Il Volto della Follia. Блейк Пирс
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“E cosa mi dici dei numeri?” Domandò la dottoressa Applewhite, andando dritta al nocciolo del problema, come faceva sempre. “Lo sa?”
“No,” Zoe sospirò. Poteva contare le persone che conoscevano il suo segreto, la sua capacità di vedere i numeri dappertutto e in qualsiasi cosa, sulle dita di una sola mano. Shelley, la dottoressa Monk, la dottoressa Applewhite e il suo medico. Quelli che dovevano saperlo, e chi l’aveva scoperto da sé.
“Credi di poterglielo dire?” domandò delicatamente la dottoressa Applewhite.
Zoe voltò le mani, studiando le linee sui palmi. Sapeva che alcune persone credevano di poter leggere il destino nella lunghezza e nell’angolazione di quelle linee. Era il genere di pensiero che le avrebbe potuto creare dipendenza, se soltanto avesse creduto in qualcosa del genere. “Forse,” rispose, percorrendo la linea che sapeva collegata all’amore. “Dipende da questa sera.”
La dottoressa Applewhite si alzò improvvisamente, iniziando ad affaccendarsi. Nascose il suo viso da Zoe, concentrandosi sull’armadietto del bagno. “Spero vada bene,” disse; la sua voce era stranamente tesa. “Lo spero davvero.”
“Grazie,” disse Zoe. “Insomma, per tutto.”
Con sua grande sorpresa, la dottoressa Applewhite le girò attorno e la avvolse in un abbraccio, una stretta leggera attorno alle sue spalle. Quando la lasciò andare, Zoe vide che la sua mentore si stava tamponando gli occhi. “Non so perché stai perdendo tempo con una vecchietta come me,” disse, spingendola verso la porta. “Hai un appuntamento importante che ti aspetta. Vai, ora. Vai e divertiti.”
Intimamente, Zoe si domandò se quella serata sarebbe stata divertente. Molte cose dipendevano dal risultato della sua conversazione con John, e c’era anche la possibilità di fare una migliore impressione al marito di Shelley rispetto all’ultima volta che si erano incontrati.
Non appena uscì in strada, dirigendosi verso la sua auto, Zoe sentì una pressione sulle spalle, che si univa al nervosismo che permeava ogni fibra del suo corpo, fino a quando non le venne quasi in mente il pensiero di tornare dritta a casa.
Ma quando si sedette al volante, raddrizzò un’ultima volta le spalle e guardò fisso davanti a sé. Avrebbe partecipato a quella serata, a qualunque costo.
Era troppo importante per ripensarci adesso.
CAPITOLO DUE
Lorna si riparò gli occhi dal sole di fine Agosto, guardando il panorama dal crinale. All’orizzonte sorgevano pale eoliche, bianche e altissime sui campi verdi, cespugli affioranti, avvallamenti e specchi d’acqua che riflettevano il cielo azzurro. Ben presto, la vegetazione avrebbe iniziato ad assumere i toni dell’arancione o del marrone, ma per il momento era ancora brillante e piena di vita. Una tavolozza di verdi e bianchi. Colori perfetti per un’escursione in giornata.
Lorna si voltò a guardare la strada dalla quale era arrivata, gli edifici della città alle sue spalle. Era ancora abbastanza vicina da poterne distinguere alcuni: una chiesa, un centro sociale, la biblioteca accanto a un lembo di terra che era uno dei parchi. La sua casa. Aveva sempre vissuto in questa cittadina del Nebraska, ma con tutte le escursioni e tutte le comodità a portata di mano, non aveva mai pensato di trasferirsi altrove.
Rivolse nuovamente lo sguardo al sentiero davanti a sé e ricominciò a camminare. Nella sua mente, stava tracciando il percorso per il resto della giornata: sarebbe scesa lungo questo crinale e avrebbe oltrepassato quello successivo, superando la base della prima pala – che per uno strano scherzo della prospettiva era sempre più imponente del previsto – per poi proseguire. Si sarebbe fermata soltanto dopo aver raggiunto uno dei suoi punti preferiti: un lago che, a guardarlo bene, aveva quasi la forma di un cuore. Avrebbe sostato lì per un po’, dopodiché avrebbe imboccato una stradina circolare che l’avrebbe ricondotta verso la città e la sua auto, prima di fare ritorno a casa, in tempo per l’ora di cena.
