Giostra Di Cavalieri . Морган Райс

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Giostra Di Cavalieri  - Морган Райс L’Anello Dello Stregone

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avvolse la propria attorno alla testa e alla faccia come facevano quelli del Crinale, compiendo più giri e assicurandosi anche di riuscire a respirare. Vedeva a malapena, il mondo era velato e confuso alla luce.

      Kendrick si preparò mentre si facevano ancora più vicino e il rumore della sabbia vorticante diventava assordante. Già a cinquanta metri di distanza l’aria era piena del suono della sabbia che sbatteva contro le armature. Un momento dopo la sentì.

      Si tuffò nel muro di sabbia e fu come immergersi in un oceano turbolento di sabbia. Il rumore era così forte da poter a malapena udire il proprio cuore che gli batteva nelle orecchie mentre la sabbia avvolgeva ogni parte del suo corpo lottando per entrare e per infiltrarsi. Era così intensa e fitta da non riuscire a vedere Brandt e Atme che si trovavano a pochi metri da lui.

      “CONTINUATE A GALOPPARE!” gridò Kendrick ai suoi uomini, chiedendosi se qualcuno di loro poteva sentirlo e cercando di rassicurare loro quanto se stesso. I cavalli nitrivano come impazziti, rallentando e comportandosi stranamente. Kendrick abbassò lo sguardo e vide che la sabbia gli entrava negli occhi. Spronò il suo cavallo con maggiore intensità pregando che non si fermasse sul posto.

      Continuò a galoppare, pensando che non sarebbe mai finita, quando finalmente, riconoscente, emerse dall’altra parte. Galoppò fuori con i suoi uomini accanto, di nuovo nella Grande Desolazione, con il cielo aperto e il vuoto ad accoglierlo. Il muro di sabbia si calmò gradualmente mentre si allontanavano e la quiete prestò calò di nuovo. Kendrick notò che gli uomini del Crinale guardavano lui e i suoi con sorpresa.

      “Non pensavate che saremmo sopravvissuti?” chiese a Naten mentre lo fissava.

      Naten scrollò le spalle.

      “Non me ne sarebbe fregato nulla comunque,” disse e si allontanò con i suoi uomini.

      Kendrick si scambiò un’occhiata con Brandt e Atme mentre tutti si interrogavano nuovamente su quegli uomini del Crinale. Kendrick aveva la sensazione che sarebbe stato lungo e faticoso conquistare la loro fiducia. Dopotutto lui e i suoi uomini erano degli sconosciuti ed erano stati loro a creare quella scia di tracce causando loro un sacco di problemi.

      “Avanti tutta!” gridò Koldo.

      Kendrick sollevò lo sguardo e vide, nel deserto, i segni lasciati da lui e dagli altri dell’Anello. Vide tutte le loro impronte ora indurite nella sabbia, che conducevano fino all’orizzonte.

      Koldo si fermò dove terminavano rimanendo fermo insieme agli altri, con i cavalli che respiravano affannosamente. Abbassarono tutti lo sguardo studiandole.

      “Pensavo che il deserto le avrebbe cancellate,” disse Kendrick sorpreso.

      Naten ridacchiò guardandolo.

      “Questo deserto non cancella nulla. Non piove mai e tutto viene ricordato. Queste vostre impronte li avrebbero condotti dritto fino a noi, portando al crollo del Crinale.”

      “Piantala di importunarlo,” disse Koldo a Naten con voce cupa e carica di autorità.

      Tutti si voltarono vedendolo avvicinarsi e Kendrick provò un’ondata di gratitudine nei suoi confronti.

      “Perché dovrei?” chiese Naten. “Questa gente ha creato il problema. Io potrei essere al sicuro all’interno del Crinale in questo momento.”

      “Continua,” disse Koldo, “e ti mando a casa all’istante. Verrai cacciato fuori da questa missione e dovrai spiegare al re perché hai trattato il tuo comandante mancandogli di rispetto.”

