Obiettivo Zero . Джек Марс

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Obiettivo Zero  - Джек Марс Uno spy thriller della serie Agente Zero

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che il padre non le avrebbe mai mentito (cosa che, ovviamente, aveva fatto sentire Reid persino peggio). Ciò, in aggiunta alla sua totale avversione nei confronti dell’argomento, avevano reso facile aggirare la questione e andare avanti con la normalità.

      Maya, invece, nutriva anche serissimi dubbi. Non solo era abbastanza furba da sapere che era una storia impossibile, ma era stata in contatto con Reid tramite Skype durante le sue traversie e apparentemente aveva captato abbastanza informazioni per fare qualche ipotesi. Era anche stata testimone delle morti dei due estremisti per mano dell’agente Watson, e da allora non era stata più la stessa.

      Reid non sapeva cosa fare, a parte cercare di andare avanti con le loro vite con più normalità possibile.

      Prese il cellulare e chiamò la pizzeria lungo la strada, per ordinare due pizze medie, una con formaggio extra (la preferita di Sara) e l’altra alla salsiccia e peperoni verdi (la preferita di Maya).

      Mentre riappendeva, udì dei passi per le scale. Maya stava tornando in cucina. “Sara fa una dormita.”

      “Di nuovo?” Sembrava che ultimamente la figlia minore dormisse davvero tanto durante il giorno. “Non dorme di notte?”

      Maya scrollò le spalle. “Non lo so. Magari dovresti chiederglielo.”

      “Ci ho provato. Non mi vuol dire niente.”

      “Forse perché non capisce che cosa è successo,” ipotizzò la ragazza.

      “Ho spiegato a tutte e due che cosa è successo.” Non farmelo ripetere, pensò lui disperatamente. Ti prego, non costringermi di nuovo a mentirti in faccia.

      “Forse è spaventata,” insistette Maya. “Forse perché sa che suo padre, di cui dovrebbe potersi fidare, le sta mentendo…”

      “Maya Joanne,” l’avvisò Reid, “è meglio che scegli con cura le tue prossime parole…”

      “E forse non è la sola!” Sembrava che Maya non volesse fermarsi. Non quella volta. “Forse anche io ho paura.”

      “Siamo al sicuro qui,” disse fermamente Reid, cercando di sembrare convincente nonostante non ci credesse del tutto nemmeno lui stesso. Gli stava salendo un’emicrania nella parte anteriore della testa. Prese un bicchiere dallo stipo e lo riempì con l’acqua fredda dal rubinetto.

      “Già, e credevamo di essere al sicuro a New York,” ribatté Maya. “Magari se sapessimo che cosa sta succedendo, e in che cosa sei stato veramente coinvolto, le cose sarebbero più semplici. Ma no.” Non importava cosa stesse spingendo la ragazza, se l’improvvisa riluttanza del padre a lasciarle sole anche per pochi minuti o i suoi stessi sospetti. Lei voleva delle risposte. “Tu sai maledettamente bene che cosa ci è successo. Ma noi non abbiamo nessuna idea di cosa è successo a te!” Ormai stava quasi gridando. “Dove sei andato, che cosa hai fatto, come ti sei ferito…”

      “Maya, giuro che…” Reid appoggiò il bicchiere sul bancone e puntò un dito verso di lei in segno di avvertimento.

      “Giuri cosa?” sbottò la ragazza. “Di dire la verità? Allora dimmela!”

      “Non posso dirti la verità!” urlò lui. Nell’esplosione alzò le mani sopra i fianchi. Nell’impeto fece cadere il bicchiere d’acqua dal ripiano.

      Reid non ebbe il tempo di pensare o riflettere. I suoi istinti presero il sopravvento e in un gesto rapido ed elegante piegò le ginocchia e afferrò il bicchiere in volo prima che potesse atterrare sul pavimento.

      Emise un sospiro pentito mentre l’acqua ondeggiava senza che ne cadesse per terra una sola goccia.

      Maya lo fissò con occhi sgranati, anche se lui non avrebbe saputo dire se era più sorpresa dalle sue parole o dall’azione. Era la prima volta che lo vedeva muoversi in quella maniera, e anche la prima volta che lui confermava, ad alta voce, che la storia che gli aveva raccontato forse non era tutta la verità. Non importava che lei lo avesse saputo, né che lo avesse solo sospettato. Gli era sfuggito e non poteva più riprenderselo indietro.

      “Presa fortunata,” disse in fretta.

      Con lentezza Maya incrociò le braccia sul petto, con un sopracciglio alzato e le labbra strette insieme. Reid conosceva quello sguardo, era un’espressione accusatoria che aveva ereditato dalla madre. “Potrai aver ingannato Sara e la zia Linda, ma io non ci casco, nemmeno per un secondo.”

      Lui chiuse gli occhi e sospirò. La figlia maggiore non avrebbe lasciato perdere, quindi abbassò la voce e parlò con attenzione.

      “Maya, ascolta. Tu sei molto intelligente, di sicuro abbastanza da farti una tua idea su ciò che  è successo,” disse. “La cosa più importante che devi capire è che potrebbe essere pericoloso per te conoscere delle informazioni specifiche. Il rischio potenziale che avete corso quella settimana che sono stato via, potrebbe durare sempre se sapeste tutto. Non posso dirti se hai ragione o torto. Non confermerò né negherò nulla. Quindi per ora, diciamo solo che… puoi credere a qualsiasi ipotesi tu abbia fatto, basta che stai attenta a tenertela per te.”

      Maya annuì lentamente. Lanciò un’occhiata lungo il corridoio per accertarsi che Sara non fosse lì prima di dire: “Non sei solo un professore. Stai lavorando per qualcuno, a livello governativo, l’FBI forse, o la CIA…”

      “Gesù, Maya, ho detto di tenertelo per te!” mugugnò Reid.

      “La faccenda delle Olimpiadi Invernali, e il forum a Davos,” insistette lei. “Tu eri coinvolto.”

      “Te l’ho detto, non confermerò né negherò niente…”

      “E il gruppo terroristico di cui continuano a parlare al telegiornale, Amun. Hai aiutato a fermarlo?”

      Reid si voltò dall’altra parte, guardando fuori dalla finestrella che dava sul loro cortile. A quel punto era troppo tardi. Non serviva che confermasse o negasse. Lei glielo aveva letto in faccia.

      “Questo non è un gioco, Maya. È una faccenda seria, e se le persone sbagliate lo sapessero…”

      “Mamma lo sapeva?”

      Di tutte le domande che poteva fargli, quella era la più complicata. Rimase in silenzio per un lungo momento. Ancora una volta la sua figlia maggiore si era dimostrata furba, forse persino troppo per il suo stesso bene.

      “Non credo,” rispose piano.

      “E tutti i viaggi che facevi prima,” continuò Maya. “Non erano conferenze e lezioni in altri college, vero?”

      “No. Non lo erano.”

      “Poi ti sei interrotto per un po’. Hai smesso dopo… dopo che la mamma… ?”

      “Sì. Ma poi hanno avuto di nuovo bisogno di me.” C’era abbastanza verità in quella bugia che gli sembrava di non mentire, e sperava che avrebbe saziato la curiosità della figlia.

      Si rivoltò verso di lei. La ragazza stava fissando le piastrelle del pavimento, il volto segnato da un cipiglio. Era ovvio che aveva molte altre domande. Reid sperò che non le facesse.

      “Un’ultima domanda.” La sua voce era quasi un sussurro. “Questa storia ha qualcosa a che vedere con… con la morte della mamma?”

      “Oddio, no, Maya. Certo che no.” Reid attraversò in fretta

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