L’alibi Perfetto. Блейк Пирс
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“Anche la mia,” confermò Jessie. “Ma ho notato che hai detto ‘quasi’ tutti i serial killer.”
“Sì. Ci sono schede di assassini che sembrano aver avuto infanzie del tutto normali, senza aver sofferto alcuna chiara traversia. Alcune persone sono solo… così. Lo sai benissimo quanto me.”
“Sì,” disse Jessie mentre tornavano al tavolo. “Ma quello che voglio sapere è se la mia sorellastra, la ragazza che vive sotto al mio stesso tetto, è una di loro. Perché se ha vissuto tutto questo orrore così presto nella sua vita e le manca questo – per mancanza di una parola migliore – gene dell’empatia, allora abbiamo per le mani un problema.”
“Forse,” disse Garland con tono cauto mentre si sedevano. “Ma forse no. Per quello che ne sappiamo, non ha torturato animali né ucciso nessuno.”
“Per quello che ne sappiamo,” ripeté Jessie.
“E tu hai vissuto più o meno gli stessi problemi che ha dovuto subire lei. Il tuo padre serial killer ha assassinato tua madre e i tuoi genitori adottivi, e ha cercato di ammazzare te, cosa che ha tentato di fare anche un altro serial killer che era ossessionato da te. E non dimenticare l’ex-marito che ha tentato di incastrarti per l’assassinio della sua amante e poi ha cercato di farti fuori quando l’hai smascherato. Hai avuto tu stessa la tua bella serie di traumi, eppure non hai nessun istinto omicida.”
“No,” disse Jessie, esitando un momento prima di rivelare una cosa che aveva condiviso con pochi altri. “Ma mi sono chiesta spesso se sono entrata in questo settore per avere la possibilità di essere vicina a casi di violenza e crudeltà, senza dover arrivare io stessa a tali azioni. Temo che i crimini di questo tipo mi diano una sensazione di sballo.”
Garland rimase in silenzio per un momento e Jessie si trovò a temere che lui stesse riflettendo sulla stessa possibilità.
“È a questo che serve la terapia,” le disse alla fine, senza offrirle la minima soluzione.
Jessie stava per rispondergli in modo beffardo, quando il suo telefono suonò. Guardò lo schermo. Era Kat Gentry. Mandò la chiamata alla segreteria.
“Quindi hai intenzione di vedere ancora Hannah?” gli chiese. “Per vedere se riesci a trarre delle conclusioni più sicure?”
“Sono disposto a rivederla, se lei vorrà,” le disse. “Ma questo non significa che avrò nessuna rivelazione. Alla fine è difficile capire se sia solo una ragazzina lunatica, una giovane donna traumatizzata ed emotivamente debilitata o una combinazione delle due cose.”
Un messaggio comparve sullo schermo del telefono di Jessie. Era Kat. Mi serve il tuo aiuto in un caso. Ci vediamo al Downtown Grounds alle 7:30?
Jessie guardò l’ora. Erano le 7:10. Qualsiasi cosa Kat avesse per le mani era urgente, se voleva incontrarla con così poco preavviso.
“Un’opinione me l’hai lasciata,” commentò Jessie, mentre rispondeva al messaggio con un ‘Ok’.
“Quale sarebbe?” le chiese lui.
“Una sociopatica che nasconde molto bene il problema.”
CAPITOLO QUATTRO
Kat stava già aspettando nell’affollata caffetteria quando lei arrivò.
Ancor prima di sedersi, Jessie capì che l’amica era in ansia.
Era una cosa insolita, almeno ultimamente. Katherine, ‘Kat’ Gentry era una persona molto più intensa una volta. In quanto ex-coordinatrice della sicurezza in un penitenziario psichiatrico, e prima ancora Ranger dell’esercito in Afghanistan, quella caratteristica era la sua definizione.
Ma dopo essere stata licenziata a causa dell’evasione di Bolton Crutchfield, si era reinventata come investigatrice privata, e da allora era molto più rilassata. E in particolare recentemente, dopo che aveva iniziato a frequentare Mitch Connor, un vice-sceriffo in una cittadina di montagna a un paio d’ore da lì, era sembrata decisamente felice. L’uomo l’aveva aiutata quando lei aveva fatto da consulente per uno dei casi di Jessie, e da allora erano inseparabili, facendo entrambi ore di macchina da una parte o dall’altra per passare dei fine settimana insieme.
Ma ora, mentre Jessie le si avvicinava facendosi largo in mezzo alla folla, vide quella vecchia e familiare apprensione sul volto di Kat. In qualche modo la lunga cicatrice che le percorreva il viso verticalmente dall’occhio sinistro, quella che si era procurata in un incidente non ben specificato in mezzo al deserto, sembrava più evidente quando lei era preoccupata.
“Come va, Kat?” chiese Jessie a voce alta prima di prendere un sorso dal caffè che l’amica aveva già ordinato per lei. “Stai ancora facendo un sacco di sesso?”
Sorrise maliziosamente, mentre diverse persone si giravano a guardarle accigliate. Il fatto che l’espressione preoccupata di Kat non cambiò davanti a quella presa in giro, le fece capire che la situazione doveva essere grave.
“Ho bisogno del tuo aiuto,” le disse l’amica senza alcun preambolo.
“Ok,” rispose Jessie, facendosi subito seria. “Che succede?”
Kat si concesse un sorso di caffè prima di lanciarsi nella spiegazione.
“Sai della recente serie di rapimenti di donne del posto?”
“So qualcosa,” rispose Jessie. “So che tre donne sono state rapite nell’ultimo mese o due. Poi sono scappate. Non ho prestato estrema attenzione, dato che non è il mio settore, e nessuno dei casi è di competenza della Stazione Centrale.”
Jessie e Ryan lavoravano entrambi per la Stazione Centrale nell’area centrale del Dipartimento di Polizia di Los Angeles.
“Ho una nuova cliente,” disse Kat. “Si chiama Morgan Remar. È stata la seconda donna ad essere rapita. È stata presa circa tre settimane fa ed è scappata dopo essere rimasta in prigionia per cinque giorni. Sta lavorando con l’unità per le persone scomparse della Stazione del Pacifico. Ma dopo due settimane sono ancora a mani vuote. Negli ultimi due giorni, non sono molto reattivi. Quindi lei mi ha assoldato.”
“Senza offesa, ma se il fatto è accaduto vicino alla Stazione del Pacifico, perché ha assoldato te?”
“È una domanda lecita,” disse Kat. “Lavora a Venice, ma vive qui vicino e suo marito lavora in centro, a due isolati da qui. In effetti l’avevo conosciuta proprio in questa caffetteria circa tre mesi fa e abbiamo fatto amicizia. Poi lei si è sentita recentemente frustrata e mi ha chiesto aiuto.”
“Ok, dimmi quello che sai.”
Kat sospirò profondamente, come se il pensiero di spiegare tutto quello che aveva appreso fosse piuttosto pesante.
“Ti faccio la versione breve,” disse alla fine. “La prima vittima è stata Brenda Ferguson. È una mamma casalinga di trentasei anni con due bambini avuti dal secondo matrimonio. Suo marito è un produttore discografico. L’hanno rapita a metà mattina, mentre faceva jogging lungo un sentiero vicino alla sua casa di Brentwood. Dopo essere rimasta prigioniera per tre giorni in un ricovero per attrezzi