Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 11. Edward Gibbon
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Читать онлайн книгу Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 11 - Edward Gibbon страница 17
Chi vuole Roberto Guiscardo196 disceso da un contadino, chi da un Duca normanno gli concede l'origine: l'orgoglio e l'ignoranza si univano in una principessa greca197 per invilire la nascita di Guiscardo, l'ignoranza e l'adulazione nei suoi sudditi italiani si univano per innalzarla198. Nato nella seconda classe, ossia nell'ordine medio della Nobiltà199 usciva di una famiglia di sotto-vassalli o vessilliferi della diocesi di Coutances nella bassa Normandia, i quali nel nobile castello di Altavilla abitavano. Tancredi, padre di Guiscardo, segnalato si era alla Corte e nel ducale esercito, cui dovea somministrare dieci soldati o cavalieri. Due maritaggi con donne, che di nobiltà non cedeangli, fecero Tancredi padre di dodici figli, tutti allevati nella casa paterna, e con egual tenerezza amati dalla seconda moglie dello stesso Tancredi. Ma un mediocre patrimonio non bastava a sì numerosa ed intraprendente figliuolanza, per lo che i dodici fratelli, vedendosi imminenti le funeste conseguenze della povertà e della discordia, risolvettero nelle straniere guerre cercar fortuna. Incaricatisi due soli d'essi di mantenere la loro prosapia, e di assistere alla vecchiezza del padre, gli altri dieci si partìan dal castello a mano a mano che l'età virile toccavano; e attraversando le Alpi, i Normanni della Puglia raggiunsero. I primi di questi non secondarono che il proprio valore: i lor buoni successi divennero sprone ai più giovani, onde Guglielmo, Drogone, e Unfredo, l'ultimo di questi maschi, meritarono essere Capi di lor nazione, e della nuova repubblica fondatori. Roberto, il primo dei sette figli, nati dalle seconde nozze, possedea, nè le negavano i suoi nemici medesimi, tutte le qualità di un capitano e di un uomo di Stato. La statura sua, quella de' più alti uomini del suo esercito superava: tali ne erano le proporzioni del corpo, che gli davano grazia e vigore ad un tempo; fino anche nel declinar de' suoi anni gli rimasero, robusta salute capace di sopportare qualunque fatica, e nobiltà di contegno fatta per comandare ad ognuno. Vermiglio in volto, largo di spalle, fornito di lunghi capelli e lunga barba del colore del lino, gli occhi suoi sfavillavano; e la voce, siccome quella di Achille, potea, in mezzo al tumulto d'una battaglia, mantenere l'obbedienza, e diffondere il terrore. Ne' secoli barbari della cavalleria, troppo rilevanti erano siffatti vantaggi, perchè sfuggir potessero all'attenzione dello Storico, e del poeta. È stato osservato che Roberto usava ad un tempo, e colla stessa maestrìa, e della spada che colla destra mano brandiva, e della lancia che la sua sinistra tenea; che tre volte, venne tratto d'arcione nella battaglia di Civitade, e che, riassunte per tre volte le forze, nel finire di quella memorabil giornata, riportò il premio del valore su tutti i guerrieri di entrambi gli eserciti200. Non mai sazia la sua ambizione, sulla coscienza della propria superiorità la fondava. Nella scelta delle vie per innalzarsi, gli scrupoli della giustizia non mai lo arrestarono, rade volte il sentimento dell'umanità: e quantunque lo allettasse il goder buona opinione, le sue azioni erano indifferentemente o secrete, o palesi, secondo che o l'uno, o l'altro metodo all'interesse del momento pareagli più adatto. Fu dato il soprannome di Guiscardo201 a questo grande mastro della saggezza politica, troppo spesso confusa colla dissimulazione e colla furberia. Il poeta pugliese gli dà lode di avere superati, Ulisse nell'astuzia, nell'eloquenza Cicerone. I suoi artifizj nullameno sotto un'apparenza di militare franchezza si mascheravano: nell'apice di sua fortuna fu nondimeno accessibile e affabile verso i soldati, e benchè indulgente alle costumanze de' nuovi sudditi si dimostrasse, le antiche consuetudini del suo paese, nell'abito e ne' modi con ostentazione serbò. Saccheggiava avidamente per largire con profusione. L'essere stato povero in giovinezza, alla frugalità lo avvezzò; i profitti mercantili non credè indegni delle sue cure; sottometteva a lunghi e crudeli tormenti i prigionieri per costringerli a scoprire le nascoste loro ricchezze. Al dir de' Greci, abbandonò la Normandia, da soli cinque cavalieri e trenta fantaccini seguìto, calcolo che sembra tuttavia esagerato. Perchè questo sesto figlio di Tancredi di Altavilla passò sotto spoglie di pellegrino le Alpi, e fra i venturieri italiani fece i suoi primi soldati. I fratelli e i compatriotti di lui, spartiti essendosi fra loro le fertili campagne della Puglia, conservavano ciascuno colla gelosia dell'avarizia la propria parte. L'ambizioso giovine occupò le montagne della Calabria, e nelle prime imprese da esso operate contra i Greci, e contra i nativi, non è sì agevol cosa il discernere lo scorridor dall'eroe. Sorprendere un castello o un Convento, trarre qualche ricco cittadino in aguato, rapire le derrate in circonvicini villaggi, tai furono le oscure fatiche in cui da prima si adoperarono la forza e le intellettuali facoltà di Guiscardo. I volontarj della Normandia sotto le sue bandiere si ascrissero, e i contadini della Calabria, da lui comandati, assunsero nome ed indole di Normanni.
