siamo per aver luogo nel Cielo, pure non vi risplenderemo, che come piccole stelle, in paragone di que' soli di giustizia, che avran percorsa la lor carriera con travagli, con successo e con gloria. Chrysost. in Epist. ad Hebraeos, Homel. 13. ap. Chardon. Hist. des Sacrem. (Tom. I. p. 49). Io credo che tal dilazione di battesimo, quantunque soggetta alle più perniciose conseguenze, non fosse però mai condannata da verun Concilio generale o provinciale, nè da verun pubblico atto, o dichiarazione della Chiesa. Facilmente s'accendeva lo zelo de' Vescovi in molte anche più leggiere occasioni.

<p>69</p>

Zosimo I. II. p. 104. Per questa non ingenua falsità egli ha meritato e provato i trattamenti più duri da tutti gli Scrittori Ecclesiastici, eccetto che dal Cardinal Baronio (l'An. 324. n. 15-28) il quale aveva bisogno di servirsi dell'autorità dell'Istoria infedele in una particolare occasione contro l'Ariano Eusebio.