Non resta che scappare. Блейк Пирс

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Non resta che scappare - Блейк Пирс Un thriller di Adele Sharp

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però, nel piccolo e stretto appartamento di San Francisco… era tutto di nuovo tremendamente silenzioso.

      Adele si spostò ancora una volta, ascoltando lo scricchiolio di protesta della misera sedia. Le venne in mente una frase della sua infanzia, una delle preferite di suo padre: “Le cose semplici appagano le menti semplici.” In una sorta di protesta fantasma, Adele oscillò sulla sedia, ascoltando un’ultima volta quello scricchiolio stranamente consolante, prima di stringere i denti, sempre premendosi la benda improvvisata sulla ferita. Poi si alzò in piedi e imboccò il corridoio.

      “Maledetto Renee,” mormorò.

      Jason Hernandez non sarebbe mai scappato se John fosse stato lì. La Francia le mancava. Dopo il colloquio con l’Interpol, aveva passato del tempo con Robert. Delle giornate interessanti, rigeneranti in un certo senso. Le avevano offerto un’opportunità di fare delle ricerche sull’assassino di sua madre.

      Adele aprì la porta del bagno alla fine del corridoio e si mise davanti allo specchio. Era un bagno piccolo e stretto. La doccia era sufficiente, dato che erano quasi sei anni che Adele non faceva un bagno. Le docce erano molto più efficaci. Il sergente – suo padre – probabilmente non aveva fatto un bagno in tutta la sua vita.

      Adele sospirò mentre si spogliava ed entrava nella doccia, aprendo l’acqua calda. Lo spruzzo era ancora tiepido. Un altro piccolo difetto del nuovo appartamento. La pressione dell’acqua non era un gran che, ma si sarebbe dovuta accontentare.

      Mentre Adele stava sotto all’erogatore della doccia, chiuse gli occhi e permise alla sua mente di vagare, mettendo da parte gli eventi della giornata e tornando agli ultimi due mesi negli Stati Uniti.

      Le parole rigiravano nella sua mente.

      “… Onestamente, è buffo che tu te ne sia andata da Parigi, sai? Soprattutto considerato dove lavoravi.”

      Sospirò mentre l’acqua le inzuppava i capelli e iniziava a gocciolarle dal naso e dalle guance in lenti scrosci irregolari che corrispondevano al getto intermittente dell’erogatore. Ma lei tenne gli occhi chiusi, ripensando ancora a quelle parole. Riecheggiavano – a volte addirittura durante il sonno – risuonando nella sua testa.

      Era quello che aveva detto il killer.

      Di nuovo in Francia. Un uomo che aveva fatto a pezzi le sue vittime e le aveva guardate morire dissanguate, indifese e da sole. Lei e John avevano catturato quel serial killer, ma non prima che avesse quasi assassinato anche suo padre. Aveva quasi ucciso anche Adele stessa, in effetti.

      Quel bastardo venerava l’assassino di sua madre. Un altro assassino. Ce n’erano così tanti.

      La fronte di Adele si aggrottò sotto al flusso dell’acqua mentre teneva serrati i pugni, le nocche premute contro la plastica bianca, fredda e scivolosa, che sembrava porcellana.

      John aveva ucciso il serial killer prima che l’uomo finisse Adele, ma questo l’aveva solo lasciata con più domande. Da qualche parte dentro di lei quasi desiderava che fosse rimasto in vita.

      Perché era così buffo che lei se ne fosse andata da Parigi? Quella frase ora la ossessionava. Continuava a girarsela e rigirarsela nella testa. Buffo che tu te ne sia andata da Parigi… soprattutto considerato dove lavoravi. Come se la stesse prendendo in giro. Stavano parlando dell’assassino di sua madre.

      Parigi. Ora ne era quasi certa. L’assassino di sua madre aveva vissuto a Parigi. Forse ci viveva ancora. Avrebbe avuto, cosa, cinquant’anni? Adele scosse la testa, spruzzando goccioline d’acqua nella doccia e sul ripiano scivoloso.

