Il Volto della Follia. Блейк Пирс
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Le guance di Lorna arrossirono lievemente. L’aveva chiamata “bella donna”, ma l’avevo detto come se nulla fosse, senza neanche guardarla, mentre usava quel suo stesso sfogo per rimettersi faticosamente in piedi. Come se fosse un fatto evidente, qualcosa che non avesse bisogno di ulteriori discussioni né di scambi di sguardi, perché era scontato per entrambi.
Lorna si fece un po’ da parte per fargli spazio, allungando inconsapevolmente una mano verso di lui nel caso avesse avuto bisogno d’aiuto. L’uomo saltellò e si mosse un po’ a fatica, testando il peso sulla caviglia prima di uniformarlo su entrambi i piedi. Una postura semplice, comoda ed esperta, nonostante il dolore.
“Sicuro di stare bene?” domandò Lorna. Lo guardò con aria dubbiosa, quasi aspettandosi che lui inciampasse e cadesse nuovamente a terra.
L’uomo testò il piede ancora un po’, muovendosi gradualmente fino ad appoggiarvi la maggior parte del peso. “A quanto pare,” rispose lui, mostrandole un sorriso. “Ma non ho nessuna intenzione di rischiare. Andrò verso l’auto e tornerò a casa.”
“Lascia che ti accompagni,” si offrì immediatamente Lorna, sia perché era la cosa giusta da fare, sia perché, in segreto, desiderava trascorrere ancora un po’ di tempo con questo bellissimo sconosciuto. Forse, se fosse stato uno del posto, avrebbero potuto scambiarsi i numeri e concordare un’escursione da fare insieme, uno di questi giorni.
“Non voglio disturbarti,” disse lui, altrettanto rapidamente. “Avrai sicuramente i tuoi programmi e io mi sto mettendo in mezzo. La tua camminata è appena iniziata, no?”
Il respiro le si fermò per un istante. “Come fai a saperlo?”
Lui indicò la strada da cui era venuta. “Sei arrivata dal parcheggio alla base del sentiero. Proprio come me.”
Lei annuì, sorridendo per la sua paranoia. “Certo,” disse. “Beh, non c’è problema, figurati. Non mi sentirei a mio agio al pensiero di lasciarti tornare a piedi da solo. Mi dispiacerebbe molto se, al mio ritorno, ti vedessi seduto a terra perché non ce l’hai fatta a tornare giù.”
Le sue labbra, che avevano una perfetta forma ad arco ed erano così carnose da far venire voglia di baciarle, si incurvarono in un sorriso. “Va bene,” disse. “Non ho nessuna intenzione di farti dispiacere. Forza, andiamo.”
Si voltarono insieme e iniziarono a camminare in direzione del parcheggio. Al di sopra delle loro teste, una solitaria nuvola bianca attraversava il cielo azzurro, spinta dalla leggera brezza. “È una gran bella giornata per un’escursione,” disse Lorna.
“Certo che sì,” rise lui. “Ecco perché ho pensato che sarebbe stata un’ottima idea venire qui. Non capita spesso che il tempo sia bello durante una giornata di ferie.”
“Sono piuttosto stupita,” disse Lorna, camminando a lato della pista in modo che lui potesse occupare la parte più uniforme del terreno. “Avrei scommesso ci fossero un sacco di persone oggi. Invece è tranquillo.”
“La maggior parte delle persone è a casa, immagino,” disse lui, indicando la città in lontananza. Da alcuni dei punti più vicini era possibile distinguere le scie sottili di fumo nero. “A cucinare di tutto al barbecue.”
Lorna annuì, schermandosi gli occhi per guardare in direzione della città. “Hai ragione,” disse. “Non ci avevo pensato.” Non aggiunse il motivo: era single, ovviamente, e non aveva molti familiari con cui passare il tempo. L’escursionismo era tutto per lei: silenzio, solitudine, tempo per riflettere.
A pensarci bene, in fin dei conti non era così male condividerlo con qualcuno.
