Giostra Di Cavalieri . Морган Райс
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Читать онлайн книгу Giostra Di Cavalieri - Морган Райс страница 5
“E dove andresti? Te ne torneresti nella Grande Desolazione?”
Le sorrise e scosse la testa.
“Sarai anche tecnicamente libera di andare,” aggiunse, “ma lascia che ti chieda: quando il mondo è un posto ostile, dove ti abbandona?”
Krohn ringhiò minacciosamente e Gwen sentì che era pronto a saltare. Si scosse di dosso la mano di Mardig con indignazione e accarezzò Krohn sulla testa trattenendolo. Poi, mentre guardava Mardig negli occhi, ebbe un’improvvisa intuizione.
“Dimmi una cosa, Mardig,” disse con voce dura e fredda. “Com’è che non ti trovi là fuori a combattere con i tuoi fratelli nel deserto? Come mai sei l’unico rimasto qui? È la paura a trattenerti?”
Lui sorrise, ma dietro al suo sorriso Gwen poté scorgere la codardia.
“La cavalleria è per gli sciocchi,” le rispose. “Sciocchi veri e propri che ci preparano la strada in modo che possiamo avere quello che vogliamo. Fai sentire a qualcuno la parola ‘cavalleria’ e potrai usare quelle persone come dei burattini. Io stesso non posso essere utilizzato così facilmente.”
Lei lo guardò disgustata.
“Mio marito e il nostro Argento riderebbero di un uomo come te,” gli disse. “Non dureresti due minuti nell’Anello.”
Gwen spostò lo sguardo da lui all’ingresso che le stava bloccando.
“Hai due opzioni,” gli disse. “Puoi levarti di torno o Krohn qui può avere la colazione che tanto desidera. Penso che tu sia della misura giusta.”
Mardig guardò Krohn e Gwen vide che gli tremava il labbro. Si fece da parte.
Ma lei non si limitò ad andare. Gli si fece invece vicino, ghignando, volendo chiarirgli per bene il fatto suo.
“Sarai anche al comando del tuo piccolo castello,” gli disse con tono cupo, “ma non dimenticarti che stai parlando con una regina. Una regina libera. Non risponderò mai a te, non risponderò mai a nessuno fintanto che vivrò. E questo mi rende molto pericolosa, molto più pericolosa di te.”
Il principe la guardò sorpreso e sorrise.
“Mi piaci, regina Gwendolyn,” le rispose. “Molto più di quanto pensassi.”
Gwendolyn, con il cuore che le batteva forte lo vide voltarsi e andarsene, riscivolando nell’ombra e scomparendo in fondo al corridoio. Mentre i suoi passi si facevano sempre più distanti, si chiese: quali pericoli c’erano in agguato in quella corte?
CAPITOLO TRE
Kendrick galoppava percorrendo l’arido deserto con Brandt e Atme al suo fianco oltre a mezza dozzina di soldati dell’Argento, tutto ciò che era rimasto della compagnia dell’Anello. Erano di nuovo insieme come ai vecchi tempi. Mentre galoppavano addentrandosi sempre più nella Grande Desolazione, Kendrick sentiva il peso della nostalgia e della tristezza: gli tornarono alla mente i giorni migliori nell’Anello, quando era circondato dall’Argento, dai suoi fratelli d’armi e andava in battaglia insieme a migliaia di uomini. Aveva sempre combattuto insieme ai migliori cavalieri che il regno avesse da offrire, un guerriero migliore dell’altro e ovunque fosse andato le trombe avevano suonato e la gente era accorsa ad accoglierli. Lui e i suoi uomini erano sempre stati ben accetti ovunque ed erano sempre stati svegli fino a tardi di notte raccontando storie di battaglie, di scaramucce contro mostri che risalivano dal Canyon o peggio dalle terre selvagge dall’altra parte.