      Strinse i denti mentre altra acqua tiepida scendeva in getti irregolari.

      In uno scoppio di frustrazione, girò la manopola a metà, ma l’acqua non si scaldò. Adele sbatté le palpebre, gli occhi che bruciavano contro i rigoli di liquido che le striavano le guance. Fissò con rabbia il pomello della doccia, la freccia che indicava l’estremità di un segno rosso.

      “Allor ava bene,” mormorò.

      Afferrò la manopola e la ruotò dall’altra parte. Piccoli stratagemmi raccolti nel tempo. L’acqua fredda cominciò a colpirle la testa, facendole venire la pelle d’oca sulle braccia. Nel giro di pochi istanti Adele iniziò a battere i denti e il dolore al fianco svanì lasciando spazio a un indolenzimento gelido mentre l’acqua da fredda diventava ghiacciata.

      Ma lei rimase nella doccia.

      L’assassino l’aveva presa in giro. Come se avesse saputo qualcosa. Qualcosa che a lei era sfuggito. Qualcosa che era sfuggito anche alle autorità. Cosa c’era di così importante nel suo posto di lavoro? Quella era la parte che la disturbava di più. Era come se… Scosse la testa, cacciando via il pensiero.

      Ma… e se fosse vero?

      E se il killer di sua madre fosse in qualche modo collegato al DGSI? Magari non l’agenzia stessa, ma l’edificio. Magari c’era una connessione. Altrimenti che altro senso potevano aver avuto le sue parole?

      Soprattutto considerato dove lavoravi…

      L’uomo che John aveva ucciso sapeva qualcosa dell’assassino di sua madre. Ma se l’era portato nella tomba. E il Killer di Picche, l’uomo che lui aveva tanto venerato, l’uomo che aveva ucciso sua madre, era ancora libero.

      L’acqua fredda continuava a scorrere in mezzo alle sue scapole e lei fece qualche breve respiro rapido e ravvicinato in risposta a quella sensazione, ma ancora si rifiutò di spostarsi.

      La prossima volta sarebbe stata più furba. Le avevano chiesto di far parte di una task force con l’Interpol in caso di necessità. Ma Adele non vedeva l’ora di tornare in Europa. La California le piaceva, e le piaceva anche lavorare con l’FBI, soprattutto con la sua amica, l’agente Grant, come supervisore. Ma il desiderio di risolvere l’omicidio di sua madre le richiedeva un certo livello di vicinanza geografica al luogo dei fatti.

      Alla fine, spingendo un braccio contro la porta di vetro e annaspando, Adele ruotò il pomello della doccia.

      La cascata di acqua ghiacciata cessò. Lei rimase tremante all’interno della cabina in vetro e plastica, mentre l’acqua le gocciolava dal corpo.

      Chiunque avesse progettato quel bagno, aveva messo il porta-asciugamano sul retro della porta, dalla parte opposta della stanza. Ci volevano un paio di passi per raggiungerlo, e anche se lei aveva messo un tappeto da bagno sul pavimento per assorbire l’acqua, preferiva sempre aspettare un po’ nella doccia, in attesa che l’eccesso di acqua scivolasse giù, prima di uscire.

      E quindi aspettò, pensando, meditando, tremando. Pensò a un’altra volta che si era trovata bagnata zuppa di acqua, anche lì tremante…

      Un lampo di calore le pervase le guance. Pensò a quando aveva nuotato nella piscina di Robert. John era venuto per una serata…

      Era insopportabile. Rude, odioso, fastidioso, per niente professionale.

      Ma anche affascinante, disse una piccola parte di lei. Affidabile. Pericoloso.

      Scosse la testa e uscì dalla doccia, facendo stridere la porta di vetro e metallo, mandandola a sbattere contro la parete gialla. Un paio di pezzettini di intonaco caddero dal soffitto. Adele sospirò, guardando in alto. Sotto alla pittura del muro si erano già formate delle macchie di muffa. Il proprietario precedente ci aveva tinteggiato sopra, nascondendo quindi il problema.

      Magari

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