“Per quanto mi riguarda, preferirei mettermi in cammino ogni giorno,” disse lui. Quando lei si girò a guardarlo, l’uomo sorrise con una scintilla negli occhi. “Non ho una ragazza da cui tornare, quindi passo più tempo possibile all’aria aperta. Vivo a un paio di città di distanza da qui. È per questo che di solito non vengo da queste parti.”
“Ah sì?”domandò Lorna. La sua mente era impegnata a elaborare quelle informazioni: lui era single, viveva nei dintorni ed era innegabilmente attraente. Questo incontro stava diventando alquanto opportuno. Si stava chiedendo in che modo tirare fuori l’argomento. Forse avrebbe dovuto aspettare che fosse lui a parlarne per primo, o magari dire casualmente qualcosa a proposito di mostrargli i cammini, nel caso avesse voluto riprovarci.
“Ehi, magari qualche volta potresti mostrarmi la zona,” disse lui, facendo accelerare il battito cardiaco della ragazza. “Ti andrebbe? Insomma, quando la mia caviglia si sarà rimessa in sesto.”
“Certo,” rispose lei. Non si azzardò a guardarlo, nel caso lui si fosse accorto del rossore sulle sue guance. “Mi piacerebbe.”
“Sono davvero felice di averti incontrato, oggi, Lorna,” disse lui, e lei non poté fare a meno di condividere con tutto il cuore.
Poi si fermò, rendendosi conto che lui aveva pronunciato il suo nome.
Quando gli aveva detto il suo nome?
Aprì la bocca per chiedergli se si fossero incontrati altrove prima d’ora; in caso contrario, come avrebbe potuto sapere chi fosse? Ma in quel momento, mentre iniziava a voltarsi verso di lui, qualcosa di duro colpì la parte posteriore della sua testa, in un punto doloroso che sembrò scuoterle il cervello nel cranio.
Lorna aprì gli occhi e si accorse di essere distesa a terra, nonostante avesse soltanto sbattuto le palpebre. Sentiva un dolore acuto rimbalzare tra le pareti della sua testa, e quando allungò una mano, con aria intontita, per controllare se ci fosse del sangue, lo vide. Ora era in piedi davanti a lei, e ogni segno di problemi alla caviglia era sparito. Era eretto e alto, la sua postura decisa, inflessibile. La sua mano sinistra impugnava un manganello di cuoio, e lei si rese conto vagamente che doveva essere stata quella l’origine del dolore alla testa.
“Cos …?” cercò di domandare. Aveva sonno, nonostante il dolore, e sembrava come se tutto si stesse muovendo attraverso della melassa.
“Non ti muovere,” disse lui. La sua voce adesso era piatta e dura, come un pezzo di ardesia.
Lei non aveva alcuna intenzione di obbedire a quel comando, ma non c’era molto altro che potesse fare. Lorna smise di toccarsi la testa alla ricerca dell’origine del dolore e cercò invece di girarsi, un processo lento che la fece ansimare e fermare, mentre il suo cervello oscillava e pulsava.
Lui uscì da una macchia di cespugli bassi, ritornando nel campo visivo della ragazza. Adesso aveva qualcos’altro in mano. Qualcosa di lungo che brillava al sole, emanando riflessi argentei. Cercando di reprimere un’ondata di nausea mentre si voltava, Lorna si rese conto vagamente di cosa fosse: una sorta di spada, con una leggera curvatura verso l’estremità della lama.
“Ho detto,” ringhiò lui, avvicinandosi e fermandosi in piedi davanti a lei, schermando il sole con il proprio corpo, “non ti muovere.”
Lorna alzò lo sguardo. La testa dell’uomo era circondata da un alone creato dai raggi del sole, ma il suo viso era coperto da un’ombra nera. Lui sollevò il machete e spostò leggermente i piedi, come se stesse cercando la posizione giusta. Lorna portò in avanti un pugno ripiegato per strisciare via, cercando di muoversi, cercando di fare qualsiasi cosa per scappare.
Sentì un sibilo mentre il machete si abbatteva su di lei, e Lorna chiuse gli occhi in