Terre spettrali. Софи Лав

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Terre spettrali - Софи Лав Un Casper a quattro zampe

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style="font-size:15px;">      “Lo era eccome.”

      “Allora annoto che posso contattarla in caso di necessità. Lei sta bene, signorina Fortune?”

      “Mi riprenderò,” lo rassicurò Marie, e terminarono la telefonata.

      Ma, in realtà, non era sicura di quanto fosse vero. Le venne un groppo in gola e sentì le lacrime colmarle gli occhi.

      Si sforzò di non esplodere in quel pianto disperato che stava per dirompere. Pensò alla vecchia casa di June, a come i bambini, a quei tempi, dicessero che fosse infestata. Pensò a quel giorno in cui aveva parlato a June di questa diceria, e si erano messe a canticchiare la sigla di Scooby Doo. Quel motivetto le rimase in testa e le provocò brevi scoppi di risa che arginarono le lacrime.

      Andò in camera e si gettò sul letto, sopraffatta da tutti gli eventi di quella giornata. Niente più lavoro. Niente più Chris. E adesso niente più zia June.

      C'era un solo pensiero che scongiurava il rischio che quella nottata diventasse un vero e proprio festival del pianto: pensare alla villa di zia June e a quel bellissimo litorale. Stava per tornarci, per motivi molto tristi, certo…

      Ma stava per tornarci.

      CAPITOLO QUATTRO

      Sulla strada per Port Bliss, a venticinque chilometri dalla cittadina, Marie vide l'oceano. Le apparve la prima volta superando un incrocio, quando intravide alla sua destra, in lontananza, uno scintillio blu e bianco.

      Dopo che lo ebbe visto, l'oceano le servì da bussola. Sapeva dove andare e cosa attendersi. Condusse la sua vecchia ma affidabile Saab più vicino a Port Bliss, avvicinandosi lentamente alla costa. E quando l'autostrada iniziò a costeggiare l'acqua, separata solo da brevi tratti di boscaglia, casette e lingue dorate di sabbia, le affiorò alle labbra un indelebile sorriso.

      Cominciò a vedere, sparsi per il paesaggio, piccoli segni che le ricordavano dov'era diretta. Le banchine per la pesca, i cartelli stradali che segnalavano le attrazioni balneari, le barche trainate a rimorchio da modesti pick-up.

      Quando le sue ruote toccarono il primo dei due grandi ponti che attraversavano i bacini idrici e le distese di acquitrini, fu difficile non soccombere alla nostalgia. Il suo passato tornava in forze, come se qualcuno stesse sfogliando, proprio davanti a lei, le pagine di un libro molto familiare.

      Poteva già vedere con gli occhi della mente la grande vecchia villa di June, con le sue guglie e le sue grandi finestre. Rivide il mare, che le sembrava così vasto e tremendamente profondo quando era bambina.

      Poteva raffigurarsi così bene quella casa perché era stata, dopo tutto, l'ispirazione del suo sogno ad occhi aperti di aprire un bed-and-breakfast.

      Erano due anni che non vedeva June ma, cavoli, le sarebbe proprio mancata.

      Eppure, era onestamente un po' seccata dal fatto che l'immagine della vecchia villa prevalesse, nella sua memoria, persino sul ricordo di June. Sì, c'erano gli scones e il tè oolong, e le battute e gli incessanti scherzi che potevano continuare per settimane, ma era stata la casa il cuore di tutto. Marie rimaneva per ore nella biblioteca del salotto della zia mentre June e sua madre chiacchieravano bevendo un bicchiere di vino o di brandy. Poi si metteva a correre nei corridoi e sgattaiolava in terrazza.

      Ridacchiò nuovamente, meravigliandosi di come la mente potesse reagire in modo strano alla morte di una persona cara.

      Per lo meno il funerale si tiene a Port Bliss, pensò. Conoscendo June, avrà sicuramente avuto in mente un mucchio di ambientazioni bislacche per quest'evento.

      Ovviamente, il pensiero del funerale era triste. Specialmente il funerale di zia June. Quella vecchia pellaccia aveva vissuto come se fosse immortale. Oltre a scherzare su razzi da lanciare e sul fare da modella per i truccatori delle pompe funebri, June aveva anche accennato a farsi ibernare criogenicamente. Parlava sempre di come Walt Disney e qualche giocatore di baseball fossero ibernati da qualche parte.