      Naten, finalmente umiliato, abbassò lo sguardo e si allontanò portandosi dall’altra parte del gruppo.

      Koldo guardò Kendrick facendogli cenno con la testa in segno di rispetto, da comandante a comandante.

      “Mi scuso per l’insubordinazione dei miei uomini,” disse. “Come di certo anche tu sai, un comandante non sempre è in grado di parlare per tutti i suoi soldati.”

      Kendrick annuì rispettoso, ammirando Koldo più che mai.

      “Sono queste dunque le tracce lasciate dal tuo popolo?” chiese Koldo abbassando lo sguardo.

      Kendrick annuì.

      “Pare di sì.”

      Koldo sospirò voltandosi e seguendole.

      “Dobbiamo seguirle fino alla fine,” disse. “Quando raggiungeremo l’altra estremità procederemo all’indietro cancellandole.”

      Kendrick era sorpreso.

      “Ma non ne lasceremo delle altre tornando indietro?”

      Koldo fece un cenno e Kendrick seguì il suo sguardo rivolto verso il retro dei cavalli dei suoi uomini che tiravano alcuni attrezzi che sembravano dei rastrelli.

      “Spazzatrici,” spiegò Ludvig avvicinandosi a Koldo. “Cancelleranno le nostre tracce mentre proseguiamo.”

      Koldo sorrise.

      “È questo che ha tenuto il Crinale invisibile ai nostri nemici per secoli.”

      Kendrick ammirò gli ingegnosi strumenti e si udì un grido mentre gli uomini spronavano i cavalli e si voltavano seguendo le tracce, galoppando nel deserto inoltrandosi nella Desolazione verso un orizzonte vuoto. Nonostante tutto Kendrick si guardò alle spalle mentre procedevano, dando un’ultima occhiata al muro di sabbia. Per qualche motivo fu sopraffatto dal pensiero che non avrebbero mai più fatto ritorno.

      CAPITOLO QUATTRO

      Erec si trovava a prua sulla sua nave con Alistair e Strom al suo fianco, e guardava con preoccupazione il fiume che si restringeva. Dietro di loro a breve distanza si trovava la sua piccola flotta, tutto ciò che restava di quello che era partito dalle Isole del Sud. Si stavano tutti dirigendo lungo quell’interminabile fiume, sempre più a fondo verso il cuore dell’Impero. In alcuni punti quel corso d’acqua era stato largo quanto un oceano, le rive non visibili e le acque limpide; ma ora Erec vedeva come all’orizzonte si stesse restringendo creando una sorta di imbuto di forse una ventina di metri di larghezza, dove l’acqua si faceva più torbida.

      Il soldato professionista dentro Erec era completamente all’erta. Non gli piacevano gli spazi confinati quando conduceva un gruppo di uomini, e sapeva che il fiume che si faceva più stretto avrebbe reso la sua flotta più suscettibile a un’imboscata. Erec si guardò alle spalle e non vide alcun segno della massiccia flotta dell’Impero da cui erano sfuggiti in mare. Questo però non significava che non potessero trovarsi là fuori da qualche parte. Sapeva che non avrebbero mai smesso di seguirli fino a che non li avessero trovati.

      Con le mani sui fianchi Erec si voltò e socchiuse gli occhi studiando le misere terre dell’Impero dall’altra parte che si allungavano all’infinito: un terreno fatto di sabbia asciutta e dura roccia, niente alberi e nessun segno di civiltà. Erec scrutò le rive del fiume e si sentì riconoscente che almeno non ci fossero forti o battaglioni dell’Impero posizionati lungo il fiume. Voleva portare la sua flotta lungo il corso d’acqua fino a Volusia il più in fretta possibile, trovare Gwendolyn e gli altri e liberarli per poi andarsene da lì. Li avrebbe riportati attraverso il mare fino alla salvezza delle Isole del Sud, dove avrebbe potuto proteggerli. Non voleva nessun disturbo lungo il suo tragitto.

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