Il Killer Pagliaccio. Блейк Пирс

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Il Killer Pagliaccio - Блейк Пирс

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intervenne: “E’ di questo che dovrebbe occuparsi davvero la polizia del posto. Creeranno una ‘mini stazione’ proprio sul marciapiede: un tavolo da picnic e delle sedie, custodite da un paio di agenti in uniforme. Lavoreranno con i locali per assicurarsi che la cosa non si ripeta di nuovo.”

      Riley quasi chiese …

      Ma non ricominceranno in un altro quartiere?

      Ma sapeva che era una domanda stupida. Naturalmente, avrebbero cominciato altrove, a meno che non venissero catturati. E, a quel punto, polizia ed FBI avrebbe dovuto ricominciare da capo, ovunque si trovassero. Era normale in questo tipo di lavoro.

      Crivaro fermò l’auto e indicò la casa più vicina.

      “La perquisizione è già in corso in quella lì” indicò. “E siamo qui per aiutare.”

      Quando uscirono dall’auto, Crivaro agitò severamente il dito verso Riley.

      “Con ‘noi’, intendo l’Agente McCune e me. Tu sei qui per osservare ed apprendere. Perciò, stai fuori dai piedi. E non toccare niente.”

      Riley provò un brivido alle sue parole. Ma annuì obbediente.

      Un poliziotto in uniforme, che si trovava sulla porta d’accesso, li guidò all’interno. Riley capì subito che una grande operazione era in corso. Lo stretto corridoio brulicava di poliziotti locali ed agenti che indossavano le giacche dell’FBI. Avevano raccolto armi e sacchi di droga nel bel mezzo del pavimento.

      Crivaro sembrò contento. Si rivolse ad uno degli uomini dell’FBI: “Sembra che abbiate scoperto una vera miniera d’oro qui.”

      L’uomo dell’FBI rise e disse: “Siamo certi che questa sia solo la punta dell’iceberg. Dev’esserci ancora un mucchio di denaro qui da qualche parte, ma non l’abbiamo ancora trovato. Ci sono decine di posti in cui nascondere la roba in una casa come questa. I nostri uomini setacceranno ogni centimetro.”

      Riley seguì Crivaro e McCune lungo una rampa di scale fino al secondo piano.

      Si accorse che la casa, come le altre che la circondavano, era più grande di quanto apparisse dall’esterno. Sebbene fosse stretta, era tuttavia profonda, con molte stanze lungo i corridoi. Oltre ai due piani a vista, Riley suppose che l’abitazione avesse anche un attico e un sottoscala.

      In cima alle scale, quattro agenti quasi si scontrarono con Crivaro, mentre uscivano da una delle stanze.

      “Non c’è niente lì” uno degli agenti disse.

      “Sicuri?” Crivaro domandò.

      “Abbiamo perquisito da cima a fondo” l’altro agente intervenne.

      Poi, una voce proveniente dall’interno di una stanza si sentì direttamente dal fondo del corridoio …

      “Ehi, credo che abbiamo trovato qualcosa qui!”

      Riley seguì Crivaro e McCune in fondo al corridoio. Prima che potesse entrare con loro nella stanza, Crivaro allungò una mano e la fermò.

      “Huh-uh” le disse. “Puoi guardare stando qui nel corridoio.”

      Riley rimase fuori dalla porta e vide cinque uomini perquisire la stanza. Quello che aveva chiamato Jake era fermo vicino ad una forma rettangolare sulla parete.

      Disse: “A quanto pare deve essere stato un montacarichi. Scommettiamo che ci troveremo qualcosa dentro?”

      “Aprilo” Crivaro disse.

      Riley fece un passo in avanti, per vedere che cosa stessero facendo.

      Jake la guardò e gridò …

      “Ehi, Sweeney. Che cosa ti ho appena detto?”

      Riley stava per spiegare che non intendeva davvero entrare, quando Jake ordinò ad un poliziotto …

      “Chiudi quella maledetta porta.”

      La porta fu sbattuta sulla faccia di Riley, che rimase nel corridoio sentendosi sciocca ed imbarazzata.

      Perché l’Agente Crivaro è arrabbiato con me? si chiese.

      Molti rumori provenivano dall’interno della stanza adesso. Sembrava che qualcuno stesse prendendo un piede di porco, usandolo nella parete dove una volta si trovava il montacarichi. Riley avrebbe voluto vedere che cosa stava succedendo, ma riaprire la porta era fuori questione.

      Andò in fondo al corridoio e nella stanza sull’altro lato, quella che gli agenti avevano dichiarato di aver già perquisito. Sedie e mobili erano rovesciati, e un tappeto era sgualcito per essere stato sollevato e gettato di nuovo a terra.

      Sola nella stanza, Riley si diresse alla finestra che dava sulla strada.

      All’esterno vide numerose persone che si muovevano rapidamente, come se andassero di fretta, qualunque fosse la destinazione.

      Non si sentono al sicuro fuori, intuì, e questo le parve incredibilmente triste.

      Si chiese da quanto tempo quel quartiere non era più un bel posto in cui vivere.

      Si chiese anche …

      Facciamo davvero la differenza?

      Riley provò ad immaginare come sarebbe stata la vita lì, dopo che la “mini stazione” menzionata dall’Agente McCune fosse stata creata. I vicini si sarebbero sentiti più sicuri solo vedendo alcuni poliziotti seduti ad un tavolo da picnic?

      Riley sospirò, mentre le persone per strada continuavano a muoversi con evidente fretta per strada.

      Capì che si stava ponendo la domanda sbagliata.

      Non c’è un “noi”, almeno non ancora.

      Non era per nulla coinvolta in questa operazione. E, certamente, l’Agente Crivaro non riponeva alcuna fiducia in lei.

      Si allontanò dalla finestra e tornò verso la porta. Mentre passava sopra il tappeto spiegazzato, avvertì uno strano suono sotto i suoi piedi. Si fermò e rimase immobile per un momento. Poi, batté il tacco contro il pavimento.

      Iil punto in cui si trovava sembrava stranamente vuoto.

      Si spostò ai lati del tappeto e sollevò il bordo dal pavimento.

      Non vide alcunché di insolito, soltanto un normale pavimento in legno massiccio.

      Direi che mi stavo immaginando qualcosa, pensò.

      Ricordò la frase che uno degli agenti aveva detto uscendo fuori da questa stanza.

      “Abbiamo setacciato da cima a fondo.”

      Senz’altro, non avrebbe trovato qualcosa che era sfuggito agli agenti dell’FBI.

      Eppure, era certa di aver sentito qualcosa di strano. Non lo avrebbe notato se qualcun altro si fosse mosso per la stanza. Se n’era accorta soltanto perché c’era silenzio.

      Fece

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