Kendrick sbatté le palpebre, con la polvere negli occhi, cercando di cacciare quei pensieri. Ora si trovava in tempi diversi e in un posto diverso. Guardò oltre e vide gli otto uomini dell’Argento aspettandosi di vederne migliaia. Ma la realtà calò lentamente su di lui e si rese conto che otto era tutto ciò che gli restava adesso: molte cose erano cambiate. Sarebbero mai tornati quei giorni di gloria?
L’idea che Kendrick aveva su come si diveniva guerrieri era cambiata negli anni e in quei giorni si era trovato a pensare che non si trattasse solo di onore e abilità, ma anche di perseveranza. Di capacità di andare avanti. La vita aveva un suo modo di gettarti addosso un sacco di ostacoli, calamità, tragedie, perdite, soprattutto cambiamenti. Lui aveva perso così tanti amici da non poterli neanche contare e il re stesso era vissuto meno di lui. La sua patria era scomparsa. Eppure lui continuava ad andare avanti, anche quando non era certo del motivo. Sapeva che lo stava cercando. Ed era forse soprattutto questa capacità di andare avanti che lo rendeva guerriero, che gli faceva superare la prova del tempo anche quando tanti altri cadevano. Questo separava i veri guerrieri da quelli effimeri.
“MURO DI SABBIA DAVANTI!” gridò una voce.
Era una voce sconosciuta, una voce che Kendrick doveva ancora abituarsi a sentire. Guardando avanti vide Koldo, il primogenito del re, con la sua pelle nera che lo faceva spiccare nel gruppo, lanciato alla guida del gruppo di soldati del Crinale. Il poco tempo che aveva avuto per conoscerlo gli era bastato per arrivare a rispettarlo: gli bastava guardare il modo in cui guidava i suoi uomini e come loro lo guardavano. Era un cavaliere al cui fianco Kendrick era orgoglioso di trovarsi.
Koldo indicò l’orizzonte e Kendrick guardò oltre vedendo ciò che stava segnando: in effetti lo udì prima di vederlo. Era un fischio acuto, come una tempesta di vento, e Kendrick ricordò il tempo trascorso nella Desolazione, quando lo avevano trascinato quasi privo di conoscenza. Ricordò la sabbia furiosa che ruotava come un tornado interminabile formando un solido muro che si ergeva fino al cielo. Era sembrato impenetrabile, come una parete vera e propria che aiutava a celare il Crinale agli occhi dell’Impero.
Mentre il fischio si faceva più forte, Kendrick ebbe paura all’idea di entrarci di nuovo.
“SCIARPE!” ordinò una voce.
Kendrick vide Ludvig, il più grande dei due gemelli, che tirava fuori un lungo panno bianco e se lo avvolgeva attorno al volto. Uno alla volta gli altri soldati seguirono il suo esempio e fecero lo stesso.
Vicino a Kendrick sopraggiunse il soldato che si era presentato come Naten, un uomo per il quale Kendrick ricordò di aver provato immediata ripugnanza. Era scontento che gli fosse stato assegnato il comando e non gli mostrava rispetto.
Naten ridacchiò guardando Kendrick e i suoi uomini mentre si avvicinava a loro.
“Pensi di guidare questa missione,” disse, “solo perché il re ti ha dato questo compito. Ma non sai neppure tenere i tuoi uomini al riparo dal muro di sabbia.”
Kendrick lo guardò torvo, vedendo nei suoi occhi un odio non provocato da lui. All’inizio aveva pensato che fosse indotto a comportarsi così solo perché si sentiva forse minacciato da lui, da uno sconosciuto. Ora però vedeva che era proprio un uomo cui piaceva odiare.
“Dagli le sciarpe!” gridò Koldo a Naten, impaziente.
Dopo un po’di tempo, mentre il muro si faceva sempre più vicino e la sabbia sempre più vorticosa, Naten diede finalmente il sacco con le sciarpe a Kendrick, lanciandoglielo e colpendolo con forza al petto mentre continuavano a galoppare.
“Distribuiscile ai tuoi uomini,” gli disse, “o finirete tagliati dal muro. A voi la scelta, a me veramente non interessa.”
Naten