Salvato Da Una Ninfa Marina. Rebekah Lewis
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La sirena distolse lo sguardo da lui e guardò l’acqua. “Sono deludente ai tuoi occhi come lo sono agli occhi della mia gente?”
Cosa? Come poteva una donna così bella credere di essere deludente? “Non capisco”. La sua affermazione era vera sotto molti punti di vista. L’esistenza della donna, cosa gli era successo e il fatto che lei credesse di avere dei difetti nel suo aspetto.
Lei sospirò e guardò il moncherino ferito nel polso sinistro. Lui avrebbe quasi voluto immergerlo di nuovo nell’acqua per nascondere l’imperfezione agli occhi di lei. Se c’era qualcuno di deludente da guardare, quell’onore spettava a lui. Sarebbe stato considerato un invalido al suo ritorno a Londra. C’erano anche delle cose peggiori, ma il nome della sua famiglia avrebbe occupato i pettegolezzi per mesi. Qualcosa che non avrebbe certo giovato a sua sorella durante la sua prima stagione.
“Devo portarti più avanti sulla terraferma”, disse lei di nuovo, interrompendo le sue preoccupazioni. “Se mi permetti di toccarti di nuovo.” Quando lo guardò, non mostrò alcuna compassione. Lui le fu grato per tutto ciò.
James aprì e chiuse la bocca varie volte, mentre si sforzava di trovare le parole per rispondere a quell’affermazione. “Perché non dovrei permetterti di toccarmi?” Mentre iniziava a scuotere la testa e diventava sempre più consapevole del dolore al braccio e nel fianco, l’idea delle sue mani sul proprio corpo gli diede conforto. Il suo tocco gli avrebbe procurato un sollievo temporaneo? Moriva dalla voglia di scoprirlo.
“Pochi istanti fa, hai esitato e sei sfuggito alla mia presa, quando hai visto che non sono come vorresti.”
“Volere...cosa? Sei la più bella donna sulla quale abbia mai posato lo sguardo. Se ti ho spinta via, era perché non riuscivo a vederti dalla posizione in cui mi trovavo e ne avevo disperatamente bisogno.” Era evidente che le donne sulla terra e in mare avevano bisogno di essere rassicurate e di parole dolci. Non era un compito difficile, ma era comunque divertente.
“Oh.” Lei distolse lo sguardo e giocherellò con i capelli fingendo timidezza. Il fatto di non potere dire se fosse arrossita o no, gli fece maledire l’assenza di luce. Sarebbe stata luccicante e scintillante alla luce del sole? Le sue scaglie erano ruvide o lisce al tocco? Balzò all’indietro quando si rese conto che si era chinato più vicino a lei. Dannazione, lei lo avrebbe consumato come una falena che non si rende conto dei pericoli nascosti nel volare troppo vicino a una fiamma. Forse c’era una ragione se le sirene erano spesso chiamate “fanciulle del mare”. Chi aveva bisogno di una canzone quando si aveva quell’aspetto?
“Come ti chiami?” Non aveva mai pensato che le sirene fossero reali, nonostante le sciocche superstizioni del suo equipaggio, e adesso che se ne trovava davanti una, non sapeva proprio cosa dirle. Fortunatamente i capelli le erano ricaduti sul seno, e ciò lo aiutava a controllare il desiderio di guardarlo. Lo avrebbe comunque trasformato in un libertino.
“Ione.” Un sorriso brillante le illuminò il viso, poi gli prese la mano e posò il palmo sulla propria guancia. “Il mio nome è Ione.”
La sua pelle era così morbida e calda, nonostante la freschezza della brezza marina. “Grazie per avermi salvato, Ione. Io sono il cap...James. Puoi chiamarmi James.” Non gli importavano le formalità, visto che lei non apparteneva al suo mondo e non le sarebbe importato cosa potesse significare il suo nome di famiglia o la sua posizione. “Sfortunatamente, penso di stare morendo. Non dovresti assistere a queste brutture. Aiutami ad allontanarmi dalla marea e non ti terrò lontana dalla tua destinazione.” Non capiva come sarebbe potuto sopravvivere quella notte. Se fosse riuscito a tornare alla tenuta, sicuramente avrebbe ceduto alla febbre e sarebbe morto di malattia o infezione. Nessuno meritava di assistere a tutto ciò, se poteva evitarlo.