      Man mano che si avvicinava a Port Bliss, Marie si rese conto che quella che sentiva non era nostalgia, o almeno, non esattamente. Non sapeva se esistesse una parola precisa per descrivere quella sensazione di tornare a casa in un posto che però non è mai stato esattamente casa tua. Eppure, era proprio quello che stava provando. Si immaginò che esistesse una parola giapponese per dirlo, perché i giapponesi hanno una parola per qualsiasi cosa.

      Mentre i ricordi di zia June continuavano ad attraversarle la mente, un'altra cosa le accadde. Pensò che in qualche modo il tempismo dell'evento avesse un che di cosmico: forse zia June, ovunque si trovasse in quel momento, se la stava ridendo, sapendo che la sua morte aveva attutito il duro colpo del collasso di una relazione. June sarebbe stata proprio capace di fare una cosa del genere. Anzi, non faceva fatica a immaginare che la zia potesse mettersi a infestare l'appartamento di Chris per ripicca. Quel pensiero la fece sorridere.

      Nel flusso di tutti quei ricordi, in qualche modo era arrivata al secondo ponte e lo aveva attraversato. Sulla sua destra si estendeva Port Bliss. Era quasi del tutto fuori dalla sua visuale, ma la configurazione era proprio come se la ricordava. A sinistra, molto in lontananza e perlopiù coperto dagli alberi, c'era il faro Boggie. I fari la avevano affascinata per un bel pezzo quando era piccola e aveva sempre pensato al faro Boggie come a una sorta di pietra miliare, quando veniva in visita con sua madre. La sua apparizione indicava che erano arrivate.

      Marie ingoiò l'emozione quando raggiunse la fine del ponte. Percorse ancora 800 metri poi arrivò a un incrocio a T.

      E lì, ecco finalmente Port Bliss.

      Non ci veniva da almeno vent'anni, ma sembrava così familiare. L'unico grande cambiamento sembrava essere l'abbondanza di caffetterie e di negozi di prodotti alimentari biologici.

      Tuttavia, alcune cose non erano affatto cambiate. La gelateria di Bruce era ancora al suo posto, all'angolo tra Main e Pine street. Le lettere sbiadite sulla vetrina le scaldarono il cuore e, in tutta onestà, le fecero venire voglia di un bel gelato al gusto Cappuccino Crunch. Anche la libreria Little Things era ancora attiva; un volantino affisso sulla vetrina promuoveva un firmacopie con un autore locale. Si chiese se il posto avesse anche lo stesso odore di un tempo, quello di vecchia carta immersa nel caramello.

      Mentre superava queste viste familiari, Marie abbassò i finestrini e respirò profondamente. L'aria salmastra era un po' forte, ma piacevole. Quel sorriso indelebile le si allargò sulle guance, come da molto tempo nessun sorriso riusciva a fare.

      Cercò altri punti di riferimento e luoghi simbolo di Port Bliss trovandoli ovunque: la vecchia ancora, collocata come statua all'ingresso dell'unico parco della cittadina; la concessionaria auto Ottoman, con la sua ridicola automobile mascotte disegnata sull'insegna al neon del parcheggio; il ristorante Lamplighter; e il Coastal Treasures, un pittoresco e un po' pacchiano negozio di souvenir.

      Proprio come sapeva dove trovare queste attrazioni locali, sapeva anche dove fossero situati gli hotel. Ma non voleva ancora metterci piede. Prima di tutto doveva vedere la casa di zia June. Si sentiva attirata dalla villa come da una calamita, sin da quando aveva ricevuto la telefonata del vicesceriffo Miles.

      Fu contenta di constatare che le sue mani e il suo cuore sapevano guidarla perfettamente, conducendo la sua piccola Saab verso il limitare della città. Si ritrovò su Crabapple Road, una strada non contrassegnata che continuava per circa 3 chilometri giù lungo la costa. A circa quattrocento metri, iniziava uno stretto e tortuoso vialetto, in parte asfaltato e in parte sterrato.

      In fondo al vialetto, Marie poteva vedere la vecchia villa. Il graduale dislivello

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