A. D. 1054-1080
Roberto, la cui ambizione colla fortuna si dilatava, eccitò la gelosia del suo fratel primogenito, che in una passeggiera querela minacciò i giorni dell'altro, e alla libertà di lui pose impaccio. Alla morte di Unfredo, i figli di questo, in tenera età, si videro esclusi dal comando, e a vita privata ridotti per l'ambizione del loro tutore e zio. Guiscardo sollevato sopra uno scudo, venne chiarito conte della Puglia e generale della Repubblica. Più possente in allora, e di un'autorità più considerabile insignito, volle terminare la conquista della Calabria, e meritarsi un grado che lo collocò per sempre al di sopra dei suoi eguali. Il Papa avealo scomunicato per alcuni atti, o di rapina fossero, o di sacrilegio; ma non fu difficile il fare intendere a Nicolò II, che non tornava a due amici il mettersi in mala intelligenza fra loro; essere i Normanni difensori fedelissimi della Santa Sede, la lega di un principe offrir sicurezza maggiore che non la condotta capricciosa d'un Corpo aristocratico. Un sinodo di cento Vescovi essendosi a Melfi assembrato, il Conte interruppe una rilevante impresa per vegliare in persona alla sicurezza del romano Pontefice e per eseguirne i decreti. Questi, mosso da gratitudine e da politica, concedè a Roberto, e alla posterità di Roberto, il titolo di Duca202, coll'investitura della Puglia e della Calabria, e di tutte le terre dell'Italia e della Sicilia, che dallo stesso Roberto ai Greci scismatici e agl'Infedeli saracini verrebbero tolte203. Il consenso del Papa potea ben giustificare le conquiste di Roberto, ma non compartirgli la facoltà di ordinare le cose a suo grado e senza consultare i voleri di un popolo libero e vincitore. Guiscardo non pubblicò la nuova sua dignità, che dopo avere colla presa di Cosenza e di Reggio illustrate nella successiva stagione campale le proprie armi. In mezzo all'entusiasmo che il suo trionfo inspirava, adunò le truppe, chiedendo alle medesime confermassero col lor suffragio un giudizio pronunciato dal Vicario di Gesù Cristo: i soldati con acclamazioni di gioia, salutarono Duca il valoroso lor capitano: e i Conti, statigli fino allora eguali, pronunciarono il giuramento di fedeltà col sorriso sulle labbra, e colla indignazione nel cuore. Da quel punto, Roberto assunse i titoli di Duca della Puglia, della Calabria e della Sicilia, per la grazia di Dio e di S. Pietro, ma dovette adoperarsi vent'anni per meritarli e consolidarli; la qual tardanza di buoni successi in un paese sì poco esteso, può sembrare inferiore all'alto ingegno del Duca e al valore delle sue genti. Si osservi però essere stati pochi di numero i Normanni, impacciati inoltre da parecchi ostacoli; volontarj e precarj i loro servigi. I vasti disegni
194
Il signor di Saint-Marc (t. II, p. 200-204) cita le lamentanze, o le censure che sulla condotta del Pontefice vennero fatte in allora da rispettabili personaggi. Avendo Pietro Damiano, l'oracolo di quella età, ricusato ai Papi il diritto di far la guerra, il cardinale Baronio (
*
195
Il Giannone (
196
Le particolarità che riguardano la nascita, l'indole e le prime imprese di Guiscardo, trovansi in Gioffredo Malaterra (l. I, c. 3, 4-11-16, 17, 18-38, 39, 40), in Guglielmo Pugliese (l. II, pag. 260-262), in Guglielmo Gemeticense, o di Jumièges (l. XI, c. 30, p. 663, 664, ediz. di Camden), in Anna Comnena (
197
Ο δε Ρομπερτος (parola corotta alla Greca) ουτος ην Νορμαννος το γενος, την τυχην ασημος… e altrove εξ αφανους πανυ τυχης περιφανης,
198
Il Giannone (t. II, p. 2), dimenticando i suoi autori originali, per far derivare Guiscardo da una schiatta principesca, si fida alla testimonianza d'Inveges, frate agostiniano di Palermo, che vivea nell'ultimo secolo. Questi due autori prolungano la successione dei Duchi, fino a Guglielmo II il Bastardo o il Conquistatore, che credevasi (
199
Il giudizio del Ducange è giusto e moderato: «
200
Citerò alcuni de' migliori versi del Pugliese (lib. II, pag. 270),
201
Gli autori e gli editori normanni che meglio conoscevano la loro lingua, traduceano la parola Guiscardo o Wiscard nell'altra Callidus, uomo scaltrito ed astuto. La radice Wise è famigliare agli orecchi inglesi, e l'antico vocabolo Wiseacre offre all'incirca lo stesso significato, e la medesima desinenza. Την χυχην πανουργοτατος esprime assai bene il soprannome e l'indole di Roberto.
202
La storia del modo onde Roberto Guiscardo si procacciò il titolo di Duca è un argomento assai intralciato ed oscuro. Seguendo le giudiziose osservazioni del Giannone, del Muratori e del Saint-Marc, ho procurato narrarla nella maniera più coerente e meno inverisimile.
203
Il Baronio (