Il Volto della Follia. Блейк Пирс
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“Questa è stata davvero un’ottima idea, Shelley,” disse John, alzando verso di lei il suo bicchiere di vino prima di fare un sorso. Aveva scelto ancora una volta una camicia a strisce blu per quella cena. Zoe stava tenendo il conto di quante ne avesse, e sembrava che ne fossero un bel po’.
“Sono d’accordo,” disse Harry. “È bello conoscere meglio i tuoi colleghi.” Rivolse a Zoe un sorriso gentile, come se volesse farle sapere che era stato tutto perdonato. Insieme ai suoi capelli castani scompigliati, che sembravano sempre un po’ selvaggi, gli conferì un aspetto piuttosto geniale.
Zoe arrossì un po’, ma ricambiò il sorriso. L’ultima volta che era stata invitata a cena da Harry e Shelley, era scappata via da casa loro in preda al panico, sentendo il peso della vita perfetta di Shelley abbattersi su di lei.
Ma quello era stato prima. Prima che la dottoressa Monk l’aiutasse, prima che lei acquisisse il controllo sui numeri che l’avevano accompagnata in ogni istante della sua vita fino ad allora. Prima che potesse immaginare di sedersi in un ristorante affollato insieme ad altre tre persone, di sopportare conversazioni che si incrociavano e si sovrapponevano e di essere persino in grado di stare al passo.
“Le vostre portate,” annunciò il cameriere, facendo la sua comparsa alle spalle di Zoe con quattro piatti ben equilibrati tra il braccio e la mano. Il tavolo fu percorso da un mormorio generale di approvazione, e tutti tirarono indietro le mani e i gomiti per fare spazio.
Zoe abbassò lo sguardo sul proprio piatto mentre veniva sistemato davanti a lei, e i suoi occhi si spostarono sull’insalata di lato. Contò cinque foglie di lattuga iceberg, tre di lattuga romana, due pomodorini, un quarto di peperone tagliato a listarelle …
Chiuse gli occhi per un istante, cercando di raggiungere una tranquilla spiaggia insulare con nient’altro che il dolce sciabordio delle onde. Sotto il tavolo, la mano di John trovò e strinse la sua. Aprì gli occhi per fissarlo e sorridergli e respirò di nuovo, riportando i numeri in sottofondo, dove dovevano essere. John non conosceva il suo segreto, eppure sembrava capire istintivamente quando le servisse conforto.
“Sembra delizioso,” disse Zoe, sbirciando i piatti degli altri e pensando la stessa cosa.
Ci furono mormorii d’assenso e rumori metallici, mentre ciascuno di loro prendeva le proprie posate e iniziava ad affondarle nelle rispettive pietanze. L’arrivo del cibo fu sia benvenuto che indesiderato. Le fornì una scusa per non dover tenere il passo con quella costante conversazione, ma lasciò anche il tavolo avvolto nel silenzio, una cosa che faceva sempre sentire Zoe a disagio.
Beh, in realtà si sentiva più a suo agio quando c’era silenzio. Ma conosceva le aspettative sociali degli altri, quella pressione che imponeva che il silenzio venisse riempito. Alzò lo sguardo ansiosamente e incontrò quello di John, e lui le sorrise. Zoe allungò la mano per prendere il suo bicchiere di vino e fece un sorso, tranquillizzata dall’andazzo delle cose.
La portata principale terminò abbastanza agevolmente, con frammenti di conversazione qui e lì che lasciarono nuovamente il passo al gradimento generale delle pietanze, apparentemente senza alcun imbarazzo. Zoe rimase in stato di allerta, con la testa che si muoveva regolarmente per tutto il tavolo, attenta a cogliere indizi sociali che altrimenti avrebbero potuto sfuggirle. Questo le permetteva di rimanere vigile, teneva i numeri lontani dalla sua mente. Stava riuscendo a partecipare alla conversazione, piuttosto che limitarsi a essere seduta in disparte e sentirsi sopraffatta come capitava di solito.
