Il Nostro Sacro Onore. Джек Марс

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Il Nostro Sacro Onore - Джек Марс

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guardò la sua squadra. Sul sedile accanto al suo c’era il grande Ed Newsam, con pantaloni cargo cachi e una maglietta a maniche lunghe. Occhi di ghiaccio, enorme, eterno come una montagna. Ed adesso era più vecchio, sicuro. Aveva delle rughe in volto, soprattutto attorno agli occhi, che prima non c’erano. E non aveva più i capelli nero corvino come un tempo – c’erano delle ciocche grigie e bianche in libertà, lì.

      Ed aveva lasciato la squadra Recupero ostaggi dell’FBI per quel lavoretto. L’FBI lo stava facendo salire di livello – maggiore anzianità, maggiori responsabilità, maggiori sedute alla scrivania, e molto meno tempo sul campo. A sentir lui, stava cambiando perché voleva vedere ancora dell’azione. Ma la cosa non gli aveva impedito di aspettarsi più soldi. Non importava. Luke era pronto a far urlare di agonia il budget dell’SRT, se era quello che ci voleva per farlo risalire a bordo.

      A sinistra e di fronte a Luke, c’era Mark Swann. Teneva le gambe allungate nella navata come sempre, un vecchio paio di jeans strappati e un paio di sneakers rosse Chuck Taylor lì in mezzo per far inciampare chiunque. Swann era cambiato, certo. Sopravvivere a stento alla prigionia dell’ISIS lo aveva reso più serio – non scherzava più sulla pericolosità delle missioni. Luke era contento che fosse tornato – c’era stato un periodo in cui sembrava che potesse diventare un recluso, e che non sarebbe riemerso più dal suo attico con vista sulla spiaggia.

      Poi c’era Trudy Wellington. Sedeva giusto davanti a Luke. Aveva ancora i capelli ricci castani, e non era invecchiata per niente. Normale. Nonostante tutto quello che aveva visto e fatto – il periodo da analista nell’SRT originale, la relazione con Don Morris, l’evasione dal carcere e il periodo trascorso nascondendosi – aveva ancora solo trentadue anni. Era snella e attraente come non mai in maglione verde e blue jeans. A un certo punto, aveva eliminato i grandi e rotondi occhiali da gufo orlati di rosso dietro ai quali si nascondeva. Adesso aveva i begli occhi azzurri in primo piano.

      Quegli occhi fissavano duramente Luke. Non sembravano amichevoli.

      Che cosa sapeva della relazione che aveva con Susan? Era arrabbiata? E perché avrebbe dovuto?

      “Lo sai cosa stai facendo, bello?” disse Ed Newsam. Lo disse con indole abbastanza buona, ma sotto c’era un altro sentore.

      “Vuoi dire con la missione?”

      Ed fece spallucce. “Certo. Cominciamo da lì.”

      Luke guardò fuori dal finestrino parlando. Era una giornata luminosa, ma il sole stava già dietro di loro. Tra poco, mentre si spostavano ancora più a est, il cielo avrebbe cominciato a scurirsi. Gli diede la percezione degli eventi che si impennavano in avanti – una sensazione familiare, ma che comunque faceva parte degli aspetti che meno preferiva del lavoro. Era una corsa contro al tempo. Era sempre una corsa contro al tempo, e loro erano molto indietro. La guerra che stavano cercando di evitare era già cominciata.

      “Immagino che sia quello che stiamo per scoprire. Trudy?”

      Lei fece spallucce, apparentemente evasiva. Raccolse il tablet dal grembo. “Ok,” disse. “Presumo rabula rasa.”

      “A me sta bene,” disse Luke. “Ragazzi?”

      “Bene,” disse Swann.

      “Sentiamo,” disse Ed. Si rimise comodo contro al sedile.

      “Si parla di Israele e Iran,” disse Trudy. “Una storia non proprio brevissima.”

      Luke scrollò le spalle. “È un volo lungo,” disse.

      * * *

      “Israele è un paese giovane, esistente solo dal 1948,” disse Trudy. “Ma l’idea della Terra di Israele, come luogo sacro al popolo ebraico fin dall’epoca biblica, probabilmente risale a duemila anni avanti Cristo. La prima fonte scritta su Israele come luogo compare intorno al 1200 a.C. La zona è stata invasa, conquistata e riconquistata in epoca antica dai babilonesi, dagli egizi e dai persiani, per nominarne alcuni. Per tutto il tempo, gli ebrei hanno perseverato.

