Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 7. Edward Gibbon

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Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 7 - Edward Gibbon

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e nelle Pandette di Giustiniano, i primi rudimenti e la piena maturità del sapore civile; e per quanto possiamo esser prevenuti in favore de' Barbari, le nostre più tranquille riflessioni attribuiranno a' Romani i superiori vantaggi, non solo della scienza e della ragione, ma anche dell'umanità e della giustizia. Pure le leggi de' Barbari erano adattate a' bisogni e desiderj, alle occupazioni ed alla capacità loro; e tutte contribuivano a conservar la pace, ed a promuovere i vantaggi della società, per uso della quale in principio erano state fatte. I Merovingi, in cambio d'imporre una regola uniforme di condotta a' diversi lor sudditi, permisero ad ogni Popolo, e ad ogni famiglia del loro Impero di usare liberamente le domestiche loro costituzioni209; nè i Romani furono esclusi da' comuni vantaggi di questa civil tolleranza210. I figli abbracciavan la legge de' loro padri, la moglie quella del marito, il liberto quella del padrone; ed in tutte le cause, nelle quali fossero di varia nazione le parti, l'attore o l'accusatore era tenuto a seguitare il foro del reo, che può sempre avere una giudicial presunzione di diritto o d'innocenza. Si concedeva una maggior libertà, se uno alla presenza del Giudice, dichiarava la legge, secondo la quale voleva vivere, e la nazional società, a cui desiderava d'appartenere. Tale indulgenza doveva abolire le parziali distinzioni della vittoria; ed i provinciali Romani potevano pazientemente soffrire gl'incomodi della lor condizione, giacché da loro stessi dipendeva di godere il privilegio di liberi e bellicosi Barbari211, se ne volevano assumere il carattere.

      Quando la giustizia esige inesorabilmente la morte dell'omicida, ogni privato cittadino viene confortato dalla sicurezza, che le Leggi, i Magistrati, e tutta la società vegliano alla personal sua salute. Ma nella disfrenata società de' Germani la vendetta fu sempre onorevole, e spesso meritoria: l'indipendente guerriero puniva, o vendicava con le proprie mani le ingiurie, ch'egli aveva fatte, o ricevute: e non dovea temere, che il risentimento de' figli, e de' congiunti del nemico, ch'egli aveva sacrificato alle proprie passioni. Il Magistrato, consapevole della sua debolezza, s'interponeva non per punire, ma per riconciliare; ed era ben soddisfatto se poteva persuadere, o costringere, le parti contendenti a pagare, o ad accettare la moderata tassa, ch'era stata fissata come prezzo del sangue212. Il feroce spirito de' Franchi si sarebbe opposto ad una più rigorosa sentenza; la stessa fierezza deprezzava quest'inefficaci ritegni; e quando i semplici loro costumi furon corrotti dalla ricchezza della Gallia, era continuamente violata la pubblica pace da atti di repentini, o deliberati delitti. In ogni giusto Governo, s'infligge o almeno s'impone la medesima pena per l'uccisione d'un Villano o d'un Principe. Ma la nazional disuguaglianza, stabilita da' Franchi ne' loro processi criminali, fu l'ultimo insulto, ed abuso della conquista213. Ne' tranquilli momenti della Legislazione, solennemente pronunziarono, che la vita d'un Romano fosse di minor valore di quella d'un Barbaro. L'Antrustione214, vocabolo ch'esprimeva la più illustre nascita o dignità fra i Franchi, era valutato la somma di seicento monete d'oro, mentre il nobile Provinciale, ch'era ammesso alla tavola del Re, poteva esser ucciso legalmente con la spesa di trecento monete. Dugento si stimarono sufficienti per un Franco di condizione ordinaria; ma i Romani più bassi erano esposti al disonore, ed al pericolo, mediante una tenue compensazione di cento, o anche di cinquanta monete d'oro. Se queste leggi si fossero regolate con qualche principio d'equità o di ragione, la pubblica difesa avrebbe dovuto supplire in giusta proporzione alla mancanza di forza personale. Ma il Legislatore avea pesato nella bilancia, non della giustizia, ma della politica, la perdita d'un soldato e quella d'uno schiavo: la testa d'un insolente rapace Barbaro era guardata da una grave tassa; e si dava il più tenue aiuto a' sudditi più deboli. Il tempo appoco appoco abbattè l'orgoglio de' conquistatori, e la pazienza de' vinti; ed il più audace cittadino apprese per esperienza, ch'ei poteva soffrire più ingiurie di quelle, che potesse farne. A misura che i costumi dei Franchi divenner meno feroci, le lor leggi si renderono meno severe; ed i Re Merovingici tentarono di imitare l'imparzial rigore de' Visigoti, e de' Borgognoni215. Sotto l'impero di Carlo Magno, l'omicidio era generalmente punito con la morte; e l'uso delle pene capitali si è abbondantemente moltiplicato nella Giurisprudenza della moderna Europa216.