“Allora, John, tu sei un avvocato, giusto?” domandò Harry, portando alla bocca l’ultimo boccone della sua portata a base di pesce.
John annuì, ingoiando frettolosamente prima di parlare. “Sono nel settore del diritto immobiliare. Proprietà ereditarie, affari immobiliari, controversie sui confini: quel genere di cose.”
“Deve tenerti piuttosto occupato,” commentò Harry. Zoe non aveva mai capito questo genere di convenevoli, e neanche ora ci riusciva. Per quale motivo Harry non si limitava a chiedere quello che voleva sapere davvero? Tutti che cercavano di nascondere le proprie intenzioni dietro domande vaghe e cortesi per tentare di capire. Zoe era felice di essere in rapporti abbastanza stretti almeno con John e Shelley da non dover ricorrere a ciò.
“Abbastanza occupato,” rispose John, accennando un sorriso. Posò momentaneamente la forchetta per passarsi una mano tra i suoi cortissimi capelli castani, un gesto abituale. Zoe notò la flessione dei muscoli del suo braccio e della spalla sotto la camicia, e ricordò a se stessa di concentrarsi. “Ho appena finito di lavorare a un caso davvero pazzesco. Due fratelli in lotta per la proprietà del defunto padre. Quei due stavano quasi per venire alle mani per qualche metro in più. A quanto pare non riuscivano ad accettare le cose per come le aveva decise il loro vecchio.”
Shelley scosse mestamente la testa. “Non so come facciano le persone a essere così insensibili,” disse. “La famiglia è tutto. Non è giusto scontrarsi così.”
“La famiglia non è tutto per chiunque,” disse sottovoce Zoe. “Ad alcune persone non interessano i legami di sangue.”
Shelley le rivolse uno sguardo attonito e dispiaciuto. Aveva indubbiamente dimenticato, in quell’istante, il rapporto travagliato – o per meglio dire, la mancanza di qualsiasi tipo di rapporto – tra Zoe e sua madre. “Hai ragione,” disse. “Certo. Suppongo sia io a considerare brutta l’idea di rivoltarmi contro la mia stessa famiglia in quel modo.”
“Questo perché hai un cuore grande,” disse Harry, stringendo la mano di sua moglie sul tavolo. Per un istante si guardarono a vicenda con amore; Zoe distolse lo sguardo da quello che le sembrava un momento privato, guardando John, che a sua volta la stava osservando con un sorriso curioso stampato sul suo viso.
“C’è spazio per il dessert?” domandò John, sistemando con cura il coltello e la forchetta nel piatto vuoto.
Harry e Shelley si scambiarono uno sguardo significativo prima di annuire all’unisono. “Perché no?” disse Harry. “Cercherò di attirare l’attenzione di qualcuno perché ci porti i menu.”
“Bene,” rispose Shelley, mettendo il tovagliolo sul tavolo accanto al piatto. “Mentre tu fai questo, Zoe e io faremo un salto al bagno delle signore.”
Zoe esitò. “Non ho bisogno di andare in bagno,” disse, perplessa dal fatto che Shelley avesse compreso anche lei.
Shelley le rivolse uno sguardo evasivo, piegandosi leggermente sulla propria sedia per sussurrare all’orecchio di Zoe. “Non devi averne bisogno tu. Ne ho bisogno io. E tu verrai con me.”
“Perché?” domandò Zoe, sempre più stupita.
“Per farmi compagnia,” disse Shelley. Dopodiché, con un gesto spazientito e un leggero brontolio di frustrazione, aggiunse: “Per spettegolare sui nostri uomini dove non possono sentirci. Andiamo.”
Zoe non era ancora del tutto sicura di aver compreso, ma si alzò comunque. Seguì la sua partner con passo alquanto vacillante, dovuto non tanto all’incertezza di andare con Shelley – dopotutto si fidava abbastanza di lei da assecondarla – ma al fatto di indossare i tacchi, cosa che aveva dimenticato fino a quando non si era alzata dal tavolo, e quella sensazione estranea alla base delle gambe non aveva ripreso a mettere a dura prova il suo equilibrio.