Stava pensando di fermarsi al negozio di alimentari lungo la strada per acquistare qualcosa di già pronto in modo da non dover cucinare. Non era una cattiva idea. Una ricompensa per la fatica della giornata.
Fece i salti di gioia mentre percorreva l’adorato percorso, seguendo i passi di molte altre persone nonché la sua stessa ombra, proiettata davanti a sé su questa stradina che aveva battuto centinaia di volte. Era fortunata a vivere nelle vicinanze di questa serie di piste, che offrivano così tanta bellezza e varietà. Non doveva guidare per dirigersi nel mezzo del nulla come erano costrette a fare altre persone. La sicurezza di casa era sempre alle sue spalle.
Lorna respirò profondamente quell’aria fresca mentre saliva su un altro crinale, flettendo le spalle e sentendole invase dal calore del sole. Con il suo cappellino a proteggerle la testa e il viso, si stava godendo il caldo. Le sue braccia scoperte, sulle quali aveva spalmato un bel po’ di crema solare prima di partire, erano libere di essere sfiorate dalla brezza, cosa che manteneva confortevole la sua temperatura corporea. Era quasi la giornata perfetta. Nella sua mente abbozzò quel panorama, una vista del tutto familiare che avrebbe potuto ritrarre a memoria.
Abbassò lo sguardo e quasi inciampò, fermandosi poco prima di andare a sbattere contro un altro escursionista seduto sul percorso roccioso, appena al di sotto della cima della collinetta. Era un uomo, che aveva in mano uno scarpone da trekking e stava prestando assistenza alla propria caviglia.
“Oh!” esclamò, riacquistando l’equilibrio. “Dio, non l’avevo vista. Mi scusi, stavo quasi per caderle addosso!”
Lui le rivolse un accenno di risata, inclinando la testa all’indietro per guardarla da sotto il proprio cappellino. “Oh, wow, no, dispiace a me, è colpa mia. Non avrei dovuto sedermi nel bel mezzo di un punto cieco.”
“Va tutto bene?” domandò Lorna. Ora che lui aveva la testa all’indietro, riusciva a vedere quanto fosse attraente. Un aspetto classico: un naso importante, zigomi pronunciati, una mascella virile, simile a tre linee rette su una pagina. Era anche giovane, probabilmente sulla trentina. Il suo cuore accelerò. Quasi senza rendersene conto, raddrizzò la schiena, spingendo in fuori il petto e rammaricandosi di non essere un po’ più truccata.
“Oh, sì,” disse lui con disinvoltura, facendole un cenno con una mano mentre rivolgeva nuovamente l’attenzione alla propria caviglia. “Una sciocchezza, in realtà. Credo sia solo una leggera distorsione.”
“Cos’è successo?” domandò Lorna. Le sue mani si piegarono sulle cinghie dello zaino, e le lasciò scivolare sui fianchi.
Lui indicò una roccia, non lontana dalla cima del crinale. “Mi sono slogato la caviglia su quella roccia mentre scendevo dal crinale. Stavo guardando il panorama invece di fare attenzione a dove mettessi i piedi. Un errore da novellino, no?”
Lorna sorrise. “Proprio così. La regola è: fermati e ammira il panorama, poi torna a guardare il terreno su cui cammini.”
“Lo so, lo so,” disse lui, scrollando le spalle con aria impotente. “Immagino che questo mi insegni a fare attenzione quando esco in posti che non conosco.”
“Vuoi che chiami qualcuno?” domandò Lorna. Le sue mani si mossero verso le tasche, dove il suo cellulare era in attesa in caso di emergenza. “O magari che ti aiuti ad alzarti?”
“Me la caverò,” disse lui, iniziando a infilare nuovamente lo scarpone. “Devo rimettermi in cammino. Mi basterà fare due passi per stare meglio, credo.”
“Sicuro?” Lorna esitò, guardandolo con aria preoccupata. Secondo i suoi amici, aveva la tendenza