      Le professioni civili e militari, ch'erano state separate da Costantino, furono di nuovo unite insieme da' Barbari. Il duro suono de' nomi Teutonici fu addolcito riducendoli a' titoli latini di Duca, di Conte, o di Prefetto, ed il medesimo Ufiziale prese nel suo distretto il comando delle truppe, e l'amministrazione della giustizia217. Ma il fiero ed inculto Capitano rade volte era capace di soddisfare a' doveri di Giudice, che richiedono tutte le facoltà d'una mente filosofica, laboriosamente coltivata dall'esperienza e dallo studio; e la sua rozza ignoranza fu costretta ad abbracciare alcuni semplici, e visibili metodi di assicurar la causa della giustizia. In ogni religione si è invocata la Divinità per confermare la verità, o per punire la falsità della testimonianza umana; ma questo potente istrumento fu male applicato dalla semplicità de' Germani Legislatori, o se ne abusarono. La parte accusata poteva giustificare la sua innocenza, producendo al Tribunale un numero di amichevoli testimoni, che solennemente dichiaravano la loro credenza o sicurezza, ch'esso non fosse colpevole. Secondo il peso dell'accusa moltiplicavasi questo numero legale di Compurgatori; per assolvere un incendiario, o un assassino, si richiedevano settantadue persone; e quando era sospetta la castità d'una Regina di Francia, trecento valorosi Nobili giuravano senza esitare, che il nato Principe era stato realmente generato dal defunto di lei marito218. Il delitto, e lo scandalo di manifesti e frequenti spergiuri indussero i Magistrati a rimovere tali pericolose tentazioni; ed a supplire a' difetti della testimonianza umana per mezzo de' famosi sperimenti del fuoco e dell'acqua. Tali straordinarie prove furono sì capricciosamente immaginate, che in alcuni casi il delitto, ed in altri l'innocenza, non potea provarsi senza l'interposizione d'un miracolo. Facilmente, si procuravan questi miracoli dalla frode, e dalla credulità; le cause più intricate si decidevano con questo facile ed infallibile metodo; ed i turbolenti Barbari, che avrebbero sdegnato la sentenza del Magistrato, umilmente si sottomettevano al giudizio di Dio219.

      Ma le prove per via di duello, appoco appoco, ebbero il maggior credito ed autorità presso un Popolo guerriero, che non potea credere che un uomo valoroso meritasse di soffrire, o un vigliacco di vivere220. Sì ne' processi civili, che ne' criminali, l'attore o l'accusatore, il reo, o anche il testimone, erano esposti alla mortal disfida per parte dell'avversario, che mancava di prove legali; e dovevano, o abbandonar la causa, o pubblicamente sostenere il proprio onore nel campo di battaglia. Combattevano essi, o a piedi o a cavallo, secondo l'uso della loro nazione221; e la decisione della spada, o della lancia veniva ratificata dalla sanzione del Cielo, del Giudice, e del Popolo. Questa legge sanguinaria fu introdotta nella Gallia dai Borgognoni; e Gundobaldo222 loro Legislatore condiscese a rispondere in tal modo alle querele ed obbiezioni d'Avito, suo suddito. «Non è egli vero, disse il Re di Borgogna al Vescovo, che l'evento delle guerre delle Nazioni o de' combattimenti privati è diretto dal giudizio di Dio; e che la sua Provvidenza aggiudica la vittoria a chi ha la causa più giusta?» Per mezzo di tali argomenti, che in quel tempo prevalsero, l'assurda e crudel pratica de' duelli giudiciali, ch'era stata propria di alcune Tribù di Germania, fu propagata e stabilita in tutte le monarchie dell'Europa, dalla Sicilia fino al Baltico. Al termine di dieci secoli, il regno della violenza legale non era totalmente estinto, e sembra, che le censure inefficaci de' Santi, de' Papi, e de' Sinodi provino solo, che la forza della superstizione s'indebolisce quando, contro la sua natura, fa lega colla ragione, e coll'umanità. I tribunali eran macchiati col sangue forse di innocenti e rispettabili cittadini; la legge, che ora favorisce il ricco, allora cedeva al forte; ed il vecchio, il debole, l'infermo eran condannati o a rinunziare a' loro più be' diritti e possessi, o a sostenere i pericoli d'un disuguale combattimento223, o ad affidarsi al dubbioso aiuto d'un

