Il Fascino Di Medusa Tra Arte, Mito E Leggenda. Andrea Piancastelli

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Il Fascino Di Medusa Tra Arte, Mito E Leggenda - Andrea  Piancastelli

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un legame tra la parola e l’immagine, entrambe portatrici della voce e della vista umana. Si può vedere il mito nell’arte e si può leggere l’arte nel mito. Mi accingo a parlare di un mito da vedere, da guardare negli occhi, un mito che col suo sguardo ha lasciato i poeti greci quasi senza parole per descriverlo. La sola vista del personaggio di Medusa è sufficiente: un mito che lascia la parola all’arte, data la scarsità di informazioni che ricaviamo dalle numerose fonti scritte.

      

      

      

      

      Nascono allora gli dei greci: la tradizione mitologica narra i racconti delle loro gesta attribuendo loro un nome e le relative funzioni, un’apparenza fisica e un insieme di atteggiamenti ordinati intorno al loro aspetto umano. E i poeti, con i loro inni e le loro teogonie, canti che celebrano la generazione degli dei, allestiscono un pantheon destinato a diventare “tradizionale” quanto il mito.

      

      

      

      

      Il mito nasce dalla realtà, ma dal punto di vista dell’uomo: per questo i miti non sono né uniformi, né logici, né internamente coerenti; sono multiformi e mutevoli come l’animo umano che li produce. Ed è vero anche il contrario: seguendo lo sviluppo dell’uomo greco, il mito si misura con il processo di razionalizzazione della realtà e del mondo; simboleggiando concetti, fa emergere un mondo che esso stesso crea e fa essere attraverso il suo stesso racconto, attraverso la parola. Si configura così un universo ordinato, fatto di dei dalle competenze e sfere d’azione ben delineate e delimitate, parallelo a quello umano ordinario; una sorta di livello sovrumano del reale, un mondo che, creato dall’uomo, serve come mezzo per “autocertificare” il proprio statuto di persona razionale e reale.

      

      

      Tuttavia resta all’uomo la coscienza, soffocata, dell’irrazionalità e della mutevolezza del proprio animo. Questa cosa spaventa, terrorizza, perché non c’è mai la certezza di averla dominata del tutto. Così attorno alla grande famiglia olimpica continuano a esistere costellazioni di figure minori difficilmente classificabili come divinità. Esse coprono spazi marginali e talvolta traducono l’incubo inquietante e incombente del disordine nella forma di una frastagliata serie di collettività mitiche, come i Giganti e i Ciclopi; figure collocate al margine del pantheon e comunque escluse dal culto.

      Tra queste si colloca Medusa. Un daimon ambivalente che provoca uno sconvolgimento, un sussulto interiore nel momento in cui lo si guarda. E laddove la parola non può descrivere questo mostro, l’arte può raggiungerlo con più efficacia, dal momento che ciò che provoca tale scossa può essere sì il suo nome, ma associato inestricabilmente al suo aspetto. Medusa è da vedere, Medusa ci guarda. Un percorso iconografico sulla paura dell’affermazione di qualcosa di incontrollabile, di indescrivibile; è l’arte del “doppio”, dell’ambivalente.

      

      

      I. GORGONI ARCAICHE

      Tav. 1 Medusa, rilievo di anfora cicladica da Tebe, 670 a.C., Parigi, Museo del Louvre.

      1. Maschera terrifica

      Tav.2 Maschera in terracotta della Gorgone Medusa, VI–V secolo a.C., dal tempio di Palaikastro di Zeus Diktaian, Creta, Museo Archeologico di Heraklion.

      

      

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