Terre spettrali. Софи Лав

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Terre spettrali - Софи Лав Un Casper a quattro zampe

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mi ha fatto pensare ai miei vecchi sogni. E questo mi ha portato a pensare a mio papà, a come l'ho perso… ed è lì, mi sa, che ho iniziato ad abbandonare i miei sogni. Ma non posso biasimare la mia famiglia, sai? E perché mai? Mio papà è morto e mia mamma era già scomparsa misteriosamente da qualche anno. Ho dovuto lasciare l'università e rilevare l'attività semi-disastrata di mio padre. Insomma, inutile piangersi addosso, no?”

      Chris annuì, continuando a sbafarsi gli spaghetti. Sembrava molto distratto e, peggio ancora, persino a disagio, come se non volesse trovarsi lì in quel momento.

      “Chris!”

      “Cosa?”

      “Ma mi stai almeno ascoltando?”

      “Certo. Io…”

      Il telefono vibrò: gli era arrivato un messaggio. Fece scivolare verso di sé il cellulare e iniziò a digitare una risposta. Doveva trattarsi di un affare di lavoro, immaginò Marie. Solo una volta lo aveva visto così distratto. Non le era piaciuto allora, e non prometteva affatto bene per il resto della loro serata.

      Fu attraversata da un lieve fremito di rabbia, come se avesse iniziato a circolarle dentro del veleno. Ma si trattava di un veleno buono, come tracannare una Red Bull o essere tutti eccitati prima dell'uscita di un nuovo film della Marvel. La rabbia, come una specie di mostro furioso dai mille tentacoli, si irradiò in ogni suo singolo nervo. Non stava domandando a Chris di fare una conversazione profonda; voleva solo che le prestasse ascolto, aveva bisogno dell'attenzione dell'uomo che amava.

      “Allora oggi,” continuò, “c'era questo golden retriever che mi ha mostrato un video in cui ha battuto Ninja a Fortnite.”

      Chris finalmente alzò lo sguardo. Le sopracciglia aggrottate, aveva un'espressione piuttosto confusa. “Cos'è che hai detto?”

      “Proprio così.” Marie portò il suo piatto al lavandino e si versò nuovamente del vino.

      “Cosa c'è che non va, Marie?”

      “Sono tre minuti che ti parlo e non ti sei nemmeno degnato di guardarmi fino a che non ho accennato a Fortnite.”

      “Già… perché tu non parli mai di Fortnite.”

      “Lo so. Sono una donna di trentanove anni. Perché mai dovrei?”

      Lui sospirò, le diede un'occhiataccia e si alzò in piedi. “Devo andare in bagno.”

      Devo scappare, questa conversazione è un campo minato, a Marie sembrò che volesse dire in realtà.

      “Sai cosa?” gli urlò lei mentre lui percorreva il corridoio diretto verso il bagno. “Non ti avrei fatto nemmeno entrare nel Big Bright Bed-and-Breakfast di Marie!”

      “Il… il cosa?” rispose.

      “Il toast era un po' raffermo, ma il tè sapeva sempre di fiori!”

      “Marie, va tutto bene? Se hai bisogno…”

      “Ah, vai in bagno e basta!”

      La porta del bagno si chiuse silenziosamente pochi secondi dopo: era davvero andato in bagno e basta. Marie si lasciò scappare una singola lacrima che subito asciugò.

      Prima che avesse il tempo di riflettere sul suo bizzarro comportamento, il telefono di Chris vibrò di nuovo. Non esitò a prenderlo. Sullo schermo vide l'inizio del messaggio. Non proveniva da nessuno dei contatti salvati, ma il prefisso era quello locale. Questo fu ciò che Marie riuscì a leggere: Non starò sveglia tutta la notte, ma lascerò la porta aperta se tu…

      Era tutto ciò che l'anteprima sullo schermo bloccato le consentiva di vedere. Ed era sufficiente. Il dolore immediatamente la travolse.

      Incapace di resistere, Marie sbloccò il cellulare di Chris. Lo aveva visto digitare la password diverse volte e non ebbe problemi a ricordarsela. Andò direttamente al messaggio e vide che era solo l'ultimo di un lungo scambio. I messaggi erano brevi, ma raccontavano una storia ben dettagliata e molto esplicita.

      Li stava ancora scorrendo quando Chris tornò al tavolo. Vide ciò che stava facendo Marie, e rimase in piedi anziché tornare a sedersi. Marie alzò lo sguardo verso di lui e dovette ricorrere a tutta la propria forza di volontà per non piangere.

      Invece di scoppiare in lacrime, lanciò il telefono verso di lui facendolo atterrare rumorosamente sul suo lato del tavolo.

      “Cos'è questa roba?” sbottò Marie.

      “Perché stai leggendo i miei messaggi?”

      “Perché una donna con un prefisso di qui dovrebbe lasciare la porta aperta per te stasera?” controbatté lei. “E, oltretutto, non solo stasera, ma per diverse volte nelle ultime settimane.”

      Sapeva di essere stato smascherato. Glielo si poteva leggere in faccia, nel modo in cui i suoi occhi sembravano scandagliare l'appartamento alla ricerca di una via d'uscita.

      “Marie… è solo… non è niente di serio.”

      “Oh, a me sembra qualcosa di molto serio. Forse emotivamente no, ma fisicamente decisamente sì. Di chi si tratta?”

      “Una tipa della compagnia di giochi che abbiamo rilevato il mese scorso.”

      “E avevi intenzione di dirmelo, prima o poi, o me lo avresti tenuto nascosto?”

      Chris portò il suo piatto al lavandino, poi la squadrò. Prese una postura rigida e un tono autoritario.

      “Non vedo questo gran problema.”

      “Cosa? Mi prendi in giro?”

      “Marie… i tempi cambiano. Abbiamo quasi quarant'anni. Le relazioni al giorno d'oggi sono diverse, sai? Non vedo il problema. Che male c'è ad avere due ragazze?”

      “Questa è la cosa più stupida che abbia sentito oggi. E, credimi, ne sento di cose stupide al lavoro.”

      “Ma lei…”

      “Vai via, Chris.”

      “Marie, ascoltami.”

      “Oh, l'ho fatto. E ho sentito abbastanza. Ora vattene!”

      Avrebbe voluto dire un milione di cose, ma le lasciò tutte da parte. Chris aveva già raggiunto la porta prima che Marie potesse anche solo pensare di dire qualcosa su quanto stava accadendo. Sembrava proprio che lui volesse andare via.

      Fu in gran silenzio che chiuse la porta, ma per Marie fu come se l'avesse sbattuta.

      Rimase per un momento a fissare la porta, combattendo contro le lacrime, domandandosi se quella pessima giornata potesse addirittura peggiorare.

      Non appena elaborò quel pensiero, squillò il telefono.

      Era un numero sconosciuto, e il prefisso non era nemmeno quello locale. Rispose, aspettandosi che avessero semplicemente sbagliato.

      “Pronto?”

      “Buonasera. Parlo con Marie Fortune?” Era una voce maschile, austera, dal tono ufficiale.

      “Sono io.”

      “Signorina

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