Il sorriso di Ione si spense poi, alzando il mento con determinazione, lasciò la sua mano e lo afferrò di nuovo sotto le braccia. Il suo corpo brillò per un attimo, prima che le scaglie scomparissero e si trasformassero in gambe umane. Mentre si muoveva ed i suo capelli si separavano, James prese nota vagamente che i suoi capezzoli stavano diventando più scuri, fino a un normale rosa, mentre accadeva tutto ciò. Intrigante. Lui serrò gli occhi mentre lei si alzava, per non essere beccato a fissare la parte superiore delle sue cosce. Tuttavia era troppo tardi. Non aveva peli e niente la proteggeva dal suo sguardo. Il sangue che non aveva perso iniziò a risalirgli fino all’inguine.
James aprì gli occhi quando Ione lo depositò sulla terraferma e si lasciò cadere al suo fianco, per niente intimidita dalla propria nudità. “Non morirai, James. Non sotto la mia sorveglianza.”
Chiudendo di nuovo gli occhi con forza e cercando di controllare quell’altra parte di se stesso prima che lei se ne accorgesse, lui scosse la testa e fece un cenno verso il Mare del Nord. “Non puoi controllare la natura.” Il suo unico rimpianto al momento del trapasso sarebbe stato di avere abbandonato sua sorella. Underwood, quel ragazzino maligno, sicuramente le avrebbe fatto del male. James sperava di sopravvivere abbastanza da avvisare il porto che la sua nave stava per essere rubata sotto i loro occhi. Underwood avrebbe falsificato la firma sui documenti ed avrebbe agito come se tutto fosse a posto, il farabutto. Non gli importava che il ragazzo lo avesse messo fuori gioco, non voleva che quel furfante ottenesse quello che voleva. Underwood doveva imparare il rispetto e, evidentemente, qualcosa che le persone civilizzate chiamavano morale.
“Ne sei sicuro?”, disse Ione talmente a bassa voce che James quasi non la sentì. Poi si girò verso di lui, afferrando la sua camicia bagnata. Gli piaceva sentire le sue mani su di sé, anche se solo per conforto e non per ragioni più piacevoli. “Se fossi umana come te, cosa faresti?”
Sentì che le proprie sopracciglia si sollevavano e si rimangiò la risposta più ovvia, perché, nonostante i suoi giorni da contrabbandiere, aveva un’educazione da gentiluomo. “Perdona la mia confusione...Mi stai chiedendo cosa farei adesso se non stessi morendo, oppure suggerisci che vorresti sentire come ti corteggerei?” Strinse i denti ad una nuova ondata di dolore e tornò a sdraiarsi sulla sabbia.
“Non morirai”, affermò Ione come se lo sapesse con assoluta certezza. “Parlami di questo...corteggiare?” Lui la guardò di nuovo: aveva la pelle tra le sopracciglia raggrinzita, come se fosse perplessa a quell’idea. Era adorabile.
Avrebbe voluto poter condividere la sua sicurezza riguardo alla propria longevità. “Sarebbe difficile, visto che non possiedi una famiglia, né una casa sulla terraferma per farlo in modo corretto. Secondo le regole della mia gente, il fatto che siamo da soli adesso sottintende che abbiamo fatto delle cose che non abbiamo commesso.” Non voleva farla fuggire dalla paura, parlando di come sarebbe stata rovinata, quindi ci andò cauto, per quanto poteva. “Non potresti stare con me, a meno che non fossimo sposati. Dovrei ottenere una licenza speciale e tenerti nascosta nella residenza di campagna di mio padre fino al matrimonio.”
Peccato che fossero solo fantasie. Lui sarebbe morto e lei viveva nell’oceano. Erano proprio una bella coppia.
Ione sollevò di nuovo il mento con determinazione e si alzò, concedendogli una