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<p>209</p>

La Legge Ripuaria dichiara e stabilisce quest'indulgenza in favore dell'attore (Tit. XXXI in Tom. IV p. 240); e si suppone, o s'esprime la stessa tolleranza in tutti i codici, eccettuato quello de' Visigoti di Spagna: Tanta diversitas legum (dice Agobardo nel nono secolo) quanta non solum in regionibus aut civitatibus, sed etiam in multis domibus habetur. Nam plerumque contingit ut simul eant, aut sedeant quinque homines; et nullus eorum communem legem cum altero habeat (in Tom. VI p. 350). Egli stoltamente propone d'introdurre una conformità di leggi, ugualmente che di fede.

<p>210</p>

Inter Romanos negotia caussarum Romanis legibus praecipimus terminari. Tali sono le parole d'una costituzion generale, promulgata da Clotario, figlio di Clodoveo, restato solo Monarca de' Franchi (in Tom. IV p. 116) verso l'anno 560.

<p>211</p>

Questa libertà d'elezione si è opportunamente dedotta (Espr. des Loix L. XXVIII. 2) da una Costituzione di Lotario I. (Leg. Longob. l. II. Tit. 57 in Cod. Lindembrog. p. 664) quantunque l'esempio sia troppo recente e parziale. Da una diversa lezione nella Legge Salica (Tit. LXIV not. 45) l'Abbate di Mably (Tom. 1 p. 290, 293) ha congetturato, che a principio i soli Barbari, ed in seguito chiunque (e conseguentemente anche i Romani) potessero vivere secondo la legge de' Franchi. Mi dispiace d'oppormi a questa ingegnosa congettura, osservando, che il senso più stretto (Barbarum) si esprime nella copia riformata di Carlo Magno, che si conferma da' Manoscritti, Reali e di Wolfenbuttel. L'interpretazione più larga (hominem) non è autorizzata, che dal manoscritto di Fulda, da cui Heroldo pubblicò la sua edizione. Vedi i quattro Testi originali della Legge Salica nel Tom. IV p. 147, 173, 196, 220.

<p>212</p>

Ne' tempi eroici della Grecia il delitto d'omicidio si espiava mediante una pecuniaria soddisfazione alla famiglia del morto (Feichius, Antiquit. Homer. L. II c. 8). L'Heineccio, nella sua Prefazione agli elementi del Gius Germanico, favorevolmente suggerisce, che in Roma, ed in Atene l'omicidio era punito solo coll'esilio. Questo è vero, ma l'esilio era una pena capitale per un cittadino Romano, o Ateniese.

<p>213</p>

Questa proporzione è fissata dalle Leggi Salica (Tit. 44 in Tom. IV p. 147), e Ripuaria (Tit. 7, 11, 36 in Tom. IV p. 237, 241); ma l'ultima non fa alcuna distinzione de' Romani. L'ordine però del Clero è posto sopra i Franchi medesimi, ed i Borgognoni e gli Alemanni fra i Franchi ed i Romani.

<p>214</p>

Gli Antrustiones, qui in truste dominica sunt, leudi, fideles, sicuramente rappresentano il prim'ordine de' Franchi; ma è dubbioso, se il loro grado era personale o ereditario. All'Abbate di Mably (Tom. 1 p. 334, 347) non è dispiaciuto di mortificare l'orgoglio della nascita (Espr. LXXX c. 25) con fissare il principio della nobiltà Francese dal regno di Clotario II (an. 615).

<p>215</p>

Vedi le Leggi di Borgogna (Tit. II in Tom. IV p. 157), il Codice de' Visigoti (L. VI Tit. V in Tom. IV p. 384) e la costituzione di Childeberto, non di Parigi, ma certamente d'Austria (in Tom. IV p. 112). L'immatura loro severità fu alle volte temeraria ed eccessiva. Childeberto condannò alla morte non solamente gli omicidi, ma anche i ladri: quamodo sine lege involavit, sine lege moriatur; e fino il Giudice negligente era involto nella medesima sentenza. I Visigoti abbandonavano un chirurgo, che male fosse riuscito nelle sue operazioni, alla famiglia del morto, ut quod de eo facere voluerint habeant potestatem. L. XI Tit. 1 in Tom. IV p. 435.

<p>216</p>

Vedi nel sesto Tomo delle opere dell'Heineccio (Elementa Juris Germanici L. II p. II n. 251, 262, 280, 283). Pure si può trovare in Germania qualche vestigio di queste pecuniarie composizioni fino al secolo decimo sesto.

<p>217</p>

Tutta la materia de' Giudici Germanici, e della loro giurisdizione, è trattata copiosamente dall'Heineccio (Elem. Jur. Germ. l. III n. 1, 72). Io non posso trovare alcuna prova, che sotto la stirpe Merovingica gli Scabini, o assessori fossero eletti dal Popolo.

<p>218</p>

Gregor. Turon. l. VIII c. 9 in Tom. II p. 316. Montesquieu osserva (Espr. des Loix L. XXVIII c. 13), che la Legge Salica non ammetteva queste prove negative, tanto generalmente stabilite ne' Codici Barbari. Pure quell'oscura concubina (Fredegunda), che divenne moglie del nipote di Clodoveo, doveva seguire la Legge Salica.

<p>219</p>

Il Muratori nelle Antichità d'Italia ha fatto due Dissertazioni (XXXVIII e XXXIX) sopra i giudizj di Dio. Si pretendeva, che il fuoco non bruciasse l'innocente, e che il puro elemento dell'acqua non permettesse, che il colpevole s'immergesse nel suo seno.

<p>220</p>

Montesquieu (Espr. des Loix 1. XXVIII c. 17) ha condisceso a spiegare, e scusare la maniere de penser de nos peres intorno a' combattimenti giudiciali. Ei seguita questo stravagante istituto dal tempo di Gundobaldo fino a quello di S. Luigi; ed il filosofo alle volte si perde nel Legale antiquario.

<p>221</p>

In un memorabil duello, fatto ad Aquisgrana (l'an. 820) in presenza dell'Imperator Lodovico Pio, osserva il suo Biografo che secundum legem propriam, nipote quia uterque Gothus erat, equestri pugna congressus est (Vit. Ludovic. Pii c. 33 in Tom. VI p. 103). Ermoldo Nigello (l. III 543, 628 in Tom. VI p. 48, 50) che descrive quel duello, ammira l'arte nuova di combattere a cavallo, che era incognita a' Franchi.

<p>222</p>

Gundobaldo, nell'originale suo editto, pubblicato a Lione (l'anno 501) stabilisce, e giustifica l'uso del combattimento giudiciale (Leg. Burgund, Tit. XIV in Tom. II p. 267, 268). Trecento anni dopo, Agobardo, Vescovo di Lione, sollecitò Lodovico Pio ad abolire la legge d'un Arriano tiranno (in Tom. VI p. 356, 358). Ei riferisce il Dialogo di Gundobaldo, e d'Avito.

<p>223</p>

Accidit, dice Agobardo, ut non solum valentes viribus, sed etiam infirmi et senes lacessantur ad pugnam etiam pro vilissimis rebus. Quibus foralibus certaminibus contingunt homicidia iniusta, et crudeles ac perversi eventus iudiciorum. Come prudente rettorico; sopprime il legale privilegio di far uso de' campioni.