      “Nel 63 a.C., l’Impero romano ha conquistato la regione, trasformandola in una provincia romana. Per quasi duecento anni, è diventata il sito di una violenta lotta tra ebrei e romani, che è terminata in genocidi, purghe etniche e distruzioni estese. L’ultima rivolta ebraica contro i romani è fallita nel 132 d.C., e la maggior parte degli ebrei è stata uccisa o dispersa – molti sono andati a nord, nella Russia di oggi, a nordovest nell’Europa orientale e centrale, o direttamente a ovest verso il Marocco e la Spagna. Alcuni sono andati a est, in Siria, in Iraq e in Iran. Una manciata può essersi diretta a sud, in Africa. E alcuni sono rimasti in Israele.

      “Nel corso del tempo, l’Impero romano è svanito e la regione nella metà del 600 è stata conquistata dagli arabi, che avevano recentemente adottato la nuova religione dell’Islam. Nonostante frequenti attacchi da parte dei crociati cristiani, la zona è rimasta più che altro sotto il controllo dei sultani musulmani per i novecento secoli seguenti. Nel 1516 è stata conquistata di nuovo, stavolta dall’Impero ottomano. Su mappe ottomane risalenti anche al 1600, la zona cui pensiamo come Israele veniva chiamata Palestina. Quando nella prima guerra mondiale l’Impero ottomano è stato distrutto, la Palestina è caduta sotto il controllo dei suoi successivi sovrani, i britannici.”

      “Che fondarono i problemi moderni,” disse Ed.

      Trudy annuì. “Naturalmente. Nel corso della storia, alcuni ebrei sono rimasti lì, e nel corso dei secoli ci sono stati numerosi tentativi idealistici di farci tornare gli ebrei dispersi in tutto il mondo. Ma all’inizio del Novecento, questi sforzi stavano decollando. L’ascesa dei nazisti portò a un numero ampliamente aumentato di ebrei che lasciavano l’Europa. Alla fine della seconda guerra mondiale, la popolazione della Palestina era ebrea per circa un terzo. Dopo la guerra, un massiccio influsso di ebrei, sopravvissuti all’Olocausto, lasciò le comunità distrutte di tutta Europa per recarsi in Palestina.

      “Nel 1948 è stato fondato lo Stato di Israele. La cosa ha innescato una serie di contrasti violenti tra musulmani ed ebrei che continuano anche oggi. Nel combattimento inziale, l’Egitto, la Siria, la Giordania e l’Iraq li invasero, insieme a contingenti di irregolari provenienti da Yemen, Marocco, Arabia Saudita e Sudan. Gli israeliani li sconfissero. Almeno settecentomila arabi fuggirono o vennero espulsi dalle forze israeliane che avanzavano nelle aree ora note come territori palestinesi – la Cisgiordania e la striscia di Gaza.”

      “Vedete, è questo che non capisco,” disse Ed Newsam. “Il 1948 è roba vecchia. Adesso ci sono tutti questi palestinesi incastrati a Gaza e nella Cisgiordania. Perché non liberarli e lasciare che diventino un paese loro? Se non ci si riesce, perché non dare a tutti la cittadinanza e incorporarli a Israele? Pare che ognuna delle due possa mettere un freno allo scontro.”

      “È complicato,” disse Swann.

      “Complicato è un eufemismo,” disse Trudy. “Impossibile è più vicino alla realtà. Per dirne una, Israele è stata fondata come stato ebraico – una patria per gli ebrei di tutto il mondo. Si tratta di un progetto di quasi duemila anni.

      “Se Israele vuole rimanere uno stato ebraico, non può semplicemente incorporare i palestinesi nel paese come cittadini. Accenderebbe il timer su una bomba demografica a tempo, bomba che esploderebbe presto. Il paese ha il suffragio universale – ogni cittadino ha il diritto di voto. Ci sono approssimativamente sei milioni e mezzo di ebrei in Israele, e quasi due milioni di arabi israeliani, la gran maggioranza dei quali musulmani. Ci sono circa quattro milioni e mezzo di palestinesi a Gaza e nella Cisgiordania, in tutto